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Innovatori o conservatori? Un invito al nuovo ministro Dario Franceschini
Leggo, in vari interventi, un invito al nuovo ministro Dario Franceschini un ritorno alla 'normalità': certo la 'normalità' è un grande obiettivo in un paese come l'Italia (lo evocava qualche anno fa Massimo D'Alema, poi si è visto come è andata a finire), e certo condivido al 100% la necessità, indicata da tanti, di pensare alla manutenzione ordinaria, al personale, ai fondi ordinari per musei, soprintendenze, archivi, biblioteche, etc. Ma quando vedo che il massimo dell'obiettivo proposto è sostanzialmente il mantenimento dello statu quo o un anacronistico ritorno ad un presunto passato felice dei beni culturali (ma c'è poi stato? ricordo che i nostalgici di ora un tempo contestavano fortemente quel sistema) mi preoccupo. Io sono convinto invece che servirebbe una vera riforma radicale del sistema dei beni culturali e paesaggistici in Italia, frutto di un serio e approfondito progetto culturale (e non certo di operazioni dettate dalla spending review), capace di superare, appunto, il grave deficit culturale e metodologico dell'attuale assetto della tutela e della valorizzazione (e anche della ricerca e formazione, e, infine, della comunicazione) del patrimonio culturale in Italia.
Si potrà, dopo sessant’anni, avere una nuova ‘Commissione Franceschini’, capace , come fu quella degli anni Sessanta, di una nuova proposta qualificata e innovativa, che tenga conto delle straordinarie trasformazioni culturali e metodologiche che la stessa idea di patrimonio culturale e paesaggistico ha conosciuto in questi ultimi decenni? E soprattutto si sarà in grado di mettere in atto i risultati del lavoro di questa nuova auspicabile ‘Commissione Franceschini’? Si ricostituiranno presto gli Organi consultivi del MiBACT (Consiglio Superiore e Comitati tecnico-scientifici)? Non mi rassegno all'idea che ogni riforma non possa che peggiorare le cose, e sono preoccupato poi quando è addirittura la sinistra a mostrarsi conservatrice, lasciando ad altri le parole d'ordine (spesso vuote di contenuti) dell'innovazione. Ne abbiamo parlato a Foggia in due importanti giornate di studio e a breve saranno disponibili gli atti. Si potrà pure in questo paese innovare radicalmente essendo rispettosi della migliore tradizione? Una tradizione, gloriosa, di cui andar fieri, avvizzisce e progressivamente si consuma se non è alimentata da sana innovazione. Si potrà avere il coraggio dell'innovazione superando la sindrome del torcicollo, la difesa di rendite di posizione, le paure, l’immobilismo burocratico e accademico?
Nel MiBACT, nelle università, nel mondo delle professioni, nell'associazionismo culturale ci sono le competenze, le idee, le capacità, per un progetto culturale condiviso che finalmente ci faccia uscire dal Novecento e ci porti nel XXI secolo?
Ecco cosa io chiederei (e chiederò) al nuovo ministro.
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