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Calenella e un vecchio modo di fare sviluppo

Ho letto con grande interesse e partecipazione l’appassionato intervento del prof. Giuseppe Maratea sulle pagine de L’Attacco del 7 maggio scorso e sto seguendo con attenzione la battaglia che questo giornale sta conducendo, come spesso accade in quasi totale solitudine, per la difesa di uno dei luoghi simbolo del Gargano, certamente tra i più belli e (ancora) incontaminati del promontorio. In una regione che si è dotata di un Piano Paesaggistico Territoriale Regionale (peraltro non ancora definitivamente approvato a adottato) tra i più avanzati e innovativi d’Italia, pare una vera assurdità dover ancora affrontare una questione come quella di Calenella con categorie di analisi e di progetto che sembravano ormai definitivamente consegnate al passato, messe finalmente in soffitta. Ma evidentemente la cecità di certa politica e imprenditoria persiste, e si rivela ancora incapace di cogliere le straordinarie opportunità che una nuova visione del patrimonio culturale e paesaggistico può garantire per uno sviluppo del Gargano e della Capitanata.

Occupano ancora posti di responsabilità persone incolte, partiti senza idee e organizzazioni lobbistiche, tutti a difesa di un vecchio modo di intendere lo sviluppo, basato sulla cementificazione, sul consumo delle risorse, sulla distruzione dei beni comuni.

Non si comprende come sia invece necessario, in linea con la filosofia del nuovo PPTR, elaborare un progetto complesso e innovativo per una Capitanata e una Puglia diverse, con visioni di sviluppo sostenibile e compatibile con le peculiarità del territorio; è necessario bloccare il bulimico consumo di territorio e dedicarsi al recupero di immobili abbandonati, di centri storici degradati, di paesaggi stuprati e con gravi rischi idrogeologici.

Personalmente ritengo che sia un errore limitarsi a difendere un approccio esclusivamente estetico e pensare di poter proteggere solo alcune énclaves, isole di ‘bel paesaggio’ in un oceano di brutture e di cemento. Sono pienamente convinto che sia necessario superare un’idea esclusivamente difensivistica dei beni culturali e paesaggistici, fondata solo sui vincoli (che ovviamente sono necessari), che per quanto estesi non potranno mai superare i limiti di ‘riserve indiane’ separate dallo ‘sviluppo’. Considero, soprattutto, un errore gravissimo contrapporre patrimonio culturale-paesaggistico e sviluppo, perché la vera sfida consiste nel saper costruire nuove forme di sviluppo durevole e sostenibile grazie anche al patrimonio culturale e al paesaggio.

Calenella non è e non deve essere considerata una énclave: si tratta in realtà di una componente essenziale del patrimonio territoriale del Gargano, con le sue bellezze naturali, i suoi monumenti culturali, la sua storia, il suo paesaggio rurale. Si fa spesso confusione fra patrimonio (che equivale ad un valore di esistenza) e risorsa (che è un valore d’uso): un buon padre di famiglia conserva e cerca anzi di accrescere il patrimonio familiare da lasciare in eredità ai propri figli; è un pessimo padre di famiglia (e, fuor di metafora, un politico, un imprenditore, un semplice cittadino) chi usa e addirittura esaurisce le risorse. Ecco perché la frequente definizione di beni culturali e paesaggistici come ‘petrolio’ o ‘giacimento’ è non solo insopportabile ma profondamente sbagliata: i giacimenti prima o poi si esauriscono, e in questo territorio si continua a consumare, esaurire, sprecare risorse materiali, immateriali e umane!

Anche per questo è un grave errore accusare chi difende la qualità del paesaggio, la valorizzazione dei beni culturali e dei patrimoni territoriali, di essere un talebano, un illiberale, un vincolista, un fanatico che vuole affamare la Puglia e bloccarne lo ‘sviluppo’. Nulla di più sbagliato! Non pensiamo affatto (tranne piccole frange di sedicenti duri e puri, produttori compulsivi di appelli infarciti solo di ‘no’, che rischiano di essere oggettivamente i migliori alleati di chi il patrimonio vorrebbe depredarlo) di trasformare il territorio in un immenso museo, ma dovremmo saper favorire nuovi e più innovativi progetti di sviluppo del territorio. Si tratta, dunque, di obiettivi che anche gli ambienti più avveduti degli imprenditori, degli stessi costruttori, degli operatori turistici, dei professionisti dovrebbero condividere, ampliando lo sguardo alle realtà più evolute del mondo.

Anche per questo motivo a breve la Fondazione Apulia Felix, da me presieduta e costituita da alcuni imprenditori foggiani, proporrà una serie di occasioni di incontro e di approfondimento sui temi dello sviluppo locale, dedicando specifici appuntamenti ai beni culturali e al turismo. È mia intenzione, inoltre, portare il ‘caso Calenella’ all’attenzione anche del Consiglio Superiore per i beni culturali e paesaggistici e dello stesso ministro Dario Franceschini.

Mi auguro che non solo le associazioni culturali e ambientali, ma anche i settori più avveduti e avanzati delle professioni e dell’imprenditoria, quei pezzi silenti di società civile e, magari, anche quel che resta di partiti che non pensino solo alle carriere dei singoli e agli interessi di pochi, facciano sentire forte la propria voce, per evitare che prevalgano gli interessi particolari nello stravolgere la Piana di Calenella e l’intero Gargano, e, più in generale, la Capitanata.

È in atto un confronto tra diverse visioni, non solo politiche ed economiche ma anche culturali, tra chi cerca di difendere e valorizzare i beni comuni, i patrimoni culturali, i monumenti e siti archeologici, i paesaggi unici, l’agricoltura sana, lo sviluppo turistico di qualità, l’industria culturale, la ricerca e l’innovazione, e chi propone ancora retrive e disastrose politiche di un malinteso sviluppo basato solo su cementificazione, inquinamento, consumo di territorio, devastazione di paesaggi, degrado delle periferie, deturpamento delle coste, avvelenamento dell’agricoltura, a vantaggio di pochissimi e con gravi danni economici, sociali, sanitari e culturali della stragrande maggioranza dei cittadini, che certamente non intendono tornare ad un passato che solo pochissimi nostalgici rimpiangono. È questo un confronto che ha (o dovrebbe avere) una valenza non solo locale e regionale ma anche nazionale ed europea.


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