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Matrimoni e Patrimoni

Ieri sono stato raggiunto telefonicamente dalla giornalista dell’ANSA Silvia Lambertucci che mi ha chiesto un parere a proposito dell’idea del neodirettore di Paestum di autorizzare cerimonie matrimoniali (foto o rito civile) nell’area archeologica. Com’era immaginabile, la cosa, pur non rappresentando certo una novità, ha subito creato un grande dibattito, con le inevitabili posizioni ostili dei ‘puristi’. Ho spiegato la mia posizione a tale proposito con un ragionamento alquanto articolato, anche se poi necessariamente è stata sintetizzata in una breve dichiarazione (che riporto in basso). Per questo ritengo utile dedicare un po’ di spazio.

Ho ricordato alla giornalista che molti anni fa, quando effettuavo scavi archeologici a Herdonia, capitava che alcune coppie di sposi venissero sul sito a scattare alcune foto. Assistevo a quelle scene con un sorriso di sufficienza e anche (lo ammetto) con un certo fastidio, perché consideravo quella scelta un po’ kitsch e un po’ ingenua, se non volgare. In realtà, non la capivo, e come spesso capitava (e purtroppo ancora capita) agli archeologi, agli specialisti dei beni culturali, la consideravo una specie di dissacrazione di un luogo della cultura. In realtà la scelta di legare un momento importante della propria vita (il matrimonio) ad un luogo evidentemente considerato importante aveva (e ha) un significato particolare per quelle persone. Per loro quel luogo e quel monumento hanno un valore che forse nessun archeologo riesce a cogliere, ritenendo che l’unico valore possibile (in sé) sia quello scientifico.

Anni fa fui invitato ad un matrimonio di un collega a Bologna e la festa si svolse nel museo di scienze naturali: trovai la decisione originale e anche molto interessante perché quella fu l’occasione per conoscere quel museo, per visitarlo, per capire, tra un bicchiere di vino e una chiacchiera, alcune cose che ignoravo. Cominciai a capire!

Andiamo all’oggi.

Il direttore di Paestum Gabriel Zuchtriegel ha annunciato la possibilità di celebrare matrimoni civili (foto, rito, piccoli aperitivi) e ha previsto regole certe e un tariffario. Le risorse ricavate saranno impiegate per lavori di sistemazione, ricerca o borse di studio.

Io penso che si debba procedere con cautela, con rigore e anche con buon senso. E innanzitutto con poche, semplici, regole irrinunciabili. Queste iniziative: a) non devono in alcun modo danneggiare o limitare la normale fruizione da parte dei visitatori del museo e dell’area archeologia; b) non devono snaturare i luoghi; c) non devono in nessun modo arrecare un danno, anche minimo, al monumento e al sito. Inoltre aggiungerei un auspicio: fare in modo, con la distribuzione di materiale informativo agli invitati, con la possibilità di una visita guidata, con proiezioni o con altri strumenti comunicativi, che i partecipanti alla cerimonia colgano l’occasione per conoscere il monumento in modo che non rappresenti solo una ‘location’ o una quinta scenica. 

I casi positivi di un uso di spazi di un museo o di un sito per accogliere cerimonie o iniziative varie sono ormai numerosi. Christian Greco, il bravo e attivo direttore del Museo Egizio di Torino, che proprio in questi giorni festeggia il primo compleanno del nuovo allestimento (con il raddoppio dei numero dei visitatori, un'ormai totale auto-sostenibilità del museo che incamera il 120% delle somme investite, una quantità straordinaria di attività e di servizi) mi ha detto che all’Egizio, aperto 364 giorni su 365, si svolgono, in orari extra, e comunque senza mai limitare la normale fruizione da parte del pubblico, numerosi eventi (aperitivi, incontri, piccole feste, etc.), che hanno prodotto cospicue risorse (quasi 200.000 euro) che hanno reso possibile non solo l’istituzione di un specifico servizio eventi con l’assunzione di alcuni giovani, il cui stipendio è oramai interamente coperto dagli introiti, ma anche il finanziamento di borse di studio e di altre iniziative culturali e scientifiche.

Una maniera, dunque, per rendere un nuovo servizio, per fare del museo un luogo sempre più vivo e frequentato, per recuperare ulteriori risorse per il museo e per creare altra occupazione qualificata, per avvicinare i cittadini al patrimonio culturale. Insomma, anche in questo caso bisognerebbe evitare di 'sacralizzare' i luoghi della cultura e affrontare questa questione in maniera 'laica'.

