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Scompare Sibari! Scompare il patrimonio culturale italiano

“Quando sono crollati i muri della domus dei Gladiatori il mondo intero ha gridato allo scandalo. Quel crollo ha assunto un significato paradigmatico della situazione di sfascio del sistema della tutela e valorizzazione del patrimonio culturale italiano. Ma quel crollo non è l’unico dramma, purtroppo. Quotidianamente siti archeologici, monumenti, chiese, palazzi storici, ma anche musei, gallerie, archivi perdono pezzi, vanno alla malora, tra il disinteresse generale e la disperazione e l’impotenza dei pochi addetti alla tutela e di poche associazioni di volontariato.
Ultimo in ordine di tempo il grido d’allarme lanciato da alcuni archeologi, colleghi calabresi, in relazione al sito archeologico della colonia greca di Sibari, uno dei più importanti siti archeologici della Magna Grecia.
Sibari è scomparsa sotto milioni di metri cubi di acqua e di fango a causa di un cedimento, le cui cause devono essere ancora accertate, degli argini del fiume Crati. Le idrovore stanno ancora pompando fuori dallo scavo di Parco del Cavallo l’acqua, ma il problema più grave sarà l’enorme quantità di fango che rimarrà sulle strutture e sugli strati antichi e che dovrà essere rimossa immediatamente, prima che abbia il tempo di solidificarsi e rendere tutte le operazioni di verifica dei danni, scavo, pulizia e restauro molto difficili o, addirittura, impossibili.
I sottoscrittori dell’appello, tra cui l’autore di questo articolo, chiedono al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio, al Ministro della Beni Culturali e a tutti gli Enti competenti di intervenire senza indugio per salvare le strutture antiche di un sito che è uno dei patrimoni culturali più importanti della Calabria, dell’Italia e di tutta l’umanità. Chiedono anche che vengano destinati fondi e mezzi straordinari per la ripulitura, la messa in sicurezza ed il ripristino dello scavo archeologico.
Ancora un disastro! E ancora un’emergenza!
La situazione non è meno drammatica in altre parti d’Italia, come anche in Puglia e in Daunia, uno dei territori più ricchi di testimonianze culturali.
I fondi destinati ai beni culturali sono risibili, il Ministero e le Soprintendenze vivono in uno stato di agonia, il personale è privo di mezzi, invecchiato e demotivato, le immissioni di giovani, portatori di nuove competenze e di entusiasmo si contano sulle dita della mano, numerosi sono i casi di direttori regionali e soprintendenti costretti a gestire più regioni per mancanza di dirigenti. Come componente del Consiglio Superiore per i Beni Culturali e Paesaggistici ho potuto verificare ancor più direttamente lo stato di frustrazione e di crisi. Poche decine di milioni di euro suddivisi tra tutte le soprintendenze, i musei, le biblioteche, gli archivi italiani e nessuna possibilità di reale programmazione.
Il primo elemento caratterizzante l’impegno di SeL consiste nel considerare la cultura, insieme alla formazione e alla ricerca, prioritari e strategici nel programma elettorale e in quello di governo, come ha dimostrato la Puglia di Nichi Vendola in questi anni, diversamente da chi ne parla solo retoricamente in periodo elettorale per poi dimenticarsi della cultura il giorno dopo. L’avvio della campagna elettorale di Vendola a Pompei ed Ercolano non è stato un espediente mediatiaco ma la sottolineatura di un impegno convinto.
Gli ultimi cinque anni sono stati forse i peggiori per il patrimonio culturale italiano, con ministri incapaci e disinteressati, con fondi sempre più scarsi, con un ministero orami in stato di destruttirazione. Bisognerà rilanciare l’intero settore, con finanziamenti adeguati e con una revisione di una struttura organizzativa ormai iperburocratica, che torni ad essere essenzialmente di tipo tecnico-scientifico e con un sostegno concreto all’industria creativa.
Si ripete spesso che il patrimonio culturale sia anche una risorsa economica. È vero, è innegabile. Questa affermazione è però insufficiente e impropria, se contrapposta al valore della cultura in sé, cioè ad un valore immateriale, in mancanza del quale tutto perde valore. La valorizzazione del patrimonio culturale, infatti, può e deve certamente contribuire ad accrescere anche il livello economico di una comunità, ma le ricadute che un museo, un parco archeologico, un archivio o una biblioteca possono avere sono diverse e ben più ‘remunerative’ rispetto ad una malintesa visione mercantilistica del bene culturale, come hanno compreso anche i più attenti economisti della cultura. Bisognerebbe, al contrario, valutare ed anche quantificare i vantaggi in termini di miglioramento del benessere e della qualità della vita, intesa come crescita culturale e civile, come affermazione di una matura ‘coscienza di luogo’, come stimolo alla conoscenza della propria storia, come consolidamento dell’identità culturale della comunità locale, come apertura verso orizzonti culturali altri. Abbandonando la bieca retorica della cultura e del patrimonio culturale sempre sbandierato nei media e nei discorsi di certa politica, è necessario affermare a livello sociale la convinzione che l’investimento in cultura è una delle ancore di salvezza per il nostro Paese, altrimenti destinato ad una triste inesorabile retrocessione senza futuro.”

Giuliano Volpe
Candidato al Senato in Puglia con SeL

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