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Mario Pani e la storia del territorio

Sull’impegno nella ricerca scientifica, nella didattica e nell’organizzazione culturale di Mario Pani è stato già scritto molto da quando il 15 gennaio 2015 ci ha lasciati. Mi riferisco a necrologi, come quello appassionato di Marina Silvestrini in Index del 2015, e soprattutto al convegno e al volume Itinerari di storia, In ricordo di Mario Pani. In questi ricordi, però, tra i molteplici interessi e percorsi di studio di Mario è stata valorizzata in particolare la sua fervida passione per la storia politica e per il dibattito storiografico, un po’ meno quella, altrettanto forte, per la storia locale, per lo studio del territorio, delle forme insediative, delle produzioni e dell’economia, dell’articolazione sociale, insomma quello studio affrontato con il microscopio dell’indagine puntuale di uno specifico ambito territoriale e con il ricorso privilegiato, ma non esclusivo, alle fonti epigrafiche e archeologiche. Nel necrologio scritto da Marina Silvestrini e in una breve nota di Francesco Grelle sono però, sia pure in sintesi, condensati tutti gli aspetti più significativi dell’impegno di Mario Pani per lo studio del territorio. E mi sembra non un caso che nel bel volume, che purtroppo Mario non ha visto pubblicato, Conversazioni di storia antica, tra i vari storici coinvolti nella riflessione sull’insegnamento e la ricerca nell’Università, ci siano un archeologo come Mario Torelli e anche storici, come Gino Bandelli, da sempre molto impegnati in indagini storiche territoriali.

Quello per la storia locale è stato, in realtà, un interesse di studi che ha rappresentato un elemento fondamentale dell’intero magistero di Pani, sia per i suoi contributi personali, in alcuni casi davvero pionieristici, sia, e soprattutto direi, per le strade che ha aperto e che sono state percorse da molti altri, allievi diretti e indiretti e collaboratori. Molto dell’impegno nella promozione di studi di storia del territorio si coglie, infatti, nei lavori condotti da altri e in vario modo ispirati da Pani. A questo proposito mi permetto di fare un riferimento alla mia vicenda personale. Ho seguito il corso di Storia romana in questa stessa aula esattamente 40 anni fa, nell’AA 1978-79, e ricordo perfettamente i tanti stimoli prodotti da quelle lezioni, nonostante le difficoltà che – credo - tutti gli studenti hanno provato nel comprendere le parole spesso appena bisbigliate da Mario. La cosa straordinaria che subito mi colpì fu la sua sincera curiosità per gli interessi degli studenti. Gli confidai che avevo interesse per la storia agraria, per le ville e le fattorie: un interesse anche un po’ ingenuo e non privo di una certa dose di ideologia tipica degli anni ’70 del secolo scorso. Ebbene Mario mi diede da leggere un articolo, bello e non facile per uno studente del secondo anno, di Martin Frederiksen pubblicato nei ‘Dialoghi di Archeologia’ chiedendomi anche di relazionare in classe per discuterne con lui e con gli altri colleghi studenti. Ovviamente quella lettura ne stimolò altre: insomma ecco come ha avuto inizio un percorso di studi che di fatto proseguo ancora oggi. Credo che vicende simili abbiano segnato la vita di molte altre persone. Mario fu poi attento correlatore della mia tesi di laurea sulle anfore romane che discussi agli inizi del 1982 nell’ambito di un seminario su Lucera attivato da Raffaella Cassano che vedeva coinvolti molti altri giovani studenti che hanno poi in vario modo proseguito un percorso nella ricerca archeologica.

Il pensiero va alle decine di tesi di laurea da lui assegnate anche su vari aspetti della storia regionale: mi limito ad un esempio che risale a quegli stessi anni, la tesi della mia amica Angela Acri sulle fonti letterarie per una storia economica della Puglia in età romana, un repertorio di grande utilità. Ma molti potrebbero essere gli esempi.

