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Il ministro Franceschini lancia un'idea innovativa e coraggiosa: ripristinare l'arena del Colosseo
Con un tweet il ministro Dario Franceschini (https://twitter.com/dariofrance) ha lanciato una proposta che potrebbe apparire, a prima vista, provocatoria e sconvolgente, ma che in realtà è saggia, coraggiosa e innovativa al tempo stesso: ripristinare l’arena del Colosseo. Fatta dal ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, la proposta assume un peso enorme.
Una proposta che si contrappone a un certo feticismo diffuso che impedisce di rendere i monumenti e i siti comprensibili ai visitatori.
Il ministro riprende una idea e una proposta di Daniele Manacorda. Sul numero di luglio di Archeo, nella sua rubrica Il mestiere dell’archeologo, Manacorda ha pubblicato un bell’articolo dal titolo Anfiteatri e campi di golf (Archeo, n. 353, 2014, pp. 94-96), nel quale, prendendo le mosse da una pubblicità del turismo in Tunisia presente in questi mesi su vari giornali, raffigurante l’interno dell’anfiteatro di El Jem virtualmente utilizzato come campo da golf, lancia appunto questa idea solo apparentemente provocatoria: ricostruire l’arena del Colosseo.
Il monumento simbolo di Roma e dell’Italia, visitato annualmente da oltre 5 milioni di persone, è privo, infatti, di un elemento fondamentale per la comprensione delle sue funzioni: l’arena appunto. Mentre, al suo posto, sono visibili gli ambienti sotterranei, una serie intricata di muri e vani incomprensibili. Solo una porzione dell’arena è stata ripristinata con un tavolato ligneo. È come se uno dei nostri campi di calcio, destinato a diventare un futuro sito archeologico, fosse privo del suo prato verde e delle porte: sarebbe difficile spiegare ad un ipotetico visitatore del futuro che sul quel prato due squadre di undici giocatori in pantaloncini si passavano abilmente una palla cercando di infilarla nelle rete avversaria, mentre un pubblico tifava la propria squadra con urla e cori. Chi, come me, ha provato l’emozione di visitare il Camp Nou di Barcellona, o analoghi stadi di altre città, sa bene cosa intendo.
Manacorda ricorda, opportunamente, che l’arena era ancora presente ancora nel secolo scorso (e mostra una bella immagine di un olio di Ippolito Caffi (L’interno del Colosseo, 1857 circa) nella quale l’arena è al suo posto, con una croce al centro, come in una coeva fotografia Alinari. Sono stati gli scavi archeologici successivi a eliminarla.
Perché non è mai stata ripristinata? Un po’ per feticismo, un po’ per quella diffusa assenza di coraggio interpretativo che porta molti archeologi a non realizzare ricostruzioni, restauri integrativi, anastilosi. Manacorda utilizza l’efficace espressione di ‘archeologia necrofila’, che porta a privilegiare «un’insana esposizione delle cose morte». E dunque propone di ripristinare l’arena, riportando gli ambienti sotterranei alla loro originaria condizione ipogeica, rendendoli magari accessibili ai visitatori, per poter capire il senso di quei luoghi bui, illuminati da lucerne, destinati alle belve, ai gladiatori, alle infermerie per i feriti, agli operatori impegnati nelle varie attività sceniche. E spinge la sua proposta ancor più in là: utilizzare l’arena, non certamente per partite di golf, ma, perché no, per «un incontro di judo o – se preferite – di lotta greco-romana, o forse con un coro di bambini, o forse con una recita di poesie, o con un volo di aquiloni…», o anche solo per camminarci e provare la sensazione che viveva un gladiatore circa duemila anni fa in quello spazio immenso. Come non essere d’accordo? Le possibili utilizzazioni compatibili e rispettose del monumento potrebbero essere tante. Si pensi allo straordinario successo dello splendido, ineccepibile scientificamente e culturalmente, coinvolgente e emozionante spettacolo di luci e proiezioni, allestito nel Foro di Augusto da Piero Angela e Paco Lanciano: perché non pensare a proiezioni direttamente sull’arena e su parte dell’elevato, ricostruttive del monumento, delle attività che vi si svolgevano, e anche della sua storia successiva, fatta di abbandoni, riusi come fortezza, recupero di pietre e materiali vari destinati ad altre costruzioni, fino ai giorni nostri.
Spero che si apra un dibattito laico e propositivo, a partire dalla proposta di Manacorda. La scommessa del Colosseo e di tutta l’area archeologica centrale di Roma (ma in generale di tutti i siti archeologici) si gioca sul piano della comunicazione, della trasformazione di luoghi morti in luoghi vivi, della riappropriazione consapevole del patrimonio culturale da parte dei cittadini e dei visitatori.
La proposta, ovviamente da valutare attentamente nella sua auspicabile attuazione, è ispirata da una reale voglia di cambiamento e da coraggio. Il ministro Franceschini dimostra anche in questo delle importanti aperture. Ora c’è da sperare che la sfida venga raccolta dalla Soprintendenza archeologica di Roma, dalla comunità archeologica e, ingenerale dal mondo dei beni culturali, ma anche e soprattutto dall’opinione pubblica e dalla società italiana.
L'articolo di Daniele Manacorda è disponibile su
Patrimonio SOS: http://www.patrimoniosos.it/rsol.php?op=getintervento&id=1119 cademia.edu: https://www.academia.edu/8955925/Anfiteatri_e_campi_da_golf_in_Archeo_353_luglio_2014_pp._94-96
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