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Reti museali, scossa utile con la gestione ai manager

Continua a destare grande attenzione la ‘rivoluzione’ dei musei, dopo la recente nomina dei direttori. Considero un fatto positivo che dopo anni di disinteresse (che ha accompagnato nel silenzio il taglio dei fondi e il blocco delle assunzioni) ci si appassioni ai beni culturali e che addirittura si litighi sulla scelta dei direttori, come normalmente si fa con gli allenatori delle squadre di calcio. Il problema si pone quando, però, il dibattito scende al livello delle liti da Bar dello Sport, ad opera dei soliti polemisti professionisti, capaci anche di vere falsità pur di fare audience. Cerco, quindi, di fornire qualche informazione.

Si è usata in questi giorni la metafora della costruzione della casa, sostenendo, a ragione, che non si dovrebbe costruire prima il tetto e poi i muri: fuor di metafora, i critici sostengono che si sarebbero dovute fare prima le assunzioni del personale, garantire risorse adeguate, riorganizzare i musei e poi nominare i direttori. Ma prima di costruire muri e tetti, non servirebbe forse un progetto e quindi un “architetto e/o ingegnere”? Ebbene i nuovi direttori sono un po' gli architetti delle nuove costruzioni museali.

Quest’operazione, peraltro, è parte di un progetto radicale di riforma ben più complesso, che prevede la realizzazione di un sistema museale nazionale, con la nuova Direzione Generale ‘Musei’, composto non solo dai venti grandi musei ma dai Poli museali regionali, comprendenti gli oltre 400 musei statali e la miriade di musei (oltre 4000) di altra natura. Lo abbiamo sempre sostenuto: la forza dell’Italia sta nel suo sistema diffuso di musei e beni culturali. Un sistema che però va attrezzato e coordinato.

I venti grandi musei avranno autonomia gestionale e amministrativa: gli introiti dei biglietti e di ogni altro tipo (donazioni, progetti, finanziamenti locali o internazionali, etc.) resteranno, cioè, nelle casse di ogni museo, che dovrà quindi attivarsi per incrementare, oltre al finanziamento statale, le risorse a sua disposizione, per migliore i servizi e anche assumere personale. Ogni museo avrà poi un consiglio di amministrazione e un comitato scientifico, presieduto dal direttore. Senza la nomina dei direttori non sarebbe stato possibile insediare tali organismi, senza i quali non può realizzarsi l'autonomia amministrativa e gestionale, cioè non si può dare nuovo avvio al nuovo assetto. È bene precisare inoltre che i nuovi direttori non sono assunti a tempo indeterminato, ma a tempo: se funzionano, bene, altrimenti vanno via. E ci sarà un serio sistema di valutazione del loro lavoro, degli obiettivi e dei risultati raggiunti, dell’incremento o decremento dei visitatori, della qualità dei servizi, della didattica, della comunicazione, ecc. È finita l’epoca del direttore a vita, inamovibile fino alla pensione!

Prima delle designazioni, i polemisti prevedevano che i musei sarebbero finiti nelle mani di manager (dando ovviamente a questo termine una valenza negativa). In realtà sono stati scelti storici dell’arte, archeologi, museologi. Ma è anche bene sottolineare che per gestire una struttura complessa, qual è un museo, serve certo un esperto di archeologia o storia dell’arte, ma dotato anche di capacità gestionali, organizzative, relazionali: esattamente come per una università o un grande ospedale. Sostenere il contrario significa fare solo retorica.

I venti grandi musei sono una parte del sistema. Anche per tutti gli altri musei è in atto una rivoluzione: quelli statali sono passati dalle Soprintendenze al Polo museale. Ad esempio, in Puglia: Castel del Monte, i Musei archeologici di Gioia del Colle, Ruvo, Canosa, Manfredonia, e altri ancora, con il coordinamento del direttore Fabrizio Vona. Stanno per essere designati i vari direttori. Il Polo ha come obiettivo la creazione di un sistema regionale, inclusivo delle altre categorie di musei ex provinciali, civici, diocesani e anche privati, se possibile. In Puglia (insieme a poche altre regioni, come l’Umbria) siano molto avanti in questo senso, tanto che la Regione ha da tempo sottoscritto un accordo con il MiBACT non solo per la valorizzazione dell’intero patrimonio culturale regionale ma anche per la creazione di un sistema museale pugliese. Si spera che a breve parta la sperimentazione.

Definire carte dei servizi, individuare le figure professionali necessarie, omogeneizzare gli standard qualitativi, coordinare gli orari di apertura, organizzare i sistemi informativi e le tecnologie multimediali, rendere più efficace la promozione, sviluppare i cd. servizi aggiuntivi (in realtà servizi essenziali, come librerie, caffetterie, ristoranti, laboratori didattici, etc.): ecco la grande scommessa. Per rendere i musei luoghi vivi e vitali, finalmente adeguati alle esigenze dei cittadini e dei visitatori, ma anche per creare occasioni di lavoro qualificato per i tanti giovani professionisti dei beni culturali, di cui ci siamo troppo a lungo disinteressati.

Pubblicato in La Gazzetta del Mezzogiorno, sabato 22 agosto 2015, p. 7.
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