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"Così sarà la Scuola di Pompei"

"Così sarà la Scuola di Pompei"

L'INTERVISTA

ANTONIO FERRARA

Sarà una scuola di alta formazione, con una missione delicata: mettere in campo una nuova generazione di archeologi che si occupi non solo dello scavo, ma anche di fruizione dei monumenti, di restauro, di catalogazione, di comunicazione, di nuove tecnologie. 
Alla nuova Scuola archeologica Italia di Atene e Pompei presso il Palazzo reale di Quisisana stanno lavorando il soprintendente di Pompei, Ercolano e Stabia Massimo Osanna, la professoressa Maria Luisa Catoni dell'Imt di Lucca e Giuliano Volpe, presidente del Consiglio superiore dei beni culturali. Vi insegneranno i docenti della Saia, ci sarà un collegio di 10 docenti e una rete di professori da tutto il mondo. Sulla reggia di Quisisana sin da subito aveva puntato il soprintendente Osanna. Il palazzo ha impressionato Franceschini, in sopralluogo sabato. Anzi, era stato lo stesso ministro un paio di mesi fa a dire al soprintendente: «Massimo, ho trovato la sede per la scuola di Pompei. È la reggia di Quisisana a Castellammare di Stabia», suscitando la sorpresa di Osanna che, per altre vie, era giunto alla stessa indicazione. Nel frattempo, ieri sono partiti i lavori di riqualificazione della piazzetta antistante l'edificio e la chiesa della Maddalena, che prevedono la posa in opera di un basolato com'era in origine e una nuova illuminazione. 

«POMPEI ha il grande vantaggio di favorire l'isolamento. Si potrà fare un'esperienza con colleghi italiani e stranieri per 2 anni imparando a lavorare insieme». Giuliano Volpe è stato confermato due mesi fa presidente del Consiglio superiore dei beni culturali, organo consultivo del ministro. Archeologo, è stato rettore dell'università di Foggia.

Professore Volpe, da dove nasce l'idea della Scuola di Atene e Pompei?

«Dall'importanza che Pompei ha avuto nella formazione degli archeologi. Lo intuì Giuseppe Fiorelli già nel 1866. Vogliamo rifarci a quella tradizione che all'epoca non trovò molti consensi perché si riteneva che l'attività sul campo non fosse necessaria per formare gli archeologi. Fiorelli fu lungimirante».

La sede della Scuola sarà al Palazzo reale di Quisisana.

«Sì, posto bellissimo. Me ne ha parlato il soprintendente Massimo Osanna. Si valorizza così, in maniera intelligente, il patrimonio monumentale. D'altronde obiettivo del Grande progetto Pompei è quello di uscire dal sito e coinvolgere il territorio ».

Nel 2008 a Roma fu siglato un protocollo per la nascita della sede distaccata dell'Istituto per la conservazione e restauro a Castellammare. Come mettere insieme le cose?

«Si tratta di attrezzare le aule, i laboratori, di pensare alla foresteria per studenti e docenti. Io penso che l'alta formazione in archeologia debba riguardare anche attività di restauro come intervento preventivo in corso di scavo. A Quisisana nascerà una grande struttura che può vedere il coinvolgimento dell'Iscr e la formazione rientra nelle attività della nuova direzione generale Educazione e ricerca».

Come opererà la Scuola di Atene a Pompei?

«Col protocollo firmato dai ministri Franceschini e Giannini il 19 marzo i due ministeri, Istruzione e Beni culturali, tornano ad agire insieme, così come era 40 anni fa. Questo rende possibile far intervenire a Pompei la Saia, la Scuola archeologica italiana di Atene, l'unica nostra scuola all'estero che vive un momento difficile per i tagli subiti e opera tra grandi difficoltà».

Pompei in soccorso di Atene, dunque?

«L'idea è potenziare la Scuola di Atene agganciandola a Pompei in maniera che gli allievi possano formarsi in Grecia e Campania. Grazie alla presenza di Pompei, destinataria di importanti risorse, sarà possibile utilizzare fondi per sostenere un'istituzione prestigiosa come la Saia». 

Che scuola sorgerà a Quisisana?

«In Italia vi sono troppe scuole di specializzazione, 17 più la Saia. Spero ci sia un ripensamento del sistema formativo, servono meno sedi, ma di migliore qualità, dove soprintendenze e università si incrocino veramente. Ecco perché io parlo dei policlinici dei beni culturali, strutture miste università-soprintendenza nelle quali si lavori insieme. Così decine di giovani potrebbero operare sul campo facendo fronte alle difficoltà operative di tante soprintendenze. Il caso di Pompei è ideale per la sperimentazione del nuovo modello ».

Quanto costerà la Scuola di Atene e Pompei?

«Dipenderà da quanti allievi saranno ammessi e da quante borse di studio riusciremo a offrire. Serve una selezione rigorosa, ma gli allievi, 10-15 all'anno, devono poter contare su una borsa da mille euro al mese. Ci sono i 30 milioni dell'accordo Miur-Mibact, i progetti europei. Per fare una scuola di eccellenza bisogna richiamare i migliori, con borse da 30 mila euro per il biennio. Chi studia alla Scuola di Atene e Pompei non deve avere l'angoscia di come mantenersi, né può essere solo il figlio di famiglie benestanti. Potrebbe servire un milione all'anno. Conto anche sugli sponsor privati».

Come giudica le attività del Grande progetto Pompei?

«È stato fatto un salto di qualità impressionante, nonostante gli imperdonabili ritardi iniziali, ora l'impostazione è corretta. Il nuovo corso a Pompei darà risultati col tempo. E poi c'è l'esperienza di Ercolano con la fondazione Packard che rappresenta un approccio di qualità».

E in Campania, qual è la situazione?

«Ci sono resistenze interne ed esterne, come in tutta Italia, ma c'è volontà di cambiamento e il ministro Franceschini le rappresenta bene. Il primo giugno ci saranno i nuovi direttori al Museo archeologico di Napoli, a Capodimonte, alla Reggia di Caserta e a Paestum».


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