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Elezioni e nuove povertà

È stato reso noto il XV rapporto Almalaurea sulla situazione occupazionale dei laureati, i cui risultati sono stati presentati all’Università Ca’ Foscari di Venezia martedì 12 marzo 2013 al convegno “Investire nei giovani: se non ora quando?”, con le  conclusioni affidate al Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco.

Come ha sottolineato il Presidente di Almalaurea, Andrea Cammelli, il peso maggiore della crisi ricade sulle fasce più deboli della popolazione, in particolare sui giovani. La disoccupazione giovanile a gennaio 2013 ha registrato un ulteriore incremento, che fa seguito alla crescita della disoccupazione negli ultimi due anni, in Europa e in Italia, a causa delle politiche di Austerity, diversamente dalla media dei paesi OCSE e dagli Stati Uniti, dove si è maggiormente investito sulla crescita. La situazione è stata resa in Italia ancor più grave dalle misure sull’innalzamento dell’età delle pensioni, che, com’era facilmente prevedibile, hanno ristretto ancor di più gli spazi per i giovani. La condizione giovanile è ancor più drammatica al Sud. I giovani italiani, in particolare i meridionali, compresi i laureati, hanno, infatti, molte più difficoltà che altrove nell’ingresso nel mercato del lavoro, anche se la tanto disprezzata laurea (è drammatico il dato della riduzione dei nuovi immatricolati e dei laureati a livello nazionale) continua a rappresentare un elemento favorevole, come dimostra il 12% di maggiore occupabilità dei laureati rispetto ai diplomati. È questo un elemento che, insieme a molti altri, dovrebbe indurre il nostro paese, ed anche le famiglie, ad investire nella formazione universitaria, mentre invece l’Italia occupa ancora tristemente gli ultimi posti per il numero di laureati, e siamo molto lontani dall’obiettivo assunto con la Commissione Europea di portare al 40% il numero dei laureati rispetto alla popolazione di età compresa tra 30 i 34 anni entro il 2020 (oggi siamo ad un misero 20% e nella migliore delle previsioni raggiungeremo il 26-27% nel 2020): condividiamo questo ‘primato, insieme alla Romania.

Anche un’occhiata ai dati relativi all’Università di Foggia, nel contesto meridionale, offre la possibilità di proporre alcune considerazioni interessanti. Bisogna partire dal constatare che la situazione occupazionale del Mezzogiorno è molto più difficile anche per i laureati: a cinque anni dalla laurea al Nord trova lavoro l’89% dei laureati quinquennali, contro l’80% del Sud. In particolare il tasso di disoccupazione della popolazione tra 18 e 29 anni nella provincia di Foggia è peggiore anche in relazione al resto della Puglia: il 38% rispetto al 32%.

I nostri neolaureati triennali trovano lavoro nel 35,6% dei casi, a fronte di una media nazionale del 44%. Trova un lavoro stabile, a un anno dalla laurea, solo il 33,7% dei laureati triennali occupati (la media nazionale è del 34%), mentre ben il 65,6% non ha un lavoro stabile. Anche la retribuzione (in media di 866 euro) è più bassa rispetto alla media nazionale di 1.040 euro. Stessa situazione per i laureati quinquennali, che ad un anno dalla conclusione degli studi, sono occupati nel 52% dei casi, a fronte di una media nazionale del 59%. Il 40% dei laureati quinquennali specialistici foggiani cerca lavoro, contro il 29% del totale in Italia. Unico dato positivo riguarda il numero dei giovani foggiani con un lavoro stabile ad un anno dalla laurea quinquennale, il 39% rispetto alla media nazionale del 34%.

Pur in questo contesto preoccupante, appare evidente come la presenza dell’Università di Foggia abbia svolto e svolga una funzione decisiva per contrastare il rischio di declino di questo territorio.

I dati, che meritoriamente Almalaurea mette a nostra disposizione annualmente, sono tali da sottolineare il vero grande problema del nostro Paese: la devastazione di intere generazioni giovanili, in particolare al Sud, costrette alla precarietà, alla disoccupazione, all’emigrazione. Insieme al fenomeno del calo delle nascite, questa situazione, se non si porranno urgenti e seri rimedi, provocherà un vero tsunami demografico e sociale nel giro dei prossimi decenni, che condannerà definitivamente il Sud.

Eppure per sconfiggere la crisi e per rinnovare il Paese e il Sud noi avremmo bisogno dei giovani più di quanto loro stessi abbiano bisogno di noi. Di giovani ben formati, con solide competenze culturali e professionali, con orizzonti aperti al mondo intero. Ma per dare sostanza a questa scelta bisognerebbe investire massicciamente in formazione, in ricerca, in innovazione, e bisognerebbe, soprattutto, garantire peso e spazio reali ai giovani, bisognerebbe considerare la conoscenza (non le ‘conoscenze’) e la competenza quali elementi irrinunciabili tanto nella selezione quanto nella valorizzazione delle persone. Le scelte del nostro Paese sembrano andare pericolosamente in direzioni diametralmente opposte.

La disoccupazione, le nuove povertà, la precarietà come sistema esistenziale spiegano molto meglio di tante analisi politologiche i recenti risultati elettorali, che, al di là dei gravi rischi che comportano in termini di tenuta del Paese, indicano anche una forte e ineludibile necessità di cambiamento, di novità, di inversione di rotta. Il successo, anche in Puglia e a Foggia, del M5S, movimento nel quale pure sono presenti componenti diversissime e a volte anche ambigue e tra loro opposte, insieme al dato crescente dell’astensionismo e ad altre forme di voto di protesta, sottolinea con forza questa esigenza, alimentata dal disgusto per una classe dirigente in larga parte incapace e corrotta, dalla stanchezza per l’inutile attesa di cambiamenti che non arrivano mai, dalla disperazione per la mancanza di futuro, dalla richiesta di un nuovo protagonismo, di moralità, di diritti civili, di un nuovo ambientalismo, di un nuovo spirito comunitario contro l’individualismo proprietario ed egoistico finora prevalente. Non condivido affatto, e trovo anzi preoccupante, la logica del ‘tutti a casa’, che non distingue chi ha lucrato nella politica e nelle istituzioni, curando esclusivamente i propri interessi, da chi tra mille difficoltà ha operato con onestà, impegno e competenza, curando gli interessi collettivi, sono anche preoccupato per la diffusione di una sorta di ‘rancore’ sociale che si esprime contro tutto e contro tutti, senza la necessaria capacità di distinzione, ma sarebbe un errore gravissimo, suicida, non cogliere la richiesta di un forte cambiamento, che invece pare ancora una volta gravemente disattesa, come dimostra – bisogna avere l’onestà intellettuale di ammetterlo - anche la composizione vecchia e vecchissima della ‘nuova’ rappresentanza parlamentare di Capitanata, tanto a destra quanto a sinistra, o la persistenza miope di certi politicismi e di certe pratiche ancora in voga in questi giorni.

Articolo pubblicato in L'Attacco, 14.3.2013, pp. 1, 22.
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