Entrando nel merito di alcuni dei suoi contributi, come non ricordare i suoi studi assolutamente pionieristici anche in questo specifico campo, come l’edizione del primo cippo graccano recuperato in Puglia (RIL. 111 [1977] 389-400) e, più recentemente, lo studio un’importante epigrafe di Vibinum (Bovino) posta della Colonia Vibina in onore di Caracalla (ZPE. 87 [1991] 125-131): Pani propose l’identificazione della colonia con una colonia sillana, aprendo uno spiraglio su un fenomeno, quello degli insediamenti coloniari sillani, prima del tutto ignoto in Puglia.

Ma, oltre a questi studi puntuali, mi preme sottolineare la capacità di Mario di proporre le prime grandi sintesi di storia della Puglia, in una fase in cui non si disponeva ancora della messe di dati oggi disponibili: penso allo studio sulla distribuzione delle tribú in Apulia e Calabria (La distribuzione delle tribú in Apulia e Calabria dopo la guerra sociale, in Ricerche e Studi 9 (1976 [ma 1979]) 119-132) e sui municipia, quest’ultimo presentato al primo convegno sulla Puglia romana di Mesagne (I ‘municipia’ romani, in C. Marangio (a cura di), La Puglia in età repubblicana. Atti del I Convegno sulla Puglia romana, Mesagne 20-22 marzo 1986 (Galatina 1988) 21-45), e soprattutto il quadro storico d’insieme, sia sugli aspetti politico-amministrativi che sull’economia e la società, proposto nella pionieristica Storia della Puglia, curata da Giosué Musca nel 1979 (Politica e amministrazione in età romana, e Economia e società in età romana, in G. Musca (a cura di), Storia della Puglia, Antichità e Medioevo, Bari 1979, 83-98 e 99-124), che per molto tempo è stato l’unico riferimento per chi avesse voluto avviarsi agli studi di storia regionale. Molto più ampio e maturo fu poi il suo contributo nella Storia di Bari, diretta da Francesco Tateo, edito nel 1989, nel quale ricostruiva il percorso di trasformazioni della Puglia centrale da età preromana fino alla municipalizzazione (Dalla lega peucezia al municipio romano, in Storia di Bari, diretta da F. Tateo (Roma-Bari 1989) 103-131). Ancora, l’ampio e denso capitolo dedicato al processo di romanizzazione edito nel 2005 nel I volume della Storia della Puglia curata da Angelo Massafra e Biagio Salvemini, ripreso poi nel primo volumetto della serie delle storie regionali.

Il progetto più significativo, per molti versi esemplare, che ha visto Mario protagonista, e che molto deve alla sua caparbia determinazione, oltre che alle sue enormi conoscenze storiche, è stato quello delle Epigrafi romane di Canosa, diretto con Francesco Grelle, con il quale si è stabilito un lungo, strettissimo, felice sodalizio scientifico e umano, e condotto da un gruppo interdisciplinare di ottime studiose. La ricerca, molto impegnativa, si è svolta tra il 1980 e il 1990, anche grazie a un finanziamento regionale, che portò all’edizione del corpus nel 1985 (era quello il n. 4 di Documenti e Studi), e poi all’edizione anche del volume degli studi e dell’analisi dei dati nel 1990. Come ricorda Francesco Grelle “pur non potendo partecipare a ricerche sul campo per i suoi problemi fisici, Mario Pani ha promosso, sostenuto e diretto con grande pazienza ed energia, associate ad una straordinaria capacità organizzativa, la raccolta e lo studio delle epigrafi romane di Canosa”. Si tratta di un’opera per più versi originale e esemplare, che ha rappresentato un vero caposaldo non solo nella conoscenza di Canosa e della Puglia romana ma per l’impostazione di un modello di lavoro collettivo i cui esiti positivi sono attivi ancora oggi. Di lì a poco, nel 1992, si ebbe la grande mostra su Canosa, curata da Raffaella Cassano, che rappresentò un altro momento alto e fortunato della ricerca storica e archeologica sul territorio daunio. In quel contesto Mario non poteva far mancare il suo apporto, con un importante saggio sulle città apule dall’indipendenza all’assetto municipale.

