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L’archeologia preventiva è una risorsa non un fastidioso intralcio

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dovrebbe rappresentare una grande occasione di sviluppo sostenibile, di transizione ecologica, di cambiamento reale per il nostro Paese. Non è sufficiente investire molte risorse per ottenere risultati positivi, se non si modificano procedure, modelli e soprattutto mentalità. Il Piano dovrebbe soprattutto evitare di compiere gli stessi errori del passato.

Un grave errore si rischia di farlo, stando alle bozze di un DL del Ministero della transizione ecologica al momento circolanti, per un paradosso, in nome dell’ecologia e delle energie pulite e rinnovabili. Un articolo, denominato “Norme di semplificazione in materia di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili”, prevede, infatti, sia il ricorso al silenzio-assenso (vecchio vizio l’uso di questo strumento rozzo in nome della velocizzazione delle procedure) sia, soprattutto, il parere delle Soprintendenze solo ed esclusivamente in riferimento ad aree già sottoposte al vincolo o, al massimo, nel caso in cui la Soprintendenza “verifichi che l’impianto ricade in aree interessate da procedimenti di tutela ovvero da procedure di accertamento della sussistenza di beni archeologici in itinere alla data di presentazione dell’istanza di autorizzazione unica”. Inoltre, prevede che la Soprintendenza non intervenga nei “procedimenti di autorizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili da realizzare in aree contermini a quelle sottoposte a tutela” ai sensi del Codice dei beni culturali e paesaggistici. Che significa tutto ciò, spogliato dal linguaggio tecnico e burocratico? Significa che si potrà proteggere solo ciò che già si conosce grazie a indagini già effettuate in passato, tanto che le procedure di tutela sono in corso, oltre ovviamente ai siti già ‘vincolati’: bella concessione! Si pensava addirittura di presentare richieste per impianti eolici o fotovoltaici in un’area archeologica già nota (magari anche nell’area del foro di Pompei o davanti al Colosseo)?

Si ignora forse che il territorio italiano è costellato da migliaia di siti archeologici ancora del tutto sconosciuti e inediti? Per questo motivo è stata introdotta da vari anni l’archeologia preventiva, necessaria per acquisire informazioni prima ancora di elaborare un progetto e di effettuare lavori pubblici, grazie alle indagini diagnostiche preliminari effettuate proprio per evitare o limitare al massimo il rischio di un doppio danno: il blocco dei lavori, con inevitabili ritardi e aggravio di costi, e/o la distruzione di patrimonio archeologico. In Francia da decenni opera un Istituto Nazionale per l’Archeologia Preventiva (INRAP), che impiega migliaia di archeologi e tecnici (molti anche italiani) e sviluppa un’azione eccellente di conoscenza e tutela del patrimonio e di supporto alla realizzazione delle opere pubbliche e private. In Italia invece di dotarci di strutture analoghe, che, tra l’altro, darebbero lavoro a tanti ottimi professionisti dei beni culturali, si pensa di prendere la scorciatoia (ma sarà tale?) del silenzio assenso e della riduzione delle misure di tutela, della conoscenza e della valorizzazione del patrimonio culturale. Cosa succederebbe se durante i lavori per impiantare una pala eolica si dovessero intercettare resti archeologici? Ovviamente ci sarebbe il blocco dei lavori con ritardi del cantiere e interventi di scavo condotti in emergenza: chi ci guadagna? Non il patrimonio che sarebbe irrimediabilmente danneggiato e nemmeno l’impianto di energia rinnovabile che subirebbe ritardi maggiori rispetto a quelli che si teme ci siano effettuando le ricerche prima. Anche in archeologia, come nella salute, prevenire è meglio che intervenire a posteriori.

Sia ben chiaro: gli archeologi non sono da confondere con i ‘signor no’ a prescindere, non sono talebani di una malintesa tutela intesa come immobilizzazione. Gli archeologi vorrebbero contribuire alla modernizzazione del Paese, alla sua vera svolta ecologica (spogliata però dai rischi di interessi speculativi che possono nascondersi anche dietro il green), alla creazione di economia sana e pulita, alla realizzazione di migliori infrastrutture pubbliche: ma non a scapito del patrimonio, della storia, della memoria, della cultura. È un grande errore porre in conflitto energie rinnovabili e patrimonio, ecologia e cultura!

Si dotino le strutture di tutela e di ricerca di personale e di mezzi adeguati, si dia vita a carte del potenziale archeologico e a sistemi informativi territoriali integrati nei quali riversare tutte le informazioni da mettere a disposizione di chi opera nella trasformazione del territorio (enti locali, professionisti, imprese, ecc.), si creino, inoltre, le condizioni per il lavoro di molti archeologi professionisti dotati di notevoli competenze, si favoriscano, infine, le forme di collaborazione tra soprintendenze e università, le cui ricerche sul campo rappresentano un prezioso patrimonio di conoscenza da mettere a disposizione, oltre che per la formazione e la ricerca, anche della tutela e della valorizzazione.

Il Ministero della Cultura non potrà far certamente far approvare queste procedure che ci auguriamo siano rapidamente modificate. L’archeologia preventiva è una risorsa non un fastidioso intralcio.

 Pubblicato in Huffington Post 12.5.2021 https://www.huffingtonpost.it/entry/larcheologia-preventiva-e-una-risorsa-non-un-fastidioso-intralcio_it_609b836fe4b069dc48f45f20


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