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A come Archeologia

I Dialoghi di Archeologia al Museo Civico di Foggia prendono avvio con un bel libretto, freschissimo di stampa, A come Archeologia, di Andrea Augenti (Carocci editore, Roma 2018).

Piccolo per dimensioni ma grandissimo per le storie che racconta, è l’esito a stampa di un fortunato ciclo di trasmissioni radiofoniche, ‘Dalla terra alla storia’ (direi con un chiaro riferimento al fortunato manuale di Carandini, Storie dalla terra), andate in onda su Radio 3 tra giugno e agosto del 2017 (purtroppo in orari non proprio felici, ma molto seguite anche successivamente in podcast sul sito web della Rai: http://www.rai.it/dl/portali/site/articolo/ContentItem-537b479c-2897-4165-aded-2239ae8645ef.html?refresh_ce ; ne ho parlato in questo blog il 24 luglio 2017 http://www.giulianovolpe.it/it/14/Una_bella_serie_di_trasmissioni_sui_grandi_scavi_archeologici/708/ ).

È un libro godibilissimo, scritto da un archeologo che sa essere narratore. Un libro che dimostra che si può parlare di archeologia, e anche delle grandi scoperte del passato, con leggerezza e al tempo stesso con rigore, senza essere noioso e senza quell’insopportabile linguaggio ipertecnico, quasi esoterico, da ‘addetti ai lavori’, che rende di fatto illeggibili molte cose archeologiche, e più in generale scientifiche.

Questo libro è la dimostrazione che un bravo ricercatore (e Augenti lo è certamente) può anche sapere comunicare a tutti storie complesse, in maniera chiara e avvincente, senza banalizzare o volgarizzare. Troppo spesso gli archeologi, ancora oggi, non hanno ancora pienamente compreso il senso vero e l’importanza della comunicazione e quanto essa possa contribuire all’attività di conoscenza, di tutela e di valorizzazione del patrimonio archeologico, cosicché è inevitabile che il vuoto comunicativo lasciato dagli archeologi venga colmato da altri, dai ‘fantarcheologi’, dagli improvvisatori, dai beceri divulgatori capaci, quando va bene, di banalizzare o, peggio, di infarcire il racconto di ‘mistero’, ‘avventura’, e di ogni altro tipo di irrazionalità.

In questo volume ci sono tante ‘avventure dell’archeologia’: dagli scavi di Troia a quelli di Ebla, dalla scoperta della tomba di Tutankhamon a quella di Childerico, dall’esercito di terracotta di Xi’an a Sutton Hoo, da Lucy a Ötzi, dagli scavi rurali della villa di Settefinestre in Toscana a quelli urbani della Crypta Balbi a Roma.

Scoperte e scavi diversissimi per periodo storico, per metodo, per contesto geografico e culturale, tutti accumunati dal ruolo importante svolto nella storia dell’archeologia. “Cose meravigliose. E non solo …” come precisa Augenti nell’introduzione. Perché la vera meraviglia sta nel meccanismo della ricerca, a prescindere dal valore in sé del sito indagato e dei manufatti recuperati, che accomuna il rinvenimento delle tavolette iscritte di Ebla o quello della discarica altomedievale della Crypta Balbi, il corredo della tomba di Tutankhamon o gli umili oggetti degli ambienti servili della villa di Settefinestre. Augenti racconta tutte le scoperte con la stessa passione narrativa, facendo cogliere al lettore (come accadeva alla radio per l’ascoltatore) l’importanza di ognuna di queste scoperte per la ricostruzione storica e per la stessa storia dell’archeologia. Le dieci vicende narrate, infatti, sono sì storie di ricerche e di scoperte (anche occasionali e fortunate come quella del contadino cinese a Xi’an), ma sono anche storie di archeologi e di équipe di ricerca: Johanson e Gray che scoprono un ominide al quale danno il nome di Lucy, ispirato da Lucy in the Sky with Diamonds, Paolo Matthiae lo scavatore di Tell Mardikh identificato con Ebla, Schliemann che con la sua passione per Omero e la sua incrollabile determinazione scoprì Troia, Carter che entrato per primo nella tomba di Tutankhamon, alla domanda di Lord Carnarvon “Can you see anythings?” rispondeva “Yes, wonderful things …”, ma anche, più vicini a noi, e in Italia, Andrea Carandini che ha diretto il grande scavo di Settefinestre, palestra di generazioni di archeologi, il primo esempio archeologico in grado di farci conoscere in maniera completa una villa schiavistica romana, o Daniele Manacorda che ha diretto uno dei più importanti cantieri di scavo urbani.

Storie di uomini e donne impegnate nella ricerca: è anche per questo che il racconto è intervallato spesso da dialoghi, che trasformano il volume in un romanzo.

Persone e non solo cose, dunque. La storia di persone vissute molti secoli o millenni fa, ricostruite attraverso gli oggetti, e la storia di ricercatori.

È un bel libro questo ‘A come archeologia’: un libro che nasconde, dietro le pagine che scorrono rapidamente, facendosi leggere con piacere, un gran lavoro di raccolta di informazioni e di scrittura (molto pensata e curata nei dettagli), frutto di una grande curiosità, che ha portato l’Autore, medievista per formazione, a scrivere anche di preistoria e protostoria o di ambiti geografici lontani dall’Italia e del Mediterraneo. Un libro che conferma non solo le qualità di ricercatore e di docente dell’Autore, a ma che testimonia anche il suo impegno civile e etico: l’impegno nella buona divulgazione, fatta con rispetto per il lettore, con umiltà e competenza. Quella buona divulgazione scientifica, decisiva per fare «uscire la cultura dalla élite ristretta alla quale appartiene ancora, e ne renda accessibile la più profonda sostanza, i più concreti valori al più vasto pubblico possibile. L’essere tagliati fuori, esclusi dalla possibilità di comprendere certi valori culturali è, per la classe operaia, una ingiustizia e una sofferenza non minore di quella dovuta alla diseguaglianza economica e sociale», come molti anni fa scriveva il grande Ranuccio Bianchi Bandinelli.

Ecco, è proprio con quello stesso spirito, aggiornato ovviamente ai tempi e agli strumenti della contemporaneità, che si muove Andrea Augenti con questo libretto, piccolo di dimensioni e grandissimo per l’impegno scientifico e culturale che lo ha ispirato.

 

 


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