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'Operazione San Gennaro'

Bellissima giornata a Napoli. Città straordinaria, complicata, bellissima. Con storie e persone fuori dal comune. Come quelle di don Antonio Loffredo e dei suoi ‘ragazzi’ del Rione Sanità. Sacerdote alla Sanità da quindici anni, don Antonio, una vera forza della natura, con doti organizzative e ‘manageriali’ eccezionali, un carisma travolgente, una passione (e una fede) trascinante, e con una rara capacità di visione, ha fatto delle sue cinque parrocchie dei luoghi vivi, ha innescato nel quartiere un processo positivo di orgoglio, di partecipazione, di ‘identità’, partendo dai ragazzi, dalla loro formazione, dagli stimoli a viaggiare, a conoscere, a studiare, ad apprezzare il loro patrimonio, e facendo dei beni culturali una leva di consapevolezza, di sviluppo, di economia sana, di crescita umana, individuale e collettiva.

Oggi le Catacombe di Napoli, che anni fa erano in quasi totale stato di abbandono, visitate da sparuti turisti, sono un modello di gestione: i visitatori hanno raggiunto la cifra record di 80.000 (erano solo 6.000 il primo anno di gestione da parte della coop. La Paranza). Negli anni si sono aggiunte le attività teatrali e musicali, la valorizzazione di altri luoghi, la trasformazione di spazi inutilizzati in B&B, oggi sempre occupati. È nata una cooperativa sociale per i lavori di manutenzione (edilizia, elettrica, idraulica, ecc.). è nata una società che produce oggetti di artigianato artistico realizzati con materiali riciclati. è nata la Fondazione San Gennaro, che ha tra i soci non solo grandi imprese ma anche la rete dei commercianti del quartiere e semplici cittadini come sostenitori. Nelle strade del quartiere si vedono tanti turisti. Si respira un’aria nuova. Si sono moltiplicate le pizzerie, i ristoranti, le attività commerciali. E tanti ragazzi a rischio hanno trovato lavoro e dignità.

Consiglio a tutti la lettura del bellissimo libro di don Antonio, Noi del Rione Sanità. La scommessa di un parroco e dei suoi ragazzi (Mondadori) ma soprattutto la visita e la conoscenza di questa bella realtà, che non solo dà una speranza concreta (con il lavoro) e dignità a oltre cento persone, ma ha saputo anche coniugare tutela del patrimonio culturale e sviluppo sostenibile.

È un vero modello, che dovremmo saper estendere a tante altre realtà, soprattutto al Sud.

Usando le parole della Convenzione di Faro, potrei dire che al Rione Sanità si è andata formando una vera ‘comunità di eredità’, consapevole, orgogliosa, e legata patrimonio culturale, sentito come ‘proprio’.

Oggi ho trascorso una bellissima giornata con don Antonio e i suoi ragazzi. È stato un piacere discutere con lui, conoscere tanti episodi (anche dolorosi: come la tragica morte di un ragazzo di soli 17 anni, un anno fa, ‘per errore’, in un agguato contro un camorrista; un evento che però ha fatto emergere la volontà di riscatto delle donne e dei ragazzi del quartiere; ora sul luogo della morte c’è un solido ulivo circondato da altri alberi e da tanti fiori, e a breve ci sarà anche una bella opera d’arte). È stato istruttivo ripercorrere le tante difficoltà incontrate, conoscere i tanti problemi ancora irrisolti, apprezzare gli straordinari successi. E ancora una volta ho avuto il piacere di trovare una forte sintonia, una condivisione di vedute, con la comune convinzione che il patrimonio culturale non sia fatto solo di ‘cose’, ma soprattutto di ‘persone’. Grazie don Antonio.

 


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