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Archeologi e storici, il debito di tutti noi per i grandi saggi

Mi è stato chiesto di raccontare il mio rapporto con i libri Laterza. Non senza imbarazzo, ho accettato di farlo, non perché ritenessi particolarmente significativa la mia vicenda personale, ma perché sono pienamente convinto che i libri Laterza abbiano condizionato profondamente intere generazioni di studenti, docenti e studiosi. La mia è pertanto solo una delle tante testimonianze possibili, che tanti altri avrebbero potuto rendere, ovviamente con scelte, preferenze e impostazioni diverse.

Ricordo bene quale fu il libro che mi spinse definitivamente a scegliere gli studi di antichistica, quando, studente al terzo liceo classico, nella mia Terlizzi, fui sollecitato dal mio professore di greco a preparare una tesina per la maturità, e scelsi come argomento la democrazia di Atene: quel libro fu La democrazia degli antichi e dei moderni (1973) di Moses I. Finley. Una vera folgorazione! Uno dei tanti libri di una meritoria attività di traduzione che ha introdotto in Italia nuovi filoni di ricerca. Sulla spinta della lettura di quell’aureo libretto, passai ad altre opere dello stesso autore, in particolare Economia degli antichi e dei moderni (1974): sono questi i libri che indirizzarono i miei interessi verso la storia economia e sociale del mondo antico. Studente impegnato in politica nella sinistra radicale, come tanti in quegli anni, ero al tempo stesso affascinato da quelle analisi storiche, anche per la straordinaria capacità narrativa dell’autore, ma anche contrariato, perché sempre più attratto dalla storiografia di ispirazione marxista, che anche nel catalogo Laterza aveva importanti rappresentanti.

Non ricordo, invece, esattamente quale sia stato il primo libro Laterza di storia antica e di archeologia letto quando intrapresi gli studi nella Facoltà di Lettere all’Università di Bari. Forse Impero romano (1954) di Santo Mazzarino, in occasione del mio esame di storia romana con Mario Pani o forse Introduzione all’archeologia (1976) di Ranuccio Bianchi Bandinelli, un altro grande maestro che ha segnato la storia dell’archeologia e, in generale, della cultura in Italia: lo lessi nel preparare il mio primo esame di archeologia classica con Raffaella Cassano e ricordo perfettamente l’entusiasmo che quelle pagine provocavano in me, come in tutti i colleghi di allora (e forse ancora oggi, visto che dopo molti decenni è continuamente ristampato). L’ho ripreso in questa occasione, scorrendo le pagine, fittamente sottolineate, quasi tutte scollate dal dorso dell’edizione economica. Uno dei libri da studiare e ristudiare, da meditare, da rileggere anche molti anni dopo la prima edizione. Certamente ricordo che, quando decisi definitivamente di scegliere l’archeologia come campo di studi (stimolato da Andrea Carandini, che mi accolse sul suo scavo della villa di Settefinestre), cominciai a collezionare tutta la serie delle Guide Archeologiche Laterza, un’opera straordinaria, curata da due grandi archeologi come Filippo Coarelli e Mario Torelli con il coinvolgimento di tanti archeologi italiani, rimasta ancora oggi insuperata per rigore e completezza di analisi e interpretazione. Poi nel corso degli anni, la lettura delle opere di alcuni storici e archeologi protagonisti delle iniziative scientifiche ed editoriali, come Luciano Canfora, Andrea Carandini, Andrea Giardina, Paolo Matthiae, Mario Torelli e molti altri è stata fondamentale in tutto il mio percorso.

Furono ancora dei libri Laterza a indirizzare i miei studi al momento della tesi di laurea: i tre volumi di Società romana e produzione schiavistica (1981), curati da Andrea Giardina e Aldo Schiavone, entrambi all’Università di Bari in quegli anni, esito di una straordinaria stagione che ha lasciato un segno indelebile negli studi, promossa dal Seminario di Antichistica dell’Istituto Gramsci: un’integrazione multidisciplinare di storici, archeologi, filologi e storici della letteratura, storici del diritto, antropologi impegnati nell’indagine globale di quei quattro secoli centrali della storia romana caratterizzati dal modo di produzione schiavistico. Poi, neolaureato, ebbi il piacere di essere coinvolto in un'altra straordinaria operazione scientifica ed editoriale, in prosecuzione della precedente, coordinata da Andrea Giardina: Società romana e impero tardoantico (1986): quattro corposi volumi che hanno modificato definitivamente gli studi sul Tardoantico.

Su un altro versante, mi trovavo cooptato in un progetto di storie regionali che ha rappresentato un filone di straordinaria importanza negli studi storici: prima cinque volumetti di Storia della Puglia (1999) pensati per il mondo della scuola, curati da Angelo Massafra e Biagio Salvemini, poi travasati in due volumi (2005) nella gloriosa collana ‘Storia e Società’: un concreto contributo offerto dagli studiosi della Facoltà di Lettere di Bari, che anni prima avevano dato vita, con il coordinamento del preside Francesco Tateo, alla fondamentale Storia di Bari (1989) in cinque volumi, un riferimento nell’ambito delle storie delle città.

Qualche anno dopo mi trovai nuovamente coinvolto in un’altra benemerita iniziativa editoriale promossa da due archeologi del calibro di Riccardo Francovich e Daniele Manacorda, con il Dizionario di Archeologia (2000), uno strumento che ha messo a disposizione degli studenti, e non solo, la conoscenza degli indirizzi di ricerca che più hanno innovato gli studi archeologici.

Proseguendo sul filo del mio rapporto personale, non posso non ricordare solo alcuni dei tanti volumi da me utilizzati da docente nell’ambito dei miei corsi di archeologia: La storia spezzata (1996) di Aldo Schiavone, uno dei libri più stimolanti mai letto e commentato con i miei allievi, Lezioni di archeologia (2008) di Daniele Manacorda, fondamentale per fornire una visione moderna della ricerca archeologica, Archeologia dell’Italia medievale (2016) di Andrea Augenti, prezioso nella crescita di una disciplina giovane come l’archeologia medievale, La caduta di Roma e la fine della civiltà (2010) di Bryan Ward-Perkins, un libro provocatorio che ha riaperto il dibattito sulla fine del mondo antico.

Storie generali, storie globali, storie regionali e locali: sono tanti i filoni promossi da Laterza, nei quali anche l’archeologia ha sempre giocato un ruolo di primo piano. Filoni centrali nel mio itinerario di formazione, di studio e di ricerca, come in quello di tanti altri, che, come me, provano un sentimento di profonda gratitudine per una casa editrice che ha contribuito non poco nel rendere più colti, stimolanti, vivaci, animati di senso critico e di voglia di conoscenza i percorsi di una città, di una regione, di un paese. E soprattutto di tante persone.

Pubblicato in La Repubblica Bari, lunedì 10 mggio 2021, p. 13


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