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SOS musei part time? Più custodi non bastano
Questo giornale (La Repubblica Bari) ha dato molto risalto alla chiusura di molti musei, castelli, luoghi della cultura nei giorni festivi. È una situazione paradossale, se messa a confronto con gli straordinari progressi verificatisi negli ultimi due anni in termini di incremento di visitatori. Risultati positivi si stanno avendo non solo sotto il profilo quantitativo, ma anche per i servizi, i rapporti con le comunità locali, i nuovi allestimenti (si pensi solo, per restare in Puglia, al MARTA di Taranto - che contava circa 25.000 visitatori nel 2013, di cui solo 6.500 paganti, e ora viaggia verso quota 100.000 - o all’area archeologica di Siponto, che ha richiamato migliaia di persone e un interesse internazionale, pur non avendo ancora un adeguato sistema di gestione).
Particolare scalpore ha fatto la notizia della chiusura del sito archeologico di Canne della Battaglia nel giorno di Ferragosto. La motivazione: mancanza di personale di custodia.
È un problema reale, non c’è dubbio. Come risolverlo? Le soluzioni possibili sono varie, a cominciare da accordi di valorizzazione tra Stato e Enti locali.
La soluzione più facile, quella preferita dai polemisti di professione? Assumere qualche migliaio di custodi. Con più personale i problemi sarebbero risolti: siti e musei aperti sempre, turni meno stressanti, rotazioni più facili, meno straordinari, ecc.
Vorrei essere chiaro, anche a rischio del ‘politicamente scorretto’. Sarebbe una pessima soluzione (oltre che difficilmente praticabile con gli attuali limiti di assunzione nella PA). Rimpiangiamo forse quelle belle assunzioni di un tempo? Quelle che ad esempio dotarono in un sol colpo l’anfiteatro di Capua di 130 custodi (oggi sono ancora oltre 50) grazie ad un solerte ministro (campano) dei beni culturali della prima Repubblica? Uno dei problemi del MiBACT è quello di essere diventato nel tempo un esercito di custodi (dati 2014: 7.761 custodi, 976 ausiliari, a fronte di 6.026 tecnici-scientifici e 3.927 amministrativi, su un totale di 18.875 unità).
L’originaria ambizione del ministero fondato da Spadolini quarant’anni fa era quella di essere un ministero ‘anomalo’, fortemente tecnico-scientifico. Così non è stato! Il concorso in atto porterà tra qualche mese 500 nuovi assunti, tra archeologi, architetti, storici dell’arte, ecc. E si spera che nella nuova legge di stabilità il numero possa essere incrementato, magari raddoppiato.
Ma la vera domanda è: è ancora attuale la figura tradizionale del custode, silente, solitario, muto, a volte impegnato in rumorose chiacchiere, nella lettura del giornale, nello smanettamento del cellulare? Non sono tutti così. Conosco personalmente tanti custodi bravissimi, gentilissimi, disponibilissimi, tra cui anche laureati e specializzati (ovviamente frustrati). Lavorano tanto, pur non guadagnando un euro in più rispetto ai nullafacenti. Basti pensare che le recenti norme per le progressioni stipendiali mettono sullo stesso piano corsi di aggiornamento di pochi giorni con pubblicazioni scientifiche o titoli di studio post lauream!
Oggi però servono figure professionali diverse, in grado di dare informazioni adeguate, di parlare un'altra lingua, di possedere ottime qualità relazionali: il personale nelle sale di un museo o in un’area archeologica svolge una funzione preziosa, è il primo e spesso unico contatto tra il visitatore e il monumento. Non sto parlando di volontariato (risorsa preziosa, integrativa e mai sostitutiva del lavoro), né solo di stage e tirocini. Potrebbe trattarsi invece di una forma di lavoro retribuito da svolgere nel corso della formazione. Ecco una soluzione: un accordo tra MiBACT e MIUR, con il sostegno delle Regioni, per forme di collaborazione nei servizi ai musei. Studenti, specializzandi, dottorandi, potrebbero alternare le lezioni in aula e lo studio in biblioteca al lavoro in laboratori, in museo, in biblioteca, in archivio. Bisognerebbe cioè dar vita ai cd. ‘policlinici dei beni culturali e del paesaggio’, di cui parlo da anni.
Ma non basta. Il punto debole riguarda la gestione. Ancora oggi si investono cifre significative in restauri o allestimenti museali, ma non si attribuisce nessuna attenzione alla gestione. Cosa succede il giorno dopo l’inaugurazione? Servono nuove formule, con il coinvolgimento di associazioni, fondazioni, piccole società, singoli professionisti, in modo da garantire servizi di qualità per i visitatori e opportunità di lavoro qualificato e garantito per i tanti bravi professionisti dei beni culturali. Lavoro vero, economia sana, sviluppo locale sostenibile. Pochi giorni fa il MiBACT ha pubblicato un bando per la gestione di 13 monumenti da affidare a onlus. Si prosegua su questa strada anche con piccole società professionali. Sono possibili soluzioni diverse, non esiste un'unica formula. Lo Stato non deve rinunciare ai doveri di tutela e valorizzazione. Tutt’altro. Ma svolga sempre più una funzione di indirizzo, coordinamento, monitoraggio, valutazione, sostenendo le tante energie presenti nel Paese. E impari a fare una cosa ancor più difficile: far fare. In Italia esistono già varie esperienze positive in questo campo. Ne parlo nel mio ultimo libro (Un patrimonio italiano. Beni culturali, paesaggio e cittadini, UTET 2016), raccontando tanti casi in tutta Italia, e anche in Puglia.
Pubblicato su La Repubblica Bari 23.11.2016
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