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Intervento di Marcello Barbanera
Quando Bianchi Bandinelli pubblicò il 'Diario di un borghese' si augurava un lettore che facesse credito alla sua buona fede nell'essere diventato comunista. Conosceva bene l'animo dei suoi concittadini, sempre pronti a fare i moralisti con gli altri. Mi sono tornate in mente le sue parole leggendo oggi l'articolo di Giuliano Volpe sulla riforma dei Beni Culturali (articolo che condivido per la chiarezza e l'equilibrio) e conoscendo gli attacchi che - da quelli più beceri del Robespierre delle Belle Arti a quelli più in buona fede - ultimamente non gli vengono risparmiati. Io sono tra coloro che per principio fanno credito agli altri, salvo ricredermi se mi deludono; quindi mi sento di poter far credito a Giulio Volpe, in forza del fatto che lo conosco come uno studioso di prim'ordine. Attaccarlo come un servo del ministro mi sembra ingeneroso e poco costruttivo. Dare degli incompetenti agli architetti mi sembra arrogante: potrei redigere una lunga lista di archeologi con le stesse (in)competenze; in un recente volume (Paesaggi di rovine/paesaggi rovinati), esito di un PRIN con gli architetti, ho sostenuto modestamente (perché mi sembrava scontato) che non si può parlare più di 'parchi archeologici' perché l'archeologia non può essere l'unico elemento del patrimonio da valorizzare. La visione 'olistica' di Volpe, da molti ridotta a slogan da sbertucciare, si pone sulla scia di quell' 'archeologia del poliedro' che Bianchi Bandinelli si augurava alla fine della sua vita e la aggiorna ampliandola al concetto di bene culturale senza gerarchie. La questione sta negli uomini come sempre: un cattivo archeologo non è una garanzia per il buon funzionamento delle Soprintendenze; un intelligente architetto/storico dell'arte/archeologo ecc. farà la differenza. Per i musei - dove ho maggiore competenza - si grida allo scandalo dicendo che si faranno i matrimoni nelle sale; è una maniera triviale di svilire il problema; i musei in Italia sono luoghi polverosi, impresentabili sul piano didattico e comunicativo, specchio di una concezione della cultura antica appannaggio di una società borghese che da noi è stata sempre minoritaria e ormai quasi non esiste più. Dall'ultima visita al Museo archeologico di Napoli, un mese fa, sono uscito tra i depresso e l'indignato per lo stato del museo. Non so se il nuovo direttore sarà in grado di risolvere la situazione, certo è che la direzione precedente non ha dato prova di grandi capacità.
Quindi occorre capire a chi si deve comunicare oggi e come rendere i musei luoghi piacevoli, non luoghi dove si deve andare ma dove si vuole andare, anche semplicemente per sedersi e bere una tazza di caffè, come si fa al Metropolitan, al Louvre, al British e senza la paura della contaminazione con il 'vile' denaro.
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