In conclusione, come  ho detto alla Lambertucci, che ha ripreso questa mia dichiarazione, ogni occasione che faciliti il 'matrimonio tra cittadini e patrimonio' è benvenuto! I 'sacerdoti della cultura' paiono, al contrario, piu interessati a celebrarne il divorzio.

Dal sito ANSA 

Nozze 'al museo', presto il sì anche tra templi Paestum

Da Jesi a Torino nei comuni è trend. Ma tra studiosi è dibattito

http://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/arte/2016/04/02/nozze-al-museo-presto-il-si-anche-tra-templi-paestum_9d57ae9a-cb30-494f-a33b-49e5136fbae0.html

Dirsi di sì davanti alle maestose colonne del Tempio di Nettuno e poi brindare davanti al Tempio di Hera, quello che tutti a Paestum chiamano 'la Basilica', magari dopo essersi assicurati un servizio fotografico da urlo tra le rovine patrimonio dell'Umanità. Impegnato da un anno nel rilancio del sito archeologico patrimonio dell'Unesco, il direttore Gabriel Zuchtriegel rilancia e apre anche ai matrimoni civili. Con tanto di regolamento e tariffario, da 200 euro in su per le foto e da 2mila in su per il rito civile, reso possibile da una modifica al regolamento comunale in via di approvazione. Niente paura, assicura all'ANSA il trentasettenne direttore, "tutela e fruizione sono e rimangono la priorità". E "tutti gli introiti verranno riversati proprio su ricerca e manutenzione".

Per i siti della cultura statale è una prima volta e già fa discutere, anche se il fenomeno in Italia è diffuso. Dal paese natale di Leonardo da Vinci a Torino che apre le sale del suo Palazzo Madama, dal museo di Santa Giulia a Brescia al Museo Bardini a Firenze, il Museo di Pietrarsa a Napoli o la Galleria degli Stucchi a Jesi, persino l'area archeologica di Fiesole, i matrimoni nei luoghi d'arte sono un fenomeno in crescita nei comuni di tutta Italia, sempre più apprezzato dai wedding planner, oltre che dalle amministrazioni locali. Anche a Roma il Comune ha aperto la strada da ottobre 2015 e si è schiusa la possibilità per nozze ai Capitolini piuttosto che nelle terme di Traiano, con l'ex sindaco Marino che avrebbe gradito come 'location' anche i Fori o il Colosseo (che però sono gestiti dal Mibact) e il prefetto Tronca che ha aperto al Circo Massimo.

Tant'è, quando si parlò del Colosseo, il ministro della cultura Franceschini definì l'idea "un po' kitsch". E a Pompei il soprintendente Massimo Osanna ha vietato i servizi fotografici matrimoniali che erano consuetudine nelle ville di Stabia. "Nei nostri siti niente matrimoni", ribadisce oggi all'ANSA. Lo storico dell'arte Tomaso Montanari, è tranchant: "Questa idea dei monumenti usati come 'splendida cornice' per sposi abbienti è la fine del progetto costituzionale sul patrimonio d'arte", dice. Al contrario il presidente del consiglio superiore dei beni culturali, Giuliano Volpe è prudente ma aperto: "No alla sacralizzazione dei luoghi, tutto ciò che favorisce il matrimonio tra patrimonio d'arte e cittadini è benvenuto", dice, sottolineando la necessità del "rigore e rispetto per tutela e fruizione".

I nuovi direttori dei musei autonomi statali comunque, tengono in considerazione la possibilità. Almeno alcuni, visto che dopo l'annuncio di Zuchtriegel anche il direttore della Reggia di Caserta Mauro Felicori si è detto pronto a replicare l'idea. E l'apertura è condivisa da Peter Aufreiter, che guida la Galleria Nazionale delle Marche. Zuchtriegel è convinto. "In Europa ci sono anche altri musei che lo fanno", argomenta citando il caso di Vienna (dove è possibile sposarsi all'Albertina o alla Kunst Haus) e sottolineando che le foto tra i templi di Paestum sono da sempre una consuetudine che ora viene regolamentata e messa a profitto. Tra le possibilità che verranno offerte ci sono quindi foto e rito civile, con prezzi diversi a seconda della stagione. A questo si potrà aggiungere un "piccolo brindisi" o altro "sempre valutando se le richieste sono compatibili".

"Non vogliamo fare concorrenza agli alberghi, ma contribuire alla crescita del territorio", ripete. Paestum, spiega, punta sui tanti stranieri che negli "ultimi anni scelgono il Cilento per sposarsi". Il sito è stato aperto ai sopralluoghi dei wedding planner internazionali e ci sono già richieste per il 2017. I ricavi? "Se con questi soldi potremo pagare magari anche la borsa di ricerca per un giovane archeologo credo sia una cosa buona".


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