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Un’alleanza degli innovatori per il futuro della cultura
Un’alleanza degli innovatori per il futuro della cultura
Libro-manifesto. Sei domande al presidente del Consiglio superiore dei beni culturali «Dobbiamo occuparci dell’eredità con gli occhi dei cittadini, dei visitatori, dei turisti»
di STEFANO SCANSANILa chiama “alleanza degli innovatori” quella a cui punta il suo libro. Che è un manifesto per i beni culturali e il paesaggio. L’obiettivo dell’archeologo, docente universitario, presidente del Consiglio superiore dei beni culturali, Giuliano Volpe, è contrappuntato di ottimismo. Lo si capisce da una serie di cuori sovrapposti, che quasi palpitano in copertina, al posto di quello che ci si sarebbe aspettato: un’opera d’arte.
Volpe dà un taglio netto alle contrapposizioni antiquariali tra i “puristi” (i paladini della conservazione, della cultura alta e del privato) e i “funzionali” (i valorizzatori, i divulgatori), individuando nel coinvolgimento del cittadino e della cittadinanza il futuro, appunto, del patrimonio. Cosa che è proclamata e reclamata dalla nostra Costituzione.
Volpe sarà a Ferrara martedì per un dibattito sul sul libro. L’abbiamo intervistato.
. Conflitto tra tutela e valorizzazione, accademia e divulgazione, cultura e turismo, pubblico e privato. È possibile trovare una fruttuosa mediazione?
«Sì, io ne sono convinto. Il ministro Franceschini commentando la mia proposta di "alleanza degli innovatori" ha detto giustamente che basterebbe un'alleanza delle persone di buonsenso. Ecco, basterebbe il buonsenso per superare delle antinomie ormai fuori dal tempo e incomprensibili. L'antinomia fra tutela e valorizzazione è veramente il frutto ormai marcio di una visione elitaria e statica del patrimonio e dell'eredità culturale. Una visione che, ad esempio, non tiene conto della portata di una convenzione importante come quella di Faro del 2005 che attribuisce un valore dinamico all'eredità culturale, e attribuisce ai cittadini, alle popolazioni il compito di dare valore e significato alla cultura e un loro coinvolgimento pieno, in tutte le fasi: dalla conoscenza alla tutela e alla valorizzazione, fino ai risvolti socio-economici».
Questi risvolti sono essenziali, professore.
«Certo. Pensare che oggi ci sia ancora chi propone solo la tutela senza porsi il problema di dare valore e di prevedere una chance di sviluppo diverso, penso sia davvero il grande errore».
Immagino che il suo manifesto che ha innescato il libro, si sia acceso con una scintilla: la sua presidenza del Consiglio superiore dei beni culturali.
«La scintilla è scoccata nell'osservatorio che è appunto il Consiglio superiore dei beni culturali. Da lì si vede quanto di vecchio, di statico e ormai superato c'è nel ministero dei beni culturali, ma anche quante straordinarie energie ci sono nella struttura, ancora poco espresse. Da quell'osservatorio è possibile vedere le difficoltà presenti nelle periferie, nelle regioni, nei territori. Vedere, non solo da professore universitario, ma stando al ministero, l'assurda separazione fra due pezzi dello Stato che provengono dallo stesso ceppo, cioè il ministero dei beni culturali e il ministero dell'istruzione e dell'università. La separazione fra formazione, ricerca, tutela e valorizzazione è un errore».
Si potrebbe obiettare che la separazione è funzionale. La prima è operativa, la seconda formativa.
«No. È una separazione fra patrimonio e cittadini. Cioè tra quella che possiamo chiamare l'hardware, cioè i beni culturali e paesaggistici, e il software, cioè i cittadini con le loro esigenze, le loro sensibilità. Dovremmo migliorare il sistema operativo, che è il ministero».
Qual è il peggior nemico dell'invocata "alleanza degli innovatori"? La burocrazia, la politica o l'incultura?
«Purtroppo un mix. C'è certamente una resistenza della burocrazia che preferisce non cambiare mai, preferisce piccole rendite di posizione. C'è un eccesso di frammentazione. C'è un problema di insensibilità diffusa che è anche l'esito di una mancanza d'informazione, di educazione al patrimonio. Però c'è anche una eccessiva persistenza di una visione elitaria del patrimonio culturale e sembra dover riguardare appunto una piccola élite di studiosi e di persone colte e sensibili che si sentono accerchiate e vedono tutti gli altri sostanzialmente come dei nemici. Come un pericolo. Questa è la situazione che dobbiamo ribaltare, occupandoci di beni culturali innanzi tutto con gli occhi dei cittadini, degli utenti, dei visitatori, dei turisti. Questa rivoluzione copernicana con la riforma Franceschini è stata avviata. Ci sono ancora tantissimi problemi da affrontare. Però, finalmente, si è rimesso in moto il meccanismo che era inceppato».
La Nuova Ferrara
http://lanuovaferrara.gelocal.it/tempo-libero/2015/12/13/news/un-alleanza-degli-innovatori-per-il-futuro-della-cultura-1.12616887
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