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Per conservare la memoria sociale

Un bel film visto di recente, Still Alice, commovente e anche un po’ angosciante, con una straordinaria Julianne Moore, racconta il rapido processo degenerativo di una donna, Alice Howland, intellettuale raffinata, affermata docente di linguistica alla Columbia University di New York, a causa di una forma rara e precoce di morbo di Alzheimer. Oltre alla tragica malattia che distrugge lentamente le persone, come ognuno di noi sa bene per esperienza personale relativa a parenti o amici, il film mi ha fatto riflettere sul rapido processo degenerativo che potrebbe riguardare il nostro Paese e in generale l’Europa, con gli stessi effetti: difficoltà nel linguaggio e perdita della memoria. Il nostro Paese ha rischiato e continua a rischiare di ammalarsi di una forma di Alzheimer collettivo, una malattia sociale basata sulla perdita di memoria, di identità, di dignità.  E come per Alice, la cui intelligenza e cultura peggiora e accelera il suo disfacimento, come le dice il suo neurologo, un analogo paradosso pare riguardare il nostro Paese. Allo stesso modo, la sua coraggiosa lotta per controllare se stessa e salvare la sua dignità ricorda gli sforzi di tanti per bloccare il processo degenerativo e invertire la rotta. Una soluzione definitiva per curare l’Alzheimer non c’è ancora e anche Alice in una conferenza incita a non rassegnarsi e a intensificare gli sforzi della ricerca. Una cura per curare “l’Alzheimer” sociale italiano e europeo ci sarebbe: investire in cultura e formazione, curare e valorizzare il patrimonio culturale e il paesaggio, rigenerare le città, i centri storici e le periferie, abbandonare una visione elitaria della cultura, fare della cultura un elemento di sviluppo, di lavoro e di miglioramento delle condizioni di vita, conquistare sempre più persone alla riscoperta e alla salvaguardia della memoria sociale. 


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