Da archeologo non posso non sottolineare come Mario abbia rappresentato una figura di storico che ha creduto fortemente nel rapporto stretto con la documentazione materiale dell’antichità, sempre in maniera critica, sollecitando anche noi archeologi ad evitare il rischio, sempre in agguato, di assolutizzazioni, generalizzazioni esagerate, banalizzazioni: insomma ci ha insegnato ad adottare un sano e rigoroso spirito critico nell’analisi e nell’interpretazione del dato materiale, nella sua contestualizzazione, nel suo confronto con altri sistemi di fonti. Questo interesse gli derivava certo dai suoi maestri, in particolare Ettore Lepore e Luigi Moretti, e si è alimentato grazie agli strettissimi rapporti di collaborazione e di amicizia con Francesco Grelle e con alcuni archeologi baresi, in particolare Raffaella Cassano, Vincenza Morizio e Marcella Chelotti, queste ultime passate proprio grazie al lungo lavoro nel gruppo delle ERC dall’archeologia all’epigrafia e alla storia romana.

Pur senza mai abbandonare il suo studio nella sua amata Università di Bari, aveva costruito una rete di relazioni sul territorio. Come ricorda Marina Silvestrini “talvolta anche accadeva che studenti e studiosi locali ci portassero testi di iscrizioni, come già durante l’insegnamento di Luigi Moretti. Da questa urgenza, in un’atmosfera feconda di collaborazione, della quale era parte il solidale rapporto di Mario con Grelle, e che aveva al suo centro la tenacia di Pani e insieme la sua umanità, e anche in qualche misura la sua avventurosa intraprendenza, sono nati i due volumi de Le epigrafi romane di Canosa”.

Sempre a questo proposito, e solo a titolo d’esempio, cito il caso, ricordato da Francesco Grelle, dell’importante Tavola di Trinitapoli, che fu proprio Pani a segnalare alla fine degli anni Settanta a Grelle, che poi la studiò e pubblicò con Andrea Giardina, dando ennesima prova di “straordinaria generosità e disponibilità alla collaborazione.

Insomma anche per gli studi di storia del territorio Mario è stato innanzitutto un catalizzatore, grazie alla sua straordinaria curiosità nell’ascoltare e la sua proverbiale disponibilità e generosità nell’elargire consigli, suggerimenti, piste di ricerca, indicazioni bibliografiche, anche grazie alla presenza costante nel suo studio. Mario era una certezza. Sono assolutamente convinto che è stato anche per merito del suo insegnamento e del suo impegno di ricerca, che ha favorito uno stretto connubio tra storia e archeologia che proprio nell’Università di Bari prima e in quella di Foggia poi, nata per gemmazione dallo stesso ceppo scientifico, dove non a caso ha operato per molti anni come docente di storia romana Vincenza Morizio che del gruppo ERC è stata componente, si sia sviluppato un attivo filone di ricerche storico-archeologiche sul territorio pugliese che credo trovi pochi paragoni in altre realtà italiane: penso agli scavi di città romane come Herdonia, Canosa, Egnazia e ora Salapia, agli scavi di ville e altri insediamenti rurali come Agnuli, San Giusto, Faragola, alle ricognizioni sistematiche nelle campagne della Daunia e della Peucezia e tante altre ricerche archeologiche.

