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Facciamo Storia per favore! Un "manifesto" per ripartire
È già trascorso un anno dalla scomparsa di Raffaele Licinio, ultimo esponente di rilievo della gloriosa scuola storica medievistica barese, ormai in profonda crisi. Per la verità, tutto l’insegnamento storico se la passa assai male nelle Università italiane e anche nelle scuole (non a caso è stato eliminato anche dalla prova di maturità il tema di storia).
Per riflettere sullo stato della ricerca storica, sul suo insegnamento, sulla comunicazione e divulgazione e più in generale sul ruolo dello storico nella società contemporanea si tiene a Barletta un importante convegno, per iniziativa di alcuni allievi di Licinio, in particolare Francesco Violante e Victor Rivera Magos, attivi nell’ Associazione del Centro Studi Normanno-Svevi, una realtà da lui fortemente voluta per operare anche al di là del ristretto ambito accademico. Il convegno cerca di proporre alcune possibili risposte a domande fondamentali, in un Paese nel quale grandi storici hanno svolto anche importanti cariche politiche e di governo nazionale (si pensi solo a Giuseppe Galasso, sottosegretario ai beni culturali e autore di importanti leggi sul paesaggio) o locale (per esempio Renato Zangheri, indimenticabile sindaco di Bologna), hanno guidato importanti istituzioni culturali (come Franco Cardini nel CdA della Rai), case editrici, giornali (quasi scontato il riferimento a Paolo Mieli), oltre ovviamente alle Università (si pensi solo a Cosimo Damiano Fonseca, fondatore e primo rettore dell’Università della Basilicata).
Cosa resta di tutto questo? Nel terzo Millennio servono ancora i Maestri? Si chiede Gabriella Piccinni. E servono ancora gli intellettuali? Le fa eco Grado Giovanni Merlo. E ancora, si chiede Saverio Russo: è possibile oggi un impegno politico militante? Come insegnare la storia nelle scuole (Antonio Brusa), come divulgarla (Alessandro Vanoli), come utilizzare efficacemente i nuovi media, i social network (Enrica Salvatori), gli innovativi strumenti multimediali (Riccardo Facchini) e, al tempo stesso, contrastare i tanti stereotipi e miti (Fulvio Delle Donne)? A due archeologi è stato affidato il compito di parlare di materialità della storia. Marco Valenti illustra esempi di ‘ricostruzione’ e ‘rievocazione’ storica, a partire dal caso dell’Archeodromo di Poggibonsi, dove si sta ricostruendo una porzione di un villaggio altomedievale che propone ai visitatori, sulla base di un rigoroso lavoro di indagine storico-archeologica, la conoscenza delle forme di vita, del lavoro, dell’alimentazione, dei riti funebri in un abitato del IX-X secolo, altrimenti difficile da raccontare ai non specialisti. Chi scrive affronta, più in generale, il tema della comunicazione mei musei e nei siti archeologici. Biagio Salvemini, infine, tenta di tratteggiare i caratteri del mestiere di storico oggi.
Sono questi temi cari a Raffaele Licinio, che alla sua ininterrotta attività di ricerca e di didattica ha sempre affiancato l’impegno politico attivo (fu anche segretario di una sezione del PCI) e il dibattito, non solo nei tradizionali luoghi del confronto e della comunicazione, ma anche, specie negli ultimi anni, su Facebook e in generale sulla rete. Memorabili sono state le sue iniziative fondate su una profonda conoscenza delle fonti storiche e anche cariche di ironia, per contrastare i tanti luoghi comuni su Castel del Monte e su Federico II e in generale sul Medioevo.
Il convegno barlettano, sulla base della lezione di Licinio, cerca, in sostanza, di guardare fuori dalle finestre dello studio dello storico, pensando alla storia non come la proprietà di una piccola corporazione di specialisti ma come il legittimo patrimonio di milioni di persone. Non si tratta cioè di difendere una piccola corporazione, ma affrontare le sfide della comprensione di fenomeni complessi, della libertà di pensiero critico; in poche parole, della democrazia oggi.
Per un impegno di tale entità, servirebbe cioè un nuovo ‘manifesto’ per gli storici. In una fase dominata dal ‘presentismo’, dallo short-terminism e dalla sempre maggiore difficoltà nell’elaborazione di analisi e progetti di lungo periodo, la crisi delle discipline storiche potrebbe apparire inevitabile, se non si ricorre rapidamente ai ripari. Come hanno sottolineato due storici anglosassoni, D. Armitahe e J. Guldi «abbiamo urgente bisogno di quello sguardo che spazia ampiamente e a lungo termine che solo gli storici possono offrire», favorendo «nuove narrazioni capaci di essere lette, capite e fatte proprie da un pubblico di non esperti, una particolare attenzione alla visualizzazione e agli strumenti informatici, una fusione fra grande e piccolo, fra “micro” e “macro”».
C’è oggi un gran bisogno di storia. Per questo, forse il convegno di Barletta dovrebbe rilanciare, nel ricordo di Raffaele Licinio, l’appello proposto da Armitahe e Guldi: «Storici di tutti i paesi unitevi! C’è un mondo da conquistare – prima che sia troppo tardi».
Pubblicato in La Gazzetta del Mezzogiuorno 2.2.2019, pp. 16-17
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