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Le età di Lucera, lo scontro di civiltà che animò l'arte e indispettì il Papa

Lucera, l’antica Luceria, è stata la prima colonia latina in Puglia, fondata alla fine del IV secolo a.C., nell’ambito dello scontro tra Romani, allora alleati con i Dauni, e i Sanniti. La storia antica della città è importante: lo dimostrano i tanti monumenti romani presenti in città, in particolare il monumentale anfiteatro fatto realizzare dal magistrato lucerino Marco Vecilio Campo in onore di Augusto, e i pregevoli materiali (sculture, ceramiche, vetri, metalli, epigrafi, e in particolare lo spettacolare complesso di terrecotte della stipe votiva del Belvedere) esposti nel bel Museo Civico. Anche l’età tardoantica (IV-VII d.C.) rappresentò una fase importante per Lucera e il suo territorio, come testimonia il sito di San Giusto, dove scavi condotti da chi scrive hanno portato alla scoperta di una villa romana imperiale, nei cui pressi si costruì tra V e VI secolo un complesso paleocristiano con due chiese, un battistero, terme e ambienti residenziali. Ora è possibile ammirare i mosaici della chiesa sistemati accanto al complesso di San Pasquale, che ospita la Biblioteca comunale, ricca anche di pregevoli cinquecentine e di molti volumi.

Oggi, però, vorrei proporre un viaggio nel pieno Medioevo. Il colle Albano, ancora oggi estremità occidentale di Lucera, accoglie i resti di una delle più imponenti fortificazioni medievali dell’Italia meridionale (e non solo), commissionata da Carlo I d’Angiò, dopo il lungo assedio conclusosi nell’agosto del 1269 con la presa della città. All’indomani dell’occupazione si diede avvio alla costruzione di una vera e propria cittadella fortificata, detta fortellicia nei Registri della Cancelleria. La fortezza si insediò in un luogo a lungo abitato già in precedenza, con tracce risalenti già alla preistoria. Non sono stati finora acquisiti dati certi sull’uso in età romana, mentre la presenza di una chiesa con annesso cimitero e di edifici civili databili tra il VI e il IX secolo lasciano ipotizzarne, per il periodo altomedievale, l’uso, forse in relazione con lo stanziamento dei Longobardi già all’inizio del VII secolo.

L’area fu scelta in età sveva quale sede del palatium imperiale di Federico II, inglobato poi dalla successiva cinta angioina. Il castrum seu palatium di Lucera, costruito nel 1233, secondo le interpretazioni storiche più accreditate, costituisce una delle più rilevanti fabbriche sveve, anche in considerazione del ruolo eccezionale assunto da Lucera, per precisa volontà di Federico II, nel regno di Sicilia.

Nel 1224-1225 l’imperatore aveva deportato a Lucera i musulmani ribelli della zona di Agrigento e, nel 1246, quelli di Jato (tra 30.000 e 60.000 uomini). I musulmani siciliani erano abili coltivatori, allevatori e artigiani (armaioli, carpentieri, sellai, vasai, tappezzieri, orefici, tessitori e sarti), oltre che ottimi arcieri. Secondo le fonti Luceria Sarracenorum fu dotata di una grande moschea, di numerose botteghe artigianali, oltre a un istituto scientifico di alto livello (Dar al- ilm, casa della scienza) e l’abitato, sovrapposto al reticolo della città romana, si articolò secondo i modelli urbanistici arabi, ancora oggi percepibili nel centro storico. La presenza della colonia musulmana aveva, però, creato problemi con il papato: Gregorio IX aveva sollecitato predicazione dei domenicani presso i saraceni e anche l’episcopato lucerino soffriva la presenza musulmana. Nel 1238 la cattedrale era in rovina e ancora nel suo testamento (1250) Federico II esprimeva il desiderio che la Chiesa lucerina fosse ripristinata. La presenza musulmana diventò un motivo di scontro ideologico durante il regno di Manfredi.  Fu così che si procedette all’eliminazione dell’insediamento e alla vendita dei saraceni, circa 10.000, ridotti in schiavitù.

Dopo la conquista della città, tra il 1270-1 e il 1284 gli Angioini diedero avvio alla costruzione della fortezza, delimitata da un lungo circuito murario (circa m 900) di forma irregolare, scandito da un’alternanza di torri e cortine. Il tratto di mura rivolto verso il centro urbano era munito di 7 torri pentagonali e di 2 torri circolari (dette della Regina o Leonessa e del Re o Leone): mura e torri erano precedute da un fossato artificiale, che separava la fortezza dall’abitato. Il restante circuito era fortificato da 13 torri a pianta quadrangolare e da 2 doppie torri poligonali. L’analisi archeologica delle murature, condotta da Nunzia Mangialardi, insieme ai dati forniti dai documenti angioini consente di ricostruire l’attività di uno straordinario cantiere.

La fortificazione angioina comprese anche la costruzione di una struttura troncopiramidale a pianta quadrangolare posta alla base del palazzo federiciano, predisposta per accogliere al suo interno la cosiddetta ‘Galleria degli arcieri’, cadenzata da 9 camere da tiro per lato. In questo modo la dimora imperiale si connotava di una funzione non solo residenziale, ma anche difensiva.

La fortezza, concepita come una vera e propria cittadella, accoglieva al suo interno una serie di edifici, mai finora indagati in maniera sistematica, funzionali alla protezione della Corte, della Guardia reale e delle famiglie dei coloni provenzali. Sono ancora visibili i resti della cappella reale, del palazzo angioino, di un vasto impianto idrico connesso alla ‘cisterna magna’, collocata tra la piccola torre rotonda e il palazzo federiciano, e degli alloggiamenti militari (cosiddetti casoni), in parte oggetto di scavi. Le indagini geofisiche condotte dall’Istituto Storico Germanico e più di recente da Laura Cerri nell’ambito della redazione di un ambizioso progetto di valorizzazione della fortezza, voluto dall’amministrazione comunale (tra le più attente in Puglia alla valorizzazione del patrimonio culturale) e predisposto da una équipe di studiosi di varie università italiane, hanno consentito di ricostruire nei dettagli la fitta rete di edifici presenti sotto terra, non percepibile oggi da chi visita la fortezza, colpito dai grandi spazi vuoti. Solo un progetto di sistematici scavi potrà restituire la fisionomia della cittadella medievale. 

Per completare il percorso medievale non si possono non visitare, infine, l’elegante cattedrale di Santa Maria Assunta e l’imponente chiesa conventuale di San Francesco costruite a partire dal 1300 per volere di Carlo II d’Angiò. Entrambe rappresentano, in Capitanata, una rara manifestazione di quell’architettura di committenza angioina che, tra fine XIII e inizio XIV secolo, crea un nuovo linguaggio, fondendo lo stile d’oltralpe con quello locale, che ha i suoi maggiori esempi a Napoli.

 Pubblicato in La Repubblica Bari, 16.7.2020m pp. 10-11.

Didascalie:

1. Lucera. Veduta aerea della fortezza svevo-angioina

2. Lucera, fortezza svevo-angioina: la ricostruzione delle tracce della cittadella angioina grazie alle prospezioni geofisiche

3. Lucera, La cattedrale medievale nel cuore del centro storico.

4. Lucera, Museo Civico G. Fiorelli: la sala con le statue e le terrecotte votive della stipe del Belvedere (IV-II secolo a.C.)


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