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La cultura è ossigeno: respiriamola a pieni polmoni!

Napoli è veramente uno straordinario laboratorio di energie vitali nel campo dei beni culturali. Scopro sempre nuove realtà e nuove forme di impegno. Così mi è capitato di conoscere, grazie all’amico Stefano Consiglio in occasione di una presentazione del mio libro al MANN (realtà in pieno fermento con la direzione di Paolo Giulierini), l’associazione ‘Respiriamo Arte’ (www.respiriamoarte.it; https://www.facebook.com/chiesadellaseta/?ref=bookmarks), composta da cinque giovani molto impegnati (tre ragazze e due ragazzi), che hanno avuto l’idea (e il coraggio) di adottare due chiese nel cuore di Napoli, come tante altre ormai condannate da anni alla chiusura e al degrado.

Innanzitutto la Chiesa dell’Arte della Seta, nel Complesso dei Santi Filippo e Giacomo (Via San Biagio dei Librai 18), di proprietà del Comune di Napoli ma gestita dalla parrocchia per il suo uso ecclesiastico. Il parroco della Chiesa, Padre Mariano Imperato, con una semplice scrittura privata (a volte a Napoli si verifica anche il miracolo di sciogliere la burocrazia!), ha affidato all’Associazione per cinque anni la gestione turistica e culturale dell’intero complesso, in cambio di un contributo mensile per la copertura delle spese per le utenze. Gli introiti derivano esclusivamente dai contributi per le visite guidate. Finora non è giunto, infatti, nessun finanziamento da alcun ente: e questo, in alcuni casi, è un bene perché mette alla prova la qualità del progetto. Prima aperta solo alcune ore al giorno, ora la Chiesa è accessibile tutti i giorni e anche il sabato e la domenica fino le ore 18:00. Ogni trenta minuti si organizzano visite guidate esclusive.

Ottenuto il comodato i ragazzi dell’Associazione si sono rimboccati le maniche e hanno riaperto ambienti ormai dimenticati: in tal modo sempre più cittadini e visitatori possono conoscere luoghi abbandonati e chiusi al pubblico da oltre trent’anni come la cripta, i resti archeologici e la sacrestia, riscoprendo un primato di Napoli di cui si è quasi persa memoria: quello di essere una Città della Seta! Napoli era, infatti, un importante centro di produzione e lavorazione di questo pregiato tessuto, che costituivano un settore trainante dell’economia del regno dalla seconda metà del XVI fino al XVIII secolo. Fu proprio per manifestare il potere e la ricchezza della Corporazione dell’Arte della Seta, costituita nel 1477 per volere di Ferdinando I d’Aragona, che si volle dar vita alla Chiesa della Seta, cioè appunto al Complesso dei SS. Filippo e Giacomo.

La Sacrestia settecentesca, adibita a deposito, conserva ancora testimonianze rarissime dell’artigianato ligneo napoletano del Settecento. Come spiegano gli stessi protagonisti delle ‘scoperte’, «liberando la sacrestia è stato possibile accedere al cortile interno anche questo in condizioni pessime perché esposto agli agenti atmosferici. Cortile esterno però fondamentale in quanto punto di accesso alla parte sotterranea dove sono stati ritrovati resti archeologici: una stratificazione che parte dalla pavimentazione quasi intatta del cortile dell’antico palazzo lì presente nel medioevo che poggia direttamente su resti romani probabilmente di una domus».

Oltre alle visite guidate (con un costo di appena 4 euro per conoscere un pezzo di storia di Napoli), l’Associazione organizza vari eventi, concerti, attività didattiche, convegni. Il risultato del primo anno di gestione è incoraggiante: da giugno 2015 a giugno 2016 si sono registrati 6.000 visitatori, ma il numero dei partecipanti è in continuo incremento e il loro apprezzamento è molto alto (come registrano le recensioni di Tripadvisor). L’altro elemento da sottolineare è il sostegno che gli abitanti e i commercianti del quartiere stanno garantendo, avendo ben compreso che queste iniziative culturali stanno contribuendo alla riqualificazione generale dell’area.

Come sempre in questi casi, i problemi non mancano. Servirebbe – mi dicono i componenti di ‘Respiriamo Arte’ – una piena riqualificazione e valorizzazione dell’intero Complesso, possibile solo con fondi adeguati per affrontare gli importanti interventi di restauro necessari. Come spiegano orgogliosamente, hanno condotto personalmente il lavoro di bonifica e pulitura dei vari ambienti. «Abbiamo fatto tutto con grande fatica e con duro lavoro perché non siamo finanziati o supportati da nessuno se non dalla nostra grande passione e dalla voglia di rivalsa per i lunghi anni di studio che hanno portato ognuno di noi a laurearsi in conservazione del patrimonio culturale, storia dell’arte, architettura e lingue e letterature. L’Associazione ‘Respiriamo Arte’ nasce, infatti, proprio da questo, dalla voglia di far valere il nostro percorso formativo, di riscattare gli anni di studio senza abbandonare una città come Napoli che ha le massime eccellenze in questi campi, troppo spesso abbandonate o in possesso di privati che non danno modo ai giovani d’inserirsi per crearsi un futuro».

I componenti dell’Associazione sono alla ricerca continua di strumenti per la promozione e la pubblicità delle attività culturali, ma la burocrazia rallenta tutti i processi e la scarsità delle risorse non consente una piena fruibilità del Complesso. Ma, fatto un bel respiro, non demordono, tanto che hanno in cantiere la nascita di un vero e proprio Museo dell’Arte della Seta da allestire nell’antica sacrestia, anche per conservare al meglio e esporre le bellissime sete del Settecento.

L’Associazione sta inoltre allargando il proprio campo d’azione, nella consapevolezza che solo creando un sistema più articolato è possibile raggiungere la sostenibilità. Così hanno ottenuto in comodato per nove anni anche la Chiesa di Santa Luciella ai Librai (Vico Santa Luciella 5-6; https://www.facebook.com/chiesasantaluciella/), di proprietà dell’Arciconfraternita di Santa Maria della Misericordia. Chiesetta fondata nel 1327 da Bartolomeo di Capua e rimaneggiata nel 1748, nota per essere la chiesa dei pipernieri (i lavoratori della pietra di piperno che temevano i danni alla vista provocati dalla loro attività: ecco perché la dedica a santa Lucia), era da oltre trent’anni abbandonata e inagibile. L’Associazione ha elaborato un progetto di recupero e lanciato anche una raccolta di fondi con un’operazione di crowdfunding, con una previsione di almeno 12.000 visitatori l’anno, in grado di garantire la piena sostenibilità dell’iniziativa.

Insomma, ecco un’altra bella storia di gestione dal basso del patrimonio culturale a Napoli, nel cuore della città, oltre a quella del Rione Sanità. Una storia che fa venir voglia di tornare più volte a Napoli, per respirare la storia di questa straordinaria città e la passione dei suoi giovani protagonisti.


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