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Caro Monti l'Università di Foggia non fallirà

Sta finalmente per concludersi la peggiore delle legislature della storia italiana per quel che riguarda l’università e la scuola pubblica, per la cultura, e, purtroppo, per molti altri settori della vita civile, della società e della economia.
Nelle scorse settimane, dopo la funesta legge di stabilità, che ha provocato un ulteriore taglio di 300 milioni di euro alle Università statali italiane, sono comparsi articoli su vari giornali ed anche su TV nazionali sulle università ad un passo dal dissesto: prima della lista l’Università di Foggia, che già il Sole 24 Ore aveva posto al primo posto a causa del cattivo rapporto tra entrate e spese per il personale. Insieme all’università daunia sono state indicate anche università storiche come quella di Sassari, o più recenti, poste in altri territori ‘marginali’, come quella di Cassino. La legge di stabilità ha rappresentato solo l’ennesimo schiaffo all’università: una legge che peraltro, come le peggiori finanziarie della prima repubblica, contiene mance a destra e sinistra (l’elenco sarebbe lunghissimo, dai maestri di sci ai tanti interventi per una città o un monumento, per questo castello o quella chiesa, per un istituto o un’associazione patrocinati dal parlamentare di turno). Una legge che ha messo in concorrenza in maniera indecente i fondi per l’università e quelli per i malati di SLA. Nulla di nuovo, dunque, con il governo dei professori-rettori: c’è sempre una ‘emergenza’ che prevale sempre sulle ragioni della formazione, della cultura, della ricerca: ora per i camionisti ora per l’Alitalia (a favore della quale quattro anni fa, in nome di un malinteso nazionalismo, furono dirottati consistenti fondi dell’università e che ora è nuovamente in fase di svendita agli stessi acquirenti che in quel momento l’avrebbero ben pagata), per non parlare dei caccia F35 che da soli costano ai cittadini quasi il doppio dell’intero finanziamento per tutte le università italiane. Tutto questo con buona pace del Ministro Profumo e delle sue tardive proteste e ‘lacrime di coccodrillo’. Ho denunciato per tempo in molti miei interventi, anche su queste pagine, quello che sta accadendo da anni nel sistema universitario italiano e che oggi conosce un’accelerazione con questo nuovo taglio ed anche con la bozza del decreto ministeriale sulla programmazione triennale che, con perfetto tempismo, è stata presentata mentre si materializzava la mattanza in Parlamento. Siamo alla schizofrenia pura: le risorse finanziarie coprono ormai a mala pena a livello nazionale le sole spese del personale e sono a rischio anche i servizi essenziali, ma al contempo si chiede alle università di programmare in materia di didattica, di ricerca, di internazionalizzazione. Non pare un caso che in questa programmazione si calchi la mano sul fronte delle fusioni di due o più atenei, delle federazioni che somigliano a fusioni (con un unico Consiglio di Amministrazione), degli accorpamenti su base regionale dei corsi di studio, in particolare quelli magistrali, che potrebbero portare molti atenei più piccoli, con la sola laurea triennale, ad una sorta di licealizzazione. Il progetto è chiaro: salvare una decina di università e lasciare le altre al loro destino, mettendo fine ad una peculiarità italiana, al modello democratico e di qualità dell’Università, pubblico, libero e accessibile a tutti i “capaci e meritevoli anche se privi di mezzi”, come recita l’art. 34 della nostra Costituzione. Ci sonio stati e ci sono ancora progetti, promossi da precisi ambienti accademici, finanziari e politici e sostenuti da alcuni grandi giornali e ben rappresentati dai governi Berlusconi prima e Monti poi, che avrebbero voluto la chiusura di molte università, soprattutto al Sud: una delle prime di questa lista di atenei da cassare è stata considerata proprio l’Università di Foggia. Attribuisco alla nostra strenua battaglia, condotta su due piani, in casa quello del rigore, degli investimenti per la crescita e della promozione della qualità, a livello nazionale con una forte difesa del ruolo svolto in Capitanata, il merito di aver annullato questo disegno. Mi ha fatto riflettere la telefonata di un paio di giorni fa di un autorevole collega, tra gli autori della legge Gelmini, i collaboratori più stretti degli ultimi due ministri dell’Università, e i fautori della chiusura di varie università ‘minori’, tra cui Foggia, che, appena appresa la notizia della mia candidatura al Senato, ha voluto chiamarmi per complimentarsi e per tessere le lodi del mio impegno da rettore di un’università dinamica e attiva: è evidente che l’impegno ha dato i suoi frutti e che ora continuerà spostandosi su un altro piano. L’altro elemento che emerge con sempre maggiore chiarezza e la volontà di costringere le università ad un aumento generalizzato delle tasse studentesche, proseguendo in una politica di progressivo disimpegno pubblico. Tutto questo mentre in altri paesi europei le tasse studentesche, già ora ben più basse di quelle italiane, stanno per essere ulteriormente ridotte o del tutto eliminate, ad esempio in Germania, a fronte di ulteriori massicci investimenti pubblici, per favorire le iscrizioni e l’aumento del numero dei laureati. Da noi invece scendono le immatricolazioni e accresciamo il triste primato della più bassa percentuale di laureati.
