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La testimonianza di una professionista dell'archeologia sulla riforma MiBACT
Ricevo da una professionista archeologa questa nota con la preghiera di pubblicarla in forma anonima (per comprensibili motivi):
La notizia della riforma del Mibact (atto II) ha sortito un effetto a dir poco sbalorditivo.
La notizia della riforma del Mibact (atto II) ha sortito un effetto a dir poco sbalorditivo.
Dirigenti e funzionari del Ministero si sono barricati nei loro fortini sventolando bandiere al grido di: “é la fine dell'archeologia in Italia!”.
E allora da archeologa libera professionista e da archeologa militante che conosce l’ambiente delle soprintendenze, e quello delle università, sento il dovere, oltre che la necessità personale, di spezzare ben più di una lancia in favore di questa riforma e, anzi, voglio proprio dire, tirando un sospiro di sollievo: “è quello che ci voleva!”.
È arrivato il momento di cambiare e i cambiamenti non sono mai stati facili, ma non c’è situazione peggiore dello stallo e dello stare fermi a guardare al passato.
Non capisco perché si gridi alla fine dell’archeologia in Italia. La riforma mira ad un accorpamento, ad una fusione e non ad una abolizione ed eliminazione delle soprintendenze archeologiche. Si, è vero che in alcune regioni ci sarà un cambio di sede degli uffici, e non metto in dubbio il disagio per chi si dovrà spostare, ma questo non vuol dire abolizione, questo vuol dire che gli uffici, appunto, e non la tutela (!), si sposteranno per agire ancor meglio sul territorio, e in alcune regioni saranno anche aumentati di numero (!).
Mi sono formata in un'università che mi ha insegnato ad avere una mentalità aperta e che mi ha insegnato che l'archeologia é fatta di dialogo perché un'archeologia chiusa in se stessa non va da nessuna parte. Io credo in una visione globale dell'archeologia, così come credo che gli archeologi devo farsi conoscere per farsi apprezzare e per farlo devono aprirsi al dialogo, perché l’archeologia ha insito nel suo stesso DNA di essere una metodo di indagine multidisciplinare. La difesa del territorio, la protezione dell’ambiente, la salvaguardia del patrimonio culturale e del paesaggio sono questioni imprescindibili e inseparabili. Lo stesso Codice è uno (!). La tutela del patrimonio culturale e dei paesaggi è una questione che non riguarda più solo tecnici e studiosi, ma deve necessariamente coinvolgere tutta la società con l’obiettivo di creare saperi condivisi, consapevolezze profonde e radicate. L'archeologia deve essere globale, condivisa e con un suo ruolo sociale perché tutto parte dalla conoscenza e dal far conoscere. Questo è il futuro del nostro patrimonio!
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