Numerosi sono gli spunti metodologici che si possono ricavare dall’insegnamento di Mario Pani. Innanzitutto l’invito alla contestualizzazione e all’impiego integrato di vari tipi di fonti, non da combinare meccanicamente ma da far dialogare tra loro. In tal modo l'analisi di uno specifico territori, di una regione, di un comprensorio rappresenta una sorta di 'un'analisi al microscopio', con l’obiettivo di ricostruire la 'storia totale' di un territorio, ma sempre con l’occhio attento ai processi storici complessivi, alle grandi morfologie. Insomma una storia locale ma non localistica, capace di cogliere differenze, specificità, particolarità locali, ma senza mai cadere nel particolarismo. Solo così è possibile sia superare vecchi e consolidati stereotipi storiografici, costruire nuove ipotesi interpretative e anche impostare su basi nuove le stesse ‘storie generali’, evitando il duplice rischio delle pericolose generalizzazioni e dei mille particolarismi, tentando anche di ricostruire fenomeni globali sulla base di indagini locali. Insomma, è stato anche grazie agli insegnamenti di Mario Pani se si è andata sviluppando in Puglia un approccio di archeologia globale dei paesaggi, intesa come multidisciplinarità, impiego di diversificati sistemi di fonti, apporto di specialismi, metodi, competenze tecniche e tecnologiche diversi, da non confondere, cioè, con una presuntuosa pretesa di poter ‘studiare tutto’ e meno che mai con l’illusoria aspirazione a una comprensione e interpretazione di tutti i resti materiali, di origine sia antropica sia naturale, ma da intendere più semplicemente e correttamente come globalità dell’approccio in un processo che non può che essere indiziario e che richiede una precisa valutazione ed un’attenta selezione dei contesti territoriali maggiormente capaci di rispondere alle domande storiche da noi formulate.

Di Mario Pani, vanno, infine, sottolineate alcune sue straordinarie intuizioni nel costruire spazi di studio e di produzione scientifica: innanzitutto una specifica sezione della biblioteca dedicata alla ‘Storia locale’ in anni in cui tale denominazione era associata, non senza un certo fastidio, all’azione di studiosi locali animati da campanilismo e spesso privi di strumenti analitici e critici propriamente scientifici. In tal modo Pani rifiutava una gerarchia negli studi storici, attribuendo pari dignità alle indagini territoriali rispetto alle ricerche di storia politica, militare, amministrativa, come emergeva chiaramente nella denominazione della serie da lui fortemente voluta, ‘Epigrafia e territorio, Politica e società’, giunta ora al decimo volume, nella quale sono raccolti numerosissimi studi che hanno contribuito ad un profondo progresso delle conoscenze in particolare sulla Puglia romana. Una serie che è all’origine, nel 1983, di un’altra sua creazione, la collana ‘Documenti e studi’, edita prima da Adriatica e dal 1990 da Edipuglia, che in questi giorni festeggia il suo 69simo volume e che tra i tanti filoni di indagine ha riservato sempre molto spazio a studi archeologici, epigrafici e storici incentrati in vario modo sulla Puglia e l’Italia romane. Non mi sembra un caso, a tale proposito, che anche nel volume di studi in onore di Mario Pani (Scritti di Storia per Mario Pani, Bari 2011), tra 45 importanti contributi di quel libro, non manchino vari contributi di carattere storico, archeologico e epigrafico sulla Puglia e su altre realtà dell’Italia romana. Era solo un omaggio, sentito e grato, a un grande maestro, a uno studioso fine, a una persona buona, perbene, generosa e affettuosa, che ci ha lasciato non solo una grande eredità scientifica ma anche una grande lezione etica, che oggi è quanto mai conservare e mantenere viva, proseguendo anche quel filone di studi di storia regionale, come nel caso della Puglia nel mondo romano, Storia di una periferia, il cui secondo volume abbiamo voluto dedicare proprio al caro ricordo di Mario Pani.

Il mio intervento all'Università di Bari, Aula IV Dipartimento di Scienze Umane, in occasione del Premio Mario Pani. Una sintesi è stata pubblicata sulla Gazzetta del Mezzogiorno, 20.6.2018, p. 20

 


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