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Suasa: da campo scuola a parco archeologico motore di sviluppo

Conoscevo Suasa da una serie di pubblicazioni. Ma non ci ero mai stato. Suasa uno scavo ‘storico’ dell’Università di Bologna, legato al nome di colleghi come Pier Luigi Dall’Aglio, Sandro De Maria e Luisa Mazzeo e alla scuola di Nereo Alfieri. Intere generazioni di studenti dell’ateneo bolognese (non meno di un migliaio dal 1988 a oggi) si sono formati in questo cantiere: alcuni sono diventati docenti, altri funzionari della Soprintendenza, altri ancora professionisti, molti hanno preso altre strade, ma certamente ricorderanno tra le esperienze più formative della loro vita i giorni, le settimane, i mesi trascorsi a Suasa. Più di recente ad occuparsi delle ricerche sul sito e nell’intero territorio circonstante sono due colleghi più giovani come Giuseppe Lepore e Enrico Giorgi. Sono loro, in occasione di un nostro incontro a Durazzo ad un seminario in ricordo della cara amica Sara Santoro, a parlarmi di Suasa, dei suoi problemi e dei tentativi di una gestione innovativa, invitandomi alla cerimonia di riapertura del parco, dopo anni difficili che ne hanno provocato la chiusura, a seguito di alcuni drammatici episodi: prima l’eccezionale nevicata del 2012 che aveva provocato il crollo di parte della copertura, poi la disastrosa alluvione di Senigallia del maggio 2014 che aveva portato acqua e fango a ricoprire i mosaici della grande domus romana dei Coiedii. Mi raccontano una vicenda di reazione da parte delle amministrazioni comunali, dell’associazionismo e di semplici cittadini che rappresenta un bello, entusiasmante, confortante esempio di attaccamento al patrimonio culturale e di partecipazione ‘dal basso’. In quei mesi era stata lanciata dal FAI la campagna ‘Luoghi del cuore’: mancava meno di un mese alla chiusura delle votazioni e si mise in moto una vera e propria macchina di volontari, associazioni, amministratori, scuole che portò a raccogliere in poco tempo oltre 4.000 voti. Così Suasa è stato il primo sito archeologico in assoluto a conquistare i vertici dei Luoghi del Cuore e a ottenere un finanziamento, che ha consentito di riscoprire, ripulire e restaurare i mosaici. La mia curiosità cresce enormemente e accetto di partecipare alla cerimonia prevista per il 30 giugno.

Il Parco Archeologico Regionale di Suasa (Pian Volpello, Castelleone di Suasa) presenta un grande interesse ed è inserito in un contesto paesaggistico di grande qualità. Quando arrivo resto ammirato dalla bellezza del paesaggio che osservo percorrendo una strada sulla cresta di una collina tra due splendide vallate. Suasa è solo uno dei nodi della rete delle ‘Antiche Terre Suasane’, insieme al Museo Archeologico degli Scavi di Suasa a Castelleone di Suasa, al Museo del Territorio di Suasa a San Lorenzo in Campo e all’Area Archeologica e all’Antiquarium di Santa Maria in Portuno a Corinaldo: una vera rete territoriale gestita dal Consorzio Città Romana di Suasa, un ente pubblico composto dai Comuni di Castelleone di Suasa, Corinaldo e San Lorenzo in Campo (inizialmente il consorzio comprendeva anche altri Comuni e la Provincia di Ancona), grazie a una convenzione stipulata con il MiBACT. Il sito è posto in terreni di proprietà pubblica (in parte demaniali, come ad esempio l’area del Foro e dell’Anfiteatro, in parte del Consorzio, come ad esempio l’area della Domus dei Coiedii).

La gestione è un vero esempio di collaborazione inter-istituzionale. La dimostrazione che è possibile mettere insieme Ministero, Comuni, Università, con un evidente vantaggio per tutti, e soprattutto per il patrimonio culturale. Istituito sulla base di un’innovativa legge regionale, il Parco, nato grazie ai trentennali scavi condotti in regime di concessione dall’Università di Bologna fin dal 1988, è strettamente legato all’azione del Consorzio e alla stretta collaborazione con MIBACT e Università di Bologna. Grazie a finanziamenti regionali ed europei, il Consorzio ha curato i restauri dei vari monumenti, ha approntato percorsi e apparti didattici, ha realizzato le coperture (per la verità alquanto invasive). Tutte le spese di manutenzione ordinaria sono sostenute dal Consorzio grazie alle quote messe a disposizione annualmente dai Comuni e dai proventi dei biglietti, oltre che da vari progetti finalizzati e anche da sponsorizzazioni private. Un esempio di questo modo di operare: lo sfalcio dell’erba nell’intera area è affidato ad una ditta locale, ma le rifiniture all’interno dell’area archeologica sono curate da personale specializzato del Consorzio stesso, grazie a mezzi recentemente acquisiti utilizzando contributi privati ottenuti mediante l’Art Bonus. La manutenzione programmata delle strutture archeologiche sono seguite da un archeologo-restauratore dipendente del Consorzio.

