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Benvenuti nell'Urbe

L’Area archeologica centrale di Roma (AACR) è distinta in due parti, sotto la tutela una dello Stato (Soprintendenza e Parco del Colosseo), l’altra di Roma Capitale (Sovrintendenza capitolina ai Beni culturali). Già questa è una bizzarra anomalia. Tentativi di degna sistemazione risalgono almeno all’Unità d’Italia – in realtà già prima, con il progetto napoleonico di Berthault (1771-1823) – con la legge Baccelli del 1887 e i vari Piani Regolatori del 1873, 1883 e 1909. L’assetto attuale è sostanzialmente frutto degli sventramenti di epoca fascista, con l’eliminazione del quartiere dei Pantani e della Velia e la nascita di Via dell’Impero, per collegare piazza Venezia al Colosseo, ideale per le sfilate e la retorica del regime.

Gli anni del silenzio e quelli della speranza. Nel dopoguerra – momento del boom economico e del sacco della città – la ribattezzata Via dei Fori Imperiali divenne una sorta di autostrada urbana con il Colosseo e l’Arco di Costantino quasi a fare da rotonde per il traffico. Dopo decenni di disinteresse e silenzio, il dibattito si riaccese tra gli anni Settanta e Ottanta – grazie a sindaci del livello di Argan, Petroselli e Vetere – anche a seguito del grido di allarme sul grave stato di degrado dei monumenti lanciato dall’allora soprintendente La Regina e all’attivo impegno di numerosi intellettuali, in particolare il combattivo Cederna. Ci fu una legge speciale per Roma promossa dal ministro Biasini, che consentì un’intensa opera di restauri e la nascita di grandi proposte di archeologia urbana. Da allora numerosi sono stati le commissioni di studio e i progetti (1981, 1985, 1991, 1995, 2004, 2005) con il coinvolgimento del meglio del mondo della cultura (basti ricordare, tra i tanti, Nicolini, Insolera, Aymonino, Benevolo, Scoppola, Gregotti, Carandini, La Rocca, Manieri Elia, La Regina, Fuksas, Panella), soprattutto per iniziativa dei sindaci Rutelli e Veltroni. In più fasi, a partire dal 1980, è poi giunto il riconoscimento Unesco, più volte messo a rischio dalla mancata soluzione dei problemi di conservazione e dai ritardi di un piano di gestione adeguato.

L’AACR non è una città morta. Nei decenni non sono mancati anche scontri accesi, incentrati prevalentemente su un tema divenuto quasi un’ossessione “ideologica”: l’eliminazione o conservazione o trasformazione di Via dei Fori Imperiali, con le questioni legate anche alla sua pedonalizzazione e/o carrabilità parziale o totale, riservata ai soli mezzi pubblici o estesa al traffico privato. Più recentemente, nel 2014, una qualificata commissione multidisciplinare Stato-Comune – istituita dal ministro Franceschini e dal sindaco Marino e presieduta da chi scrive – ha tentato di superare le posizioni contrapposte, proponendo una sintesi qualitativamente superiore, una visione olistica del patrimonio culturale, la riconciliazione dell’antico con il moderno, la sperimentazione di una reale capacità progettuale, la sistemazione dei monumenti per renderli finalmente comprensibili, e soprattutto il coinvolgimento attivo della cittadinanza. L’AACR, infatti, non è un parco archeologico, una città morta. Non è Pompei! E nemmeno l’Acropoli di Atene. Sarebbe un errore culturale e metodologico separarla dalla città. Essa semmai ne rappresenta il cuore, antico e moderno, nucleo di un sistema assai più complesso e articolato, spazio che deve restare vivo, capace di rendere esplicito il senso dei luoghi, per i residenti e non solo per i turisti (l’unico tentativo per rendere comprensibili monumenti, che quasi nessuno dei tanti che transitano per Via dei Fori Imperiali conosce e capisce, fu fatto proprio in quegli anni dal grande Piero Angela con videoproiezioni serali nel Foro di Cesare e in quello di Augusto). La citata commissione fornì anche una serie di proposte (quali il ripristino delle piazze dei fori con nuove pavimentazioni, in modo da percepire gli spazi, apprezzare i volumi e le forme degli edifici, da farne piazze della città del terzo millennio); soprattutto indicò un metodo. Non se ne fece nulla. Con la caduta delle giunta Marino, il lavoro fu accantonato dalla sindaca Raggi e saltò anche l’auspicata gestione congiunta Stato-Roma Capitale. Nel 2016 ci fu anche un concorso internazionale del Premio Piranesi, assegnato ex-aequo a tre progetti (Franciosini-Petrachi, Purini-Valle, Schwarz-Reichert), diversi tra loro, ma tutti di alto profilo.

Perché non riusciamo a volare alto? A fronte di questo secolare lavoro di analisi, riflessione, progettazione, di recente il sindaco Gualtieri – che aveva posto la sistemazione dell’AACR tra le sue priorità e che si è avvalso del lavoro (solitario) di W. Tocci – e il ministro Sangiuliano hanno annunciato un’intesa. Aspettiamo di conoscere meglio il progetto, ma dalle prime indiscrezioni sembra poco più di un topolino! Partorito peraltro senza un confronto culturale alto, ma solo per far fronte alla scadenza ravvicinata del nuovo Giubileo e spendere rapidamente le risorse del PNRR. Positivi il recupero e la fruizione della Torre dei Conti, il restauro della pavimentazione del Foro di Traiano e del muro di fondo del Foro di Augusto, il completamento degli scavi di via Alessandrina e del Templum Pacis. Ma è ben poca cosa rispetto a un progetto complessivo di sistemazione dell’intera area. Ciò che è stato annunciato con enfasi dal Ministro è che lo stradone – largo quasi quanto il Grande Raccordo Anulare – non si tocca ed è salva anche la sfilata delle forze armate del 2 giugno.

  1. -, Benvenuti nel cuore dell’Urbe. Ma chi ci capisce ... è bravo!, in Archeologia Viva, XLII, n. 222, novembre-docembre 2023, pp. 78-89.

 


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