Blog

"Valore Cultura": finalmente un buon decreto, ma inventariare non è un gioco da "ragazzi"

Va salutato molto positivamente il decreto legge ‘Valore Cultura’ appena licenziato dal Governo per iniziativa del ministro Massimo Bray. Innanzitutto perché, come ha sottolineato lo stesso Bray, da circa 30 anni non si aveva una specifica iniziativa governativa così articolata in campo culturale. Dopo una serie di ministri distratti e disinteressati, finalmente il MiBAC ha un ministro colto e sensibile, disposto all’ascolto, ed anche molto attivo e comunicativo. Un ministro che riesce a porre la questione culturale al centro delle strategie governative e a ridare ad un ministero agonizzante un po’ di fiducia. È un merito importantissimo che va riconosciuto a Massimo Bray in questi pochi mesi di lavoro. Ovviamente i problemi sono di enorme portata e questo decreto, che tocca aspetti particolarmente urgenti, non può che una prima tappa di un percorso ancora lunghissimo.

Positivo l’intervento per Pompei, che torna ad essere Soprintendenza autonoma. Utili e opportuni l’intervento di riorganizzazione delle Fondazioni lirico-sinfoniche, organismi che in questi anni hanno accumulato debiti enormi, nell’ordine di 340 milioni (secondo un modello tutto italiano di ‘privatizzazione’ secondo il quale è sempre lo Stato a mettere mano al portafoglio) e le tante altre misure relative ai Nuovi Uffizi, al recupero al MiBAC delle risorse derivanti dalla vendita degli biglietti, al tax credit per il cinema e la musica, e altre ancora.

Non mancano, però, anche alcune perplessità che mi permetto di segnalare, in particolare in riferimento al “programma straordinario di inventariazione e digitalizzazione”, che dovrebbe facilitare “l’accesso e la fruizione del patrimonio culturale da parte del pubblico” selezionando “500 laureati under 35 ai quali sarà data la possibilità di accedere a un tirocinio di 12 mesi”. Questo progetto partirà in forma sperimentale in Puglia, Campania, Calabria e Sicilia “con i primi 100 ragazzi”. Tralasciando l’opportunità di definire ‘ragazzi’ laureati e magari dottori di ricerca e/o specializzati, con parecchi anni di studio e di precariato alle spalle, mi preoccupa sinceramente questo nuovo, ennesimo, progetto straordinario di inventariazione digitale. Abbiamo conosciuto in passato altre esperienze di questo tipo (basti ricordare i tragici ‘giacimenti culturali’), tutte immancabilmente fallimentari, con enormi sprechi di denaro pubblico e banche dati inutilizzate, computer e software acquistati a caro prezzo e divenuti presto obsoleti e inutilizzabili.

Voglio essere chiaro per evitare fraintendimenti: un’opera di catalogazione seria, sistematica, continua del nostro enorme patrimonio culturale è assolutamente necessaria. Dubito, però, che si possa affrontare con tirocini di un anno. Cosa si inventarierà? Per l’ennesima volta le stesse collezioni di musei statali, civici, diocesani? Castelli, palazzi e cattedrali? E finito il tirocinio annuale, chi proseguirà il lavoro? O resterà l’ennesima opera incompiuta? O si pensa di dar vita ad una rassegna di opere d’arte per un portale di tipo turistico?

Capisco l’esigenza di offrire opportunità di lavoro ai giovani laureati (come rettore e docente di archeologia conosco fin troppo bene il problema), e certamente questa è la maniera più facile e immediata. Un anno di tirocinio, di cui uno-due mesi di formazione, poi squadre di giovani sguinzagliate in musei e archivi, spesso prive anche del personale che possa tenere aperti i magazzini per consentire l’opera di inventariazione. Si è fatto così anche in passato e nessuno rimpiange quelle esperienze. Sono certo che il ministro Bray non intenda affatto cadere in quegli stessi errori e farà di tutto per realizzare un’operazione seria, utile, di qualità. Per questo mi permetto di dare un suggerimento, che nasce da una positiva esperienza fatta in Puglia. Nell’ambito del Piano Paesaggistico Territoriale Regionale (il primo in Italia ad essere finalmente operativo, con l’adozione alcuni giorni fa da parte della Giunta Regionale, dopo il lungo processo di co-adozione con il MiBAC) è stata realizzata la Carta Regionale dei Beni Culturali, in collaborazione tra la Direzione Regionale ai Beni Culturali e le quattro università pugliesi, con il coinvolgimento di numerosi giovani studiosi e costi alquanto contenuti. È un sistema informativo nel quale città e migliaia di siti di interesse culturale, di vario tipo, funzione e cronologia (dalla preistoria all’età contemporanea), sono posizionati, delimitati, georeferenziati, con un corredo di dati, immagini, etc., integrando patrimoni culturali e paesaggi. Un importante strumento di pianificazione e gestione del territorio, utile per i Comuni nella redazione dei PUG, e per chiunque operi sul territorio, ma anche per la tutela e la valorizzazione. Uno strumento che sarebbe utile implementare in Puglia ed estendere a tutte le regioni: sono certo che Regione Puglia sarebbe lieta di mettere questa esperienza e il sistema informativo già predisposto e collaudato al servizio di un progetto nazionale.

Articolo pubblicato, con qualche taglio, in La Gazzetta del Mezzogiorno, 4.8.2013, pp. 24-25
<< Indietro

Ultimi post

La zone d'interesse

Visto “La zona d’interesse”, film di Jonathan Glazer, duro e doloroso come un pugno nello stomaco ripetuto continuamente con colpi ritmici,...

Killers of the Flower Moon

Visto, giorni fa (e purtroppo non al cinema, dove lo avevo perso) Killers of the Flower Moon, film epico (anche per la durata) di Martin Scorsese, grande...

La società della neve

Visto su Netflix la Società della neve, film drammatico, duro, a tratti sconvolgente, che racconta la nota vicenda del gruppo di ragazzi di una squadra...

L'educazione delle farfalle

Letto L'educazione delle Farfalle di Donato Carrisi, regalatomi da una amica che conosce la mia passione per i Thriller. Non avevo mai letto nulla di Carrisi...