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Perfect days
Visto Perfect days di Wim Wenders. L'ho trovato molto bello, poetico, una grande prova di cinema d'autore, anche se so che ad alcuni non è piaciuto per la sua insistita (e voluta) lentezza e ripetitività nella sequenza delle giornate del protagonista, Hirayama, sessantenne giapponese, solo, solitario e taciturno, che, pur venendo da una famiglia molto benestante (cone si desume dall'incontro con la sorella), come lavoro pulisce i bagni pubblici di Tokio. E lo fa con rigore, attenzione, meticolosa cura (usa uno specchietto per controllare le parti nascoste non visibili delle toilette) e dedizione. Comincia la giornata all'alba, uscendo di casa alza lo sguardi e sorride, prende un caffè in lattina al distributore e nel tragitto con il suo furgoncino ascolta musica meravigliosa, solo con musicassette. Tutta la sua vita è analogica: scatta foto con una vecchia Olimpus, con un rullino e pellicola, scegliendo accuratamente l'inquadratura, preferibilmente alberi (ma anche persone nel caso di sua nipote Niko a lui molto legata). Incontra poche persone, si lava in un bagno pubblico, la domenica lava tuta e abiti in lavanderia a gettoni, frequenta sempre lo stesso bar e lo stesso pub. Ma la sera legge sempre un libro. Ne compra uno alla settimana, tra quelli economici, e lo divora. Così, come amava dire Umberto Eco (se non leggi avrai solo la tua vita, se leggi avrai cento vite diverse), Hirayama ha cento vite oltre la sua apparentemente monotona e ripetitiva. La notte il sonno è accompagnato da sogni in bianco e nero, dominati da fronde di alberi, ombre. è un elogio dell'essenzialità: Hirayama ha pochissime cose, essenziali per lui, libri, cassette musicali, una piccola casa, un materasso per dormire e un lume per leggere, una bicicletta per girare quando non lavora. Niente spartphone, niente spotify, niente social. Come dice alla nipote, "ognuno ha il suo mondo" e "adesso è adesso, un'altra volta è un'altra volta", invitandola al tempo stesso a scegliere il suo mondo e a godere del momento presente. Anche nel dialogo con uno sconosciuto, che gli confessa di avere un cancro e i giorni contati, lo spinge a una sorta di gioco nel calpestare le ombre.
Grande fotografia, cura dei dettagli, una colonna sonora con musica eccellente, da Lou Reed e i Velvet Underground a Patti Smith, da The Animals a Van Morrison, da Otis Redding a Nina Simone. Un film che ci riporta agli anni migliori di Wenders.
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