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Sanxingdui

Secondo giorno a Chengdu, i nostri colleghi ci portano a visitare un sito a 40 km dalla città e a 4 da Nanxing, dove si svolgono scoperte e scavi già dagli inizi del Novecento: Sanxingdui (Three-Star Piles, cioè il Tumulo delle Tre Stelle) e il suo bel museo.

Come sempre il museo, una costruzione monumentale (4.000 mq), è inserito in un bellissimo parco, molto verde, curatissimo.

Il sito si riferisce a un insediamento dell’antica Shu (Sichuan) e rappresenta un caposaldo per la comprensione della storia più antica del territorio. Three-Star Piles si riferisce a tre colline artificiali poste in un’area dell’insediamento dalla superficie di 12 km quadrati: si tratta in realtà di parte delle fortificazioni della città, che fu fondata nel 1600 a.C. circa. La città ha la forma di un trapezio, con il muro orientale lungo 2000 metri e quello occidentale 1600 metri, con una superficie complessiva di 3,6 km2. Elemento essenziale è il vicino fiume Jian (Jiān Hé)

Le scoperte sono cominciate nel 1929, quando un contadino scoprì un disco di giada. Dopo di allora furono recuperati oltre 400 dischi di giada di diverse dimensioni. Gli scavi sistematici iniziarono nel 1933 e proseguirono per oltre mezzo secolo. Gli scavi hanno dimostrato una frequentazione a partire dal tardo Neolitico (7.000-5.000 a.C.) e poi importanti presenze durante le dinastie Shang (XVI-XI secolo a.C.) e l’alto periodo Zhou (XI-711 a.C.). Numerose generazioni di archeologi hanno lavorato in questo sito, fin quando nel 1986 furono scoperti due pozzi sacri, contenenti oltre 1000 oggetti, tra cui maschere d’oro, figure e maschere di bronzo (in particolare quelle con gli occhi a mandorla sporgenti e grandi orecchie: caratteristica fisiognomica del primo capo poi divinizzato?), un grande Yuzhang, cioè un oggetto di ornamento di giada del capotribù, segno del potere). Non tutti gli oggetti rinvenuti sono chiaramente identificabili e spiegabili per le loro originarie funzioni: si tratta in ogni caso di una scoperta assolutamente eccezionale. Unico aspetto poco convincente è anche in questo caso l’ambientazione al buio, con luci fioche e dirette sugli oggetti, che pare una caratteristica delle scelte espositive dei vari musei.

Notevole anche la musealizzazione del sito archeologico, posto ad alcune centinaia di metri dal museo, con le colline sulle quali sono stati scoperti i pozzi sacri (anche se le coperture con strutture di vetro e acciaio indicano scelte espositive ormai superate), nei quali sono state collocate copie fedeli dei manufatti, esattamente come sono state rinvenute al momento dello scavo. Bella la passeggiata nel parco, lungo vialetti costeggiati da aiuole curatissime e prati verdi.

Non posso non segnalare anche i gruppi scultorei di bronzo collocati in un prato, con la raffigurazione di alcuni archeologi intenti nel lavoro di scavo e documentazione: un’altra dimostrazione dell’importanza qui attribuita al lavoro degli archeologi.

Notevole anche la musealizzazione di una porzione delle fortificazioni di terra che circondavano l’insediamento (larghezza alla base di 40m e al vertice di 20, altezza di 8-10 m): il muro di terra è stato scavato mediante una trincea che lo seziona, per cui è possibile leggere nelle due sezioni esposte la lettura stratigrafica effettuata dagli archeologi, con i vari strati di terra che hanno portato alla formazione dell’aggere: una soluzione che sarebbe stato bello poter effettuare anche nel caso delle fortificazioni ad aggere della Daunia!).

 


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