L’Università di Foggia ha effettivamente il peggiore rapporto tra spese per il personale ed entrate, pari all’89,16%, ma mi preme precisare ancora una volta che questo rappresenta il risultato ovvio del perverso meccanismo introdotto dalla Legge Gelmini e dal Ministro Profumo con un decreto (D.lgs. 49/2012) che considera il rapporto tra le spese di personale e le entrate (cioè il finanziamento statale sempre più ridotto e distribuito in forma fortemente sperequata e le tasse studentesche, notoriamente molto variabili in Italia, con una media di € 982, e oscillazioni che vanno dai € 1.350 del Nord, ai € 1.000 del Centro e ai € 650 del Sud, mentre a Foggia la media è di soli € 560, in ragione del contesto socio-economico). Ecco dove si nasconde il ‘trucco’ che danneggia in particolare le università meridionali e quelle poste in aree disagiate. A Foggia, abbiamo subito un taglio del finanziamento statale di oltre 5 milioni di euro negli ultimi anni quattro anni, e di 1,5 milioni solo con quest’ultima ‘mazzata’, ma abbiamo già approvato il nostro bilancio preventivo per il 2013, ancora una volta in pareggio, senza un solo euro di debito. Da noi il rigore dei conti e l’eliminazione di ogni minimo spreco sono realtà da anni, ben prima che si introducesse la spending review. Fin dal 2008 quando cominciarono a profilarsi le difficoltà, noi abbiamo adottato misure draconiane di risparmio e di rigore, affiancate a sostanziose politiche d’investimento soprattutto nelle infrastrutture. Nel corso dell’anno appena iniziato le strutture per la didattica e per la ricerca raddoppieranno grazie ai vari cantieri in fase di completamento o in corso. Il prossimo rettore avrà molti nastri da tagliare di strutture realizzate in questi anni. Il bilancio è sano e resta sano, anzi si è provveduto a garantire per il bilancio futuro del 2014 risorse che ne garantiranno la sostenibilità. Questo dovrebbe sempre essere un impegno di chi governa, non lasciare debiti e scaricare problemi irrisolvibili su chi segue!
A breve lascerò il rettorato (che avrei comunque dovuto lasciare fra qualche mese) ma non lascerò mai l’impegno per la difesa e la crescita della nostra Università insieme al territorio di Capitanata. Tra alcuni giorni, dopo la cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico del 15 gennaio, partirà la mia ‘autosospensione’ (compresa ovviamente l’indennità) per evitare improprie sovrapposizioni tra impegni accademici e attività elettorale: spero che anche questo segnale etico venga colto. Non ho voluto dimettermi immediatamente solo per senso di responsabilità, per non dare nemmeno minimamente l’impressione di voler abbandonare in fretta ‘la barca’ (che peraltro mai abbandonerò), per garantire una regolare e serena transizione, per risolvere alcuni delicati problemi in sospeso, per dare il tempo necessario per organizzare le prossime procedure elettorali per il rettore.
Voglio rassicurare tutti: l’Università di Foggia non fallirà né nel 2013 né dopo! E, ne sono certo, non falliranno neanche le altre università considerate a rischio. Continueremo, noi e le altre università, a lavorare per il bene dei nostri studenti, e a conseguire ancora straordinari risultati nella formazione, nella ricerca, nell’internazionalizzazione, nel trasferimento tecnologico, ma anche nel rigore etico, nella trasparenza, nell’affermazione della legalità e della democrazia nel nostro Paese. Certo saranno necessari ancora molti i sacrifici ma proseguiranno, spero, anche gli investimenti, grazie alla nostra capacità di attrarre fondi e di utilizzare i finanziamenti europei, e al prezioso sostegno della Regione Puglia, una regione che in materia di investimento in formazione, ricerca e cultura può insegnare molto al prof. Monti.
Giuliano Volpe

Articolo pubblicato in L'Attacco, 10.1.2013, pp. 1, 22.
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