Attualmente il Consorzio, il cui CdA è composto da un rappresentante per ogni Comune (a titolo gratuito; i Sindaci formano invece l’Assemblea dei soci), è presieduto da un archeologo (Enrico Giorgi) e ha un solo collaboratore ‘storico’, con competenze nel campo del restauro e nella manutenzione, che coordina anche le attività didattiche. Il resto del personale tecnico-amministrativo è messo a disposizione dall’Unione dei Comuni di Castelleone e Corinaldo (le ore di lavoro destinate al Consorzio sono pagate dal Consorzio stesso). Inoltre attraverso un ‘bando’ (precisamente una dimostrazione di interesse) è stata istituita una commissione tecnico-scientifica che ha stilato un elenco di giovani idonei per i servizi di apertura e di accompagnamento nell’area archeologica e nei musei e per la didattica per le scuole. In questo modo si è venuto a creare intorno al Consorzio un attivo gruppo di giovani, contrattualizzati e pagati in base alle attività svolte. Le risorse, oltre che dalle quote dei soci e dai vari progetti, derivano anche dai biglietti (5 euro per il Parco, 3 euro per il Museo degli Scavi di Suasa e del Territorio di San Lorenzo; sono previste varie formule di riduzione, ad es. 2 euro per scuole e gruppi). L’ Area archeologia e l’Antiquarium di Santa Maria in Portuno sono, invece, a ingresso libero.

Oltre alla gestione del Parco, dei Musei e delle Aree archeologiche il Consorzio cura un calendario di attività previste nelle varie sedi prevalentemente nei mesi primaverili ed estivi: cicli di conferenze, spettacoli teatrali, concerti, premi letterari, eventi vari. Tra questi si segnala la ‘Cena romana’, realizzata in costume, allestita presso il Parco Archeologico, che prevede la visita guidata al sito e un’introduzione storica alle varie portate da parte degli archeologi, con letture di racconti di ambientazione storica selezionati nell’ambito di un premio letterario rivolto alle scuole superiori della regione.

I risultati in termini di presenza sono positivi, anche se ancora largamente suscettibili di miglioramento. Nel 2016 i visitatori sono stati circa 3.600 con un enorme incremento rispetto agli anni precedenti: del resto fino al 2015 il parco è stato in gran parte chiuso (solo il Foro era visitabile) a causa delle sfortunate vicende climatiche già ricordate. Dal 2017 il Parco ha finalmente riaperto al pubblico tutte le sue strutture, per cui si prevede un sensibile incremento dei visitatori. Inoltre il Museo di Suasa dispone anche di una Biblioteca ed è in realtà un centro culturale molto frequentato dalla comunità locale.

Nel corso degli anni, nonostante le tante avversità e la riduzione dei Comuni aderenti al Consorzio, il Parco di Suasa ha conquistato il cuore delle popolazioni locali: lo dimostra l’indubbio successo ottenuto con la rimozione nel 2011 (grazie a un progetto ARCUS) della strada moderna che divideva in due l’area archeologica: un indubbio disagio accettato però da amministrazioni e cittadini. Si spiega così la presenza di duemila persone il giorno della riapertura nel luglio 2015. Si spiegano così anche le varie sponsorizzazioni da parte di Banche o di privati per i restauri, che si sono aggiunti ai fondi regionali, ministeriali ed europei. Un altro indubbio risultato di Suasa è legato all’azione dell’Università di Bologna, motore culturale di tutta l’operazione, che tiene da anni a Suasa uno dei suoi principali e più fortunati cantieri didattici.

Non mancano ovviamente le difficoltà. Come mi spiega il presidente del Consorzio Enrico Giorgi

«le difficoltà maggiori sono quello di carattere amministrativo. La configurazione pubblica comporta complicazioni burocratiche e costi in termini di tempi e difficoltà di gestione. Il fatto che si tratti di una rete di beni archeologici ‘minori’ sparsi sul territorio rappresenta certamente una risorsa culturale ma non consente l’autosufficienza, senza investimenti a fondo perduto, frutto di precise scelte di politica culturale. Suasa, come molti altri luoghi simili, difficilmente potrà vivere e crescere con i soli proventi dei biglietti, ma ha bisogno di una visione politica più ampia che consideri i benefici culturali e economici che investono il territorio e quell’indotto che deriva dalle opportunità per i giovani e per alcune attività locali. Altra difficoltà, di tipo culturale, è rappresentata da un certo campanilismo, che a volte impedisce una visione d’insieme in nome di una politica del territorio più ampia e priva di steccati e di egoismi». È per questo che io stesso ho suggerito di trasformare il Consorzio in una Fondazione, in modo da poter avere una gestione più snella e efficiente e anche per poter coinvolgere imprese e altri soggetti privati (che già hanno manifestato interesse).

Come lo stesso Giorgi mi fa notare, si potrebbe sviluppare un maggiore legame con le attività ricettive e produttive rappresentative delle tipicità del territorio, puntando anche alla creazione di un ‘marchio’ condiviso e riconoscibile (Antiche Terre Suasane) che incentivi, mediante un sistema di convenzioni e di agevolazioni turistiche, la scelta di questo bel territorio da parte di un più ampio numero di visitatori. Anche le strutture del Parco potrebbero essere migliorate: ad esempio il bel casolare presente sul sito potrebbe garantire un’attività di ristorazione e di pernottamento. Sono urgenti, inoltre, misure di messa in sicurezza, a partire da un nuovo sistema di drenaggio per impedire che il fango torni a seppellire l’area. E, infine, anche la comunicazione potrebbe essere migliorata, sia quella relativa ai pannelli e agli altri apparati didattici presenti sul sito, sia il sito web, le pagine facebook, ecc., senza trascurare i rapporti con la stampa locale e nazionale e i collegamenti con le strutture ricettive e gli uffici turistici presenti sulla costa.

C’è da essere fiduciosi. Sono certo che archeologi così determinati e così legati a questi paesaggi, istituzioni capaci di collaborare in maniera così armonica e una comunità che ha saputo reagire così decisamente a ben due calamità atmosferiche che sembravano voler porre fine ad un sogno, rappresentano un modello e sapranno certamente garantire uno sviluppo di qualità a Suasa e all’intero territorio.

 


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