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Libere foto nei musei e siti archeologici italiani: e nelle catacombe?
Ho ricevuto una email da un giovane studioso che pone una questione di grande interesse, che merita una riflessione, anche alla luce del vivace dibattito sulle recenti riforme nel campo dei beni culturali italiani, che hanno visto anche vari colleghi archeologi (alcuni anche del mio stesso settore di archeologia cristiana e medievale) assumere - del tutto legittimamente, sia ben chiaro - posizioni molto critiche. Cosa pensano di questa questione? Sono pronti ad avanzare proposte (e anche a manifestare critiche con analoga forza) per consentire una liberalizzazione generalizzata delle immagini nel campo del patrimonio culturale in Italia, anche in riferimento ai beni tutelati dallo Stato Pontificio (nel cui ambito alcuni operano come docenti e archeologi)?
"Gentile Professore, ho letto con grande interesse il Suo libro "Un patrimonio italiano" e, in merito all''argomento già affrontato nel volume nonché al suo ultimo post di questo blog dal titolo "Un ultimo decisivo passo per liberalizzare l''uso delle immagini nei beni culturali", pongo una riflessione, rivolta a Lei non solo in qualità di Presidente del CSBCP del Mibact ma, soprattutto, in quanto docente di Archeologia cristiana e medievale. Per l''appunto, sempre nel campo della libera riproduzione dei beni culturali, mi pare opportuno segnalare le cifre esorbitanti chieste per fotografare (per poi pubblicare) le catacombe cristiane poste sotto la giurisdizione della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra. Un tariffario che per i diritti di riproduzione va dai 35 euro in su, oppure richiede ben 200 euro per fare autonomamente delle fotografie (http://www.vatican.va/roman curia/pontifical commissions/archeo/italiano/documents/rc com archeo doc 20011010 regolarchiviofoto it.html): cifre davvero improponibili, fuori da ogni logica ragionevole! Si pone anche un altro problema: se il Ministero ha reso libere e gratuite tutte le foto nei musei e nelle aree archeologiche d''Italia, nelle catacombe che non rientrano nei Patti Lateranensi (nel testo dei Patti c''è scritto che sono "tutte" ma, nella realtà dei fatti, molte di esse sono sotto la tutela delle Soprintendenze del Ministero e non è possibile rintracciare in rete un elenco aggiornato, neanche nel sito della PCAS), a chi e perché pagare? E dove vanno a finire tutti questi proventi? E, al di là di tutti questi interrogativi, è ancora giusto che nel 2016 succeda tutto questo? E' giusto che la Chiesa batta cassa ovunque? Non sarebbe finalmente l'ora di rivedere questi benedetti Patti Lateranensi? Un cordiale saluto"
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