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UNA SCOMMESSA NEI CAMPI FLEGREI

Uno dei parchi archeologici più interessanti del Meridione lancia un modello gestionale “alternativo” che si spera possa essere esportato e imitato.

Pochi forse conoscono un’importante novità, capace di aprire straordinarie prospettive nella gestione di siti archeologici e, in generale, di beni culturali chiusi o difficilmente accessibili, non di rado lasciati in abbandono. L’art. 151 comma 3 del Codice dei contratti pubblici ha introdotto forme speciali e semplificate di partenariato pubblico privato, che autorizzano il Ministero della Cultura a coinvolgere soggetti privati, per «consentire il recupero, il restauro, la manutenzione programmata, la gestione, l'apertura alla pubblica fruizione e la valorizzazione di beni culturali immobili». Lo stesso vale per comuni e altri enti pubblici: un varco per dare lavoro a tanti professionisti della cultura che vogliano mettersi in gioco.

Iniziