Blog

Nuova sfida per il governo, che sia la volta buona per la Convenzione di Faro

Forse è la volta buona. È stato annunciato dalla Presidenza del Senato che nella settimana dall’8 al 10 ottobre sarà discusso il Disegno di legge di ratifica della Convenzione di Faro, a seguito dell’accordo in Conferenza dei capigruppo sull’ordine dei lavori del Senato. Già nella scorsa legislatura tutte le forze politiche si erano espresse a favore della ratifica, ma poi la procedura non andò in porto. Me ne sono occupato ormai molto tempo fa in questo stesso blog, proprio nel mio primo intervento con il quale avviavo la mia collaborazione con l’Huffington Post.

La “Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società fu presentata nell’ormai lontano 27 ottobre 2005 nella città portoghese di Faro e fu sottoscritta dall’Italia nel 2013. Su iniziativa del ministro Franceschini il Governo Gentiloni predispose un disegno di legge, ma non ci furono i tempi per giungere alla ratifica parlamentare. 

La Convenzione di Faro ha più caratteri di novità nel campo dei beni culturali, non solo nella stessa concezione del patrimonio culturale, inteso come “un insieme di risorse ereditate dal passato che le popolazioni identificano, indipendentemente da chi ne detenga la proprietà, come riflesso ed espressione dei loro valori, credenze, conoscenze e tradizioni, in continua evoluzione» ma anche e soprattutto nel protagonismo assegnato alla “comunità patrimonio”, cioè “un insieme di persone che attribuisce valore ad aspetti specifici del patrimonio culturale, e che desidera, nel quadro di un’azione pubblica, sostenerli e trasmetterli alle generazioni future” (art. 2).

La Convenzione di Faro è rivoluzionaria innanzitutto perché ribalta il punto di vista tradizionale: non più solo quello degli specialisti, dei professori e dei funzionari della tutela, ma anche quello delle comunità locali, dei cittadini, degli utenti, sottolineando il valore della partecipazione democratica della cittadinanza. Sottolinea che “chiunque da solo o collettivamente ha diritto di contribuire all’arricchimento del patrimonio culturale” (art. 5).

Ribadisce in più modi la necessità della partecipazione democratica dei cittadini “al processo di identificazione, studio, interpretazione, protezione, conservazione e presentazione del patrimonio culturale” nonché “alla riflessione e al dibattito pubblico sulle opportunità e sulle sfide che il patrimonio culturale rappresenta” (art. 12), si attribuisce a tutti un ruolo attivo, riconoscendo il diritto (e il dovere) di partecipare alla conoscenza, alla tutela, alla valorizzazione e alla gestione del patrimonio. 

Coerente poi con l’impegno nella comunicazione, nel libero accesso alla conoscenza e nella libera circolazione dei dati, è l’invito rivolto ai Paesi sottoscrittori a “promuovere azioni per migliorare l’accesso al patrimonio culturale, in particolare per i giovani e le persone svantaggiate, al fine di aumentare la consapevolezza sul suo valore, sulla necessità di conservarlo e preservarlo e sui benefici che ne possono derivare” (art. 12). 

La Convenzione di Faro considera anche il diritto, individuale e collettivo, “a trarre beneficio dal patrimonio culturale e a contribuire al suo arricchimento” (art. 4) ed evidenzia la necessità che il patrimonio culturale sia finalizzato all’arricchimento dei “processi di sviluppo economico, politico, sociale e culturale e di pianificazione dell’uso del territorio...” (art. 8).

Come un’altra importante convenzione europea, la Convenzione sul paesaggio,non limita l’azioneai soli paesaggi di pregio ma la estende ai paesaggi della vita quotidiana, compresi quelli degradati delle periferie e delle zone industriali, la Convenzione di Faro estende il concetto di patrimonio culturale anche a “tutti gli aspetti dell’ambiente che sono il risultato dell’interazione nel corso del tempo fra le popolazioni e i luoghi” e impone che il patrimonio culturale vada tutelato e protetto non tanto per il suo valore intrinseco ma in quanto risorsa per la crescita culturale e socio-economica mettendo in campo politiche di valorizzazione con la partecipazione di tutti i soggetti considerati parte delle “comunità di patrimonio”.

Insomma rispetto alla tradizionale idea di tutela, si realizza un profondo rovesciamento complessivo: dell’autorità, spostata dal vertice alla base; dell’oggetto, dall’eccezionale al tutto; del valore, dal valore in sé al valore d’uso e, dunque, dei fini; dalla museificazione alla valorizzazione.

È un testo – lo ribadisco – dalla portata rivoluzionaria, perfettamente in linea, a mio parere, con lo spirito e la lettera dell’articolo 9 della nostra Costituzione(privato da certe letture restrittive che paradossalmente hanno finito per creare una sorta di distanza tra patrimonio e cittadini), con la sua innovativa e ampia concezione di tutela del “paesaggio e patrimonio storico e artistico della Nazione” affidata alla Repubblica (e non solo allo Stato, ma a tutte le istituzioni pubbliche e soprattutto all’intera comunità dei cittadini che formano la res publica) e lo stretto legame tra tutela e promozione dello “sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica”.

Il patrimonio culturale può e deve essere uno strumento di crescita della democrazia, mettendo in campo strumenti per la partecipazione di tutti i soggetti considerati parte delle “comunità di patrimonio”, coinvolti nelle azioni di conoscenza, di tutela e di valorizzazione del patrimonio, non tanto per il suo valore intrinseco ma in quanto risorsa per la crescita culturale e socio-economica. 

È molto grave che la Convenzione di Faro, a quasi quindici anni dal suo varo, non sia ancora attiva in Italia e, purtroppo, anche in altri Paesi europei, come la Francia, perché inevitabilmente questi importanti documenti internazionali rispecchiano il momento nel quale vengono elaborati e finiscono per invecchiare, perdendo la loro originaria spinta propulsiva e innovativa, in una fase della storia caratterizzata da rapidissime trasformazioni: basti pensare, solo per fare un riferimento a un oggetto di uso comune, che nel frattempo ha conosciuto numerose evoluzioni, che quando fu presentata, nel 2005, solo da pochi anni esistevano i primi smartphone ma non erano ancora sul mercato l’iPhone (presentato da Steve Jobs il 9 gennaio 2007) e molti altri telefoni cellulari simili!

Per non parlare dei più diffusi social media: se la nascita di YouTube si data nello stesso 2005 e Facebook era stata lanciata solo l’anno prima (2004), non avevano ancora visto la luce Twitter (2006) e Instagram (2010). Quasi un altro mondo! Nel frattempo si è verificata sia la rivoluzione digitale, ben descritta Alessandro Baricco nel suo “The Game”, sia una crisi epocale, che non è solo economico-finanziaria, ma strutturale.

Eppure quei principi illustrati a Faro quindici anni fa sono oggi ancor più attuali ed è ancor più urgente che essi ispirino le politiche di tutela, valorizzazione e gestione del patrimonio culturale, che necessitano di una partecipazione attiva dal basso. Con questa Convenzione finalmente usciamo dal Novecento e inauguriamo una nuova fase, entrando nel terzo Millennio anche nel campo del patrimonio culturale.

Pertanto, come si dice, meglio tardi che mai. Del resto per ratificare la Convenzione della Valletta (Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico), presentata il 16 gennaio 1992, il Parlamento ci ha messo 23 anni, ratificandola solo nel 2015.

Riusciremo ora a ottenere finalmente la ratifica di questa importante Convenzione? E soprattutto eviteremo il rischio che accada quanto già verificatosi con altre convenzioni europee, come quella Paesaggio, e cioè che i principi affermati vengano considerati alla stregua di semplici slogan buoni per accontentare minoranze sensibili ai temi della cultura e del paesaggio, senza alcuna reale ricaduta nella legislazione nazionale e nell’organizzazione della tutela?

Ecco una nuova importante sfida per il nuovo mandato del ministro Dario Franceschini e per il Governo giallo-rosso, che dovrà, tra l’altro, affrontare a breve l’impegno della modifica del Codice dei Beni Culturali e Paesaggistici, adeguandolo anche a questa nuova visione. 

Pubblicato in https://www.huffingtonpost.it/entry/volpe_it_5d8c6925e4b0019647a32c5b
<< Indietro

Ultimi post

La zone d'interesse

Visto “La zona d’interesse”, film di Jonathan Glazer, duro e doloroso come un pugno nello stomaco ripetuto continuamente con colpi ritmici,...

Killers of the Flower Moon

Visto, giorni fa (e purtroppo non al cinema, dove lo avevo perso) Killers of the Flower Moon, film epico (anche per la durata) di Martin Scorsese, grande...

La società della neve

Visto su Netflix la Società della neve, film drammatico, duro, a tratti sconvolgente, che racconta la nota vicenda del gruppo di ragazzi di una squadra...

L'educazione delle farfalle

Letto L'educazione delle Farfalle di Donato Carrisi, regalatomi da una amica che conosce la mia passione per i Thriller. Non avevo mai letto nulla di Carrisi...