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Per la dignità della ricerca archeologica universitaria e la collaborazione tra MiBAC e MIUR

Il 18 gennaio 2019 l’attuale Direttore Generale ‘Archeologia Belle Arti e Paesaggio’ del MiBAC, dott. Gino Famiglietti, ha emanato una nuova, ennesima, circolare (n. 4 del 2019) in materia di ‘concessioni di scavo e ricerche’ ai sensi degli artt. 88-89 del Codice dei Beni culturali e paesaggistici (D. Lgs. 22.01.2004, n. 42), che introduce una serie di regole assai restrittive, abrogando tutte le numerose circolari sullo stesso tema degli anni passati, compresa quella emanata dallo stesso DG nel 2016 quando era DG Archeologia (n. 21, 25.11.2016), di fatto ripresa e ulteriormente appesantita con nuove bizantine procedure burocratiche, nel disconoscimento di ogni auspicio di semplificazione amministrativa che anche l’attuale Governo pone tra i suoi obiettivi.

Le Consulte Universitarie di Archeologia esprimono la più fermo e convinto rammarico per lo spirito che anima tale provvedimento e manifestano pieno dissenso nei confronti di una circolare che rappresenta un grave ostacolo alla leale e proficua collaborazione tra MIBAC e MIUR.

Condurre una ricerca e un’attività didattica archeologica sul campo diventa, infatti, sempre più una corsa ad ostacoli burocratici e amministrativi (che sarebbe lungo qui elencare), compresa la stipula di polizze fideiussorie.

Dimostrando scarsa fiducia nelle competenze dei soprintendenti e dei funzionari archeologi operanti sul territorio, il DG avoca a sé stesso la competenza esclusiva in materia di concessioni, con un’evidente forzatura centralistica del DM 44/2016.

In particolare si considera assai grave l’altrettanto impropria e strumentale interpretazione dello stesso DM 44/2016, art. 2, che porta l’attuale DG a ritenere che anche le “ricerche archeologiche non invasive” debbano essere sottoposte al regime della concessione di scavo “di competenza esclusiva” della Direzione generale Archeologia belle arti e paesaggio. Insomma, secondo il DG, anche per condurre ricognizioni di superficie, prospezioni geofisiche, rilievi aerofotografici, anche quelli eseguiti con strumenti consueti come i droni, comprese le tante attività diagnostiche condotte anche a fini didattici dagli studenti universitari nell’ambito dei loro lavori di tesi, sarebbe necessario ottenere una concessione di scavo, con tutti gli aggravi burocratici connessi. Per paradosso, dovremmo attenderci analogo obbligo anche per effettuare il rilievo o l’analisi stratigrafica di un monumento e le tante altre forme di indagine archeologica che consentono di individuare e studiare un bene archeologico? E sempre per paradosso, considerato che tale strumentale interpretazione estensiva della ‘concessione di scavo’ si basa, come precisato a p. 2 della circolare, sul riferimento nel DM 44/2016, art. 2, a “opere dirette al ritrovamento di beni culturali”, dovremmo temere che questo obbligo possa essere esteso anche alle ricerche di archeologi ed architetti nel corso dei restauri edilizi, di storici dell’arte, demoetnoantropologi, storici e di qualsiasi altro studioso le cui ricerche portano al “ritrovamento di beni culturali”?

Appare evidente che in tal modo si rischia di dar vita a innumerevoli contenziosi, a una possibile sperequazione di trattamento nei confronti di questo o quel ricercatore e, anche, a una prevedibile diffusa ‘illegalità’ da parte di tanti studiosi che riterranno di non doversi piegare a tali assurde e irricevibili limitazioni nell’esecuzione delle proprie ricerche e attività didattiche.

È facile prevedere, infine, un enorme inutile aggravio di lavoro per le stesse Soprintendenze, già sommerse da mille incombenze a fronte di organici e di mezzi ancora insufficienti.

Le Consulte intendono ribadire con energia che l’attività archeologica sul campo rientra tra le funzioni istituzionali e tra gli stessi doveri dei docenti e ricercatori universitari, sia per la ricerca scientifica sia per la formazione degli studenti (tutti i corsi universitari prevedono da anni specifici crediti formativi), sia per le attività della cd. terza missione, nella quale le attività archeologiche rivestono sempre più un importante rilievo. Si sottolinea, inoltre, che le ricerche archeologiche universitarie hanno avuto e hanno importanti ricadute non solo nello sviluppo della conoscenza scientifica e nella formazione ma anche nella tutela e valorizzazione del patrimonio archeologico. Per tutte queste attività scientifiche e didattiche i docenti universitari sono valutati dall’ANVUR, dalle Università di afferenza e anche dagli studenti. Nelle Università si formano i futuri professionisti dei beni culturali, compresi i futuri funzionari del MIBAC, per le cui competenze professionali è essenziale poter garantire un’adeguata e qualificata esperienza archeologica sperimentale: si potrebbe pensare alla formazione di futuri medici senza adeguate attività formative nelle sale operatorie e nelle corsie di un ospedale?

Invece di favorire la collaborazione, esplicitamente vietata nella circolare, tra due istituzioni ‘sorelle’ (che solo quarant’anni fa erano parte dello stesso ministero), questa circolare erige muri e sollecita conflitti, considerando il mondo universitario non come parte integrante di una stessa comunità scientifica e professionale ma quasi una controparte dalla quale difendersi o, nel migliore dei casi, un fastidioso soggetto da tenere a bada e sotto stretto controllo, tanto da giungere a ritenere che una ricerca universitaria possa essere autorizzata solo se “coerente con i programmi di ricerca messi a punto o già avviati dalla Soprintendenza”, nel più totale disconoscimento della libertà della ricerca sancita dall’art. 33 della Costituzione.

Gravi sono, infine, i limiti o i veri e propri divieti imposti all’organizzazione di Summer School e di altri corsi universitari connessi con le attività archeologiche sul campo, oltre a quelle iniziative di promozione della cultura e di educazione al patrimonio e ai progetti di alternanza scuola-lavoro, che vedono sempre più impegnate le Università nei confronti della società nel suo insieme, anche mediante la partecipazione di studenti liceali e cittadini a operazioni archeologiche, sempre condotte sotto il controllo e la direzione di docenti altamente qualificati e non certo con obiettivi di trarre ‘profitto economico’, che non rientrano tra le finalità dell’Università.

Le Consulte universitarie di archeologia, pertanto:

  • chiedono il ritiro della citata circolare e un’urgente, profonda, revisione, nel senso di una netta semplificazione, delle procedure e si rendono disponibili a contribuire in tal senso;
  • ripropongono la necessità di una revisione degli art. 88-89 del Codice dei BCP con il superamento dell’impropria norma, in odore di incostituzionalità, secondo cui “le ricerche archeologiche e, in genere, le opere per il ritrovamento delle cose indicate all'articolo 10 in qualunque parte del territorio nazionale sono riservate al Ministero” BAC (appare utile ricordare che nel precedente Testo Unico DL 490/1999 tale riserva spettava allo Stato, di cui è parte anche il MIUR, e che nella legge 1089/1939 , art. 43, da cui anche questa norma dipende, si indicava il Ministero, che era però quello della Pubblica Istruzione, cui afferivano anche le “antichità e belle arti”);
  • ricordano che come stabilito dall’art. 1 della legge 240/2010 le Università sono sede primaria di libera ricerca e di libera formazione e che i docenti universitari hanno il diritto e il dovere di svolgere attività di ricerca e di didattica (art. 1, comma 2 della legge 230/2000);
  • si appellano al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio, ai Presidenti di Camera e Senato, e ai Ministri all’Istruzione Università e Ricerca e ai Beni e alle attività cultuali perché siano pienamente garantiti il rispetto della libertà della ricerca e della didattica (art. 33 della Costituzione) e la promozione dello sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica (art. 9) anche nel campo dell’archeologia;
  • auspicano che siano ripresi i lavori, svolti negli scorsi anni, dal MiBAC e dal MIUR per elaborare formule che consentano la collaborazione e l’integrazione tra le attività dei due ministeri nel campo della formazione, della ricerca, della tutela e valorizzazione del patrimonio culturale;
  • ribadiscono la volontà e la piena disponibilità dell’archeologia universitaria a contribuire, in un rapporto di collaborazione con tutte le strutture centrali e periferiche del MiBAC, alla migliore conoscenza, tutela e valorizzazione del patrimonio archeologico nazionale ed anche ad un confronto per contribuire all’aggiornamento e al miglioramento delle attuali normative.
  • invitano i loro aderenti ad una mobilitazione permanente e ad una attività di informazione degli organi accademici e degli studenti, fintanto che le norme inopinatamente diramate dalla circolare non vengano ritirate e radicalmente modificate.

                                                                                                                   Il Presidenti

Consulta universitaria delle archeologie post-classiche                 Prof. Giuliano Volpe

Consulta universitaria di preistoria e protostoria                             Prof. Andrea Cardarelli

Consulta universitaria di Topografia antica                                      Prof. Paolo Liverani

Consulta universitaria per l’archeologia del mondo classico           Prof.ssa Maura Medri

 

 

 


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