Blog

La mia Università 'granaio'

Non molto tempo fa ho dedicato la mia rubrica al rogo della Città della Scienza di Bagnoli, che presentavocome la metafora dell’attuale condizione del nostro Paese e del Sud in particolare. Un Paese allo sbando, senza una prospettiva condivisa, senza una classe dirigente all’altezza dei problemi e delle sfide, provinciale eimmobile. Un Sud in mano alla delinquenza organizzata e alla facile demagogiapopulista, combattuto tra la disperazione provocata dalla disoccupazione e dalla precarietà e le lusinghe dell’illegalità diffusa, tra il desiderio di assistenzialismostraccione e il rivendicazionismo separatista. Pensavo allora, e lo penso oggi più che mai, che solo un vigoroso investimento in cultura e in formazione possa consentire una reale inversione di tendenza. Ed anche per questo motivo auspicavo che il nuovo Presidente della Repubblica fosse espressione del mondodella cultura. Ma scelte del genere richiedono non solo molto tempo, masoprattutto lungimiranza e coraggio, merce assai rara di questi tempi. È ben notala definizione degasperiana «un politico pensa alle prossime elezioni, uno statista pensa alle prossime generazioni»: oggi abbondano i politici, anche tracoloro che brandiscono le clave dell’antipolitica, mentre sono rarissimi nondico gli statisti (che per definizione sono rari) ma gli amministratori capacidi guardare un po’ più in là, di lavorare per costruire condizioni di vitamigliori delle persone e dei beni loro affidati, i cui effetti si possanocogliere ben oltre la fine del loro mandato.

È di questi giorni la pessima notizia della chiusura dell’ODA teatro: non entro nel merito dei problemi tecnici perché non li conosco in maniera adeguata, e non amo le approssimazioni, i giudizi infondati, il chiacchiericcio, i veleni gratuiti (che, ad esempio, come al solito, hanno ingolfato il dibattito su Facebook), per cuimi astengo dall’esprimere giudizi. Mi interessa, però, sottolineare come la chiusura di un altro importante presidio culturale in questa città abbiaeffetti devastanti. Rischia di andare in crisi una delle tante strutture culturali realizzate durante gli anni del governo provinciale di AntonioPellegrino, insieme al Teatro del Fuoco, al Museo del Territorio, alpotenziamento della Biblioteca Provinciale, e ad altre ancora. Se pensiamo allapersistente chiusura del Teatro Giordano, alle condizioni di degrado postbellico del Teatro Mediterraneo, all’inutilizzabilità dell’Auditorium di Santa Chiara (che speriamo presto possa essere sistemato adeguatamente egestito a cura della Fondazione Apulia Felix) o anche alla situazione penosa divari musei della Capitanata, è evidente come la chiusura dell’ODA rappresentiun ulteriore preoccupante segnale di crisi delle istituzioni culturali.

Ho grande stima per lacompagnia Il Cerchio di Gesso, alla quale esprimo la più convinta solidarietà (ho anche sottoscritto il loro appello). Conosco i bravi attori che ne fannoparte e ammiro il loro tenace tentativo di garantire, anche in un contesto nonfacile, un’attività professionale in campo teatrale, non limitata solo allacompagnia, ma estesa alla gestione di un teatro, apprezzo l’impegno nello svolgereuna continua e preziosa azione di sensibilizzazione e di educazione teatrale infavore soprattutto dei bambini e dei ragazzi, di effettuare una necessaria sperimentazione teatrale. Ho assistito a vari spettacoli, ho stima per la loroprofessionalità. Hanno spesso collaborato, con grande generosità, conl’Università e ammetto che avrei voluto (o meglio vorrei) poter sostenere questi meritevoli sforzi molto più di quanto mi è stato possibile finora, in unmomento di scarsissime risorse: considero, infatti, il sostegno all’industria culturale uno degli impegni dell’Università.

Di industria culturale,infatti, si tratta e come tale andrebbe considerata, cioè come un’attività altamente professionale, con elevate competenze specifiche, sia nella produzione artistica sia nella gestione manageriale, un’attività capace di produrre sì crescita culturale e miglioramento della qualità della vita maanche benessere, lavoro qualificato, crescita economica. Dicendo questo non sostengo affatto una visione esclusivamente e rozzamente economicistica della cultura: voglio solo precisare che anche in campo culturale servonoprofessionalità, competenza, capacità gestionale. Invece spesso prevalgonol’improvvisazione, il dilettantismo, il clientelismo. Ne ho parlato in unascorsa rubrica a proposito dei musei.

Condivido, quindi, la posizione di chi sostiene che oltre a costruire un contenitore culturale sia necessariopensare al contenuto ed anche alla gestione. Tutti attendiamo con ansia la riapertura del Giordano, ma una volta riaperto – tutti speriamo presto – chi ne curerà la gestione, chi la direzione artistica, chi la ricerca di fondi, chi la programmazione, chi la promozione? Un analogo discorso andrebbe fatto per lealtre strutture culturali.

A volte mi è capitato di assistere a spettacoli o a concerti imbarazzanti sotto il profilo qualitativo. Ma ho assistito anche a spettacoli teatrali o musicali di livello altissimo prodotti e realizzati da artisti foggiani, che godono di un prestigio e di unacircolazione nazionale ed internazionale: potrei citare vari esempi, ma milimito alla rassegna ‘Musica Civica’, un vero esempio di produzione culturaledi alto profilo.

Troppo spesso ci si imbatte in personaggi che si autoattribuiscono o ai quali viene facilmente attribuita un’eccellenzatutta da dimostrare. Bisognerebbe saper distinguere il professionismo diqualità dall’associazionismo culturale, dal volontariato, dal gruppo teatrale omusicale dilettantistico (anche se tale non si ritiene). Non sottovaluto affatto l’attività preziosa, fondamentale, anche come forma di democratizzazione della cultura e di partecipazione attiva, condotta da tali soggetti, ma ovviamente quando parliamo di industria culturale e di professioni culturali ci riferiamo ad altro. È un po’ la differenza che passa tra lostorico dilettante o l’appassionato di archeologia che pubblica sul giornalinolocale e il ricercatore di professione che pubblica in sedi scientifiche dotate di sistemi di valutazione internazionale. Il problema è che troppo spesso questa differenza non viene colta da coloro che dovrebbero occuparsi dipolitiche culturali, a volte persone di dubbio livello culturale e di scarsa capacità di valutazione di un curriculum.

Concludo, auspicando cherapidamente i problemi tecnici siano risolti e che presto l’ODA teatro siariaperto e che Il Cerchio di Gesso possa riprendere la sua programmazione. Sarebbe,infine, auspicabile la costruzione di un sistema integrato di gestione delle strutture culturali, in particolare quelle teatrali, perché è assi difficileche ogni contenitore possa operare autonomamente garantendo al tempo stessoqualità dell’offerta culturale e sostenibilità economica. Concludo, quindi, ribadendo l’importanza di dotare la città di strutture culturali adeguate, e di saperle conservare e ben gestire, con le persone giuste (competenti, capaci, rigorose)ai posti giusti, perché si possa costruire un percorso di crescita fondatosulla cultura, sulla bellezza, sulla qualità della vita. È stato questo ancheil mio impegno come rettore, convinto che un’Università degna di questo nomenon dovesse rassegnarsi ad avere strutture inadeguate alla didattica, allaricerca, al lavoro amministrativo, ai servizi per gli studenti. L’Università è certamente, al momento, la più grande e importante realtà culturale di Foggia edella Capitanata e mi auguro che sappia essere difesa e sviluppata, come abbiamo fatto in questi difficilissimi anni, salvaguardandone la credibilità e la qualità culturale ed etica.

Ho chiuso la mia relazioneall’ultima cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico – e chiudo anche questa mia rubrica - citando e parafrasando la celebre definizione di Marguerite Yourcenar a proposito delle biblioteche; una defnizione che potremmo adattare molto bene anche ai teatri, ai musei, agli archivi, e che ripropongo in relazione all’Università. È un pensiero, peraltro, che mi sembra particolarmente appropriato in riferimento alla storia di Foggia e della Capitanata, da sempre granaio d’Italia: «Fondare università è come costruire ancora granai pubblici, ammassare riserve contro l'inverno dello spirito che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire».

Sono passati solo 14 anni dall’autonomia dell’Università di Foggia e quella riserva, quel granaio di intelligenze giovanili, è ancora in costruzione, ma i primi raccolti sono stati promettentie quelli futuri si annunciano, nonostante l’inverno che stiamo attraversando, ancor più ricchi. Bisogna continuare, però, tutti insieme, docenti, tecnici-amministrativi, studenti, enti, istituzioni, imprese, cittadini, congrande spirito di coesione e di appartenenza, con orgoglio e impegno, aseminare e a costruire il nostro ‘granaio pubblico’, che in questi anni qualcuno ha tentato di distruggere, ma che siamo stati capaci, tutti insieme,di difendere come un vero e proprio bene comune. Se poi fossimo riusciti anche ad accrescere anche solo un po’ la quantità e la qualità di quei ‘semi’, potremmo allora dirci soddisfatti.

 Articolo pubblicato in L'Attacco, 18.4.2013, pp. 1, 22


<< Indietro

Ultimi post

La zone d'interesse

Visto “La zona d’interesse”, film di Jonathan Glazer, duro e doloroso come un pugno nello stomaco ripetuto continuamente con colpi ritmici,...

Killers of the Flower Moon

Visto, giorni fa (e purtroppo non al cinema, dove lo avevo perso) Killers of the Flower Moon, film epico (anche per la durata) di Martin Scorsese, grande...

La società della neve

Visto su Netflix la Società della neve, film drammatico, duro, a tratti sconvolgente, che racconta la nota vicenda del gruppo di ragazzi di una squadra...

L'educazione delle farfalle

Letto L'educazione delle Farfalle di Donato Carrisi, regalatomi da una amica che conosce la mia passione per i Thriller. Non avevo mai letto nulla di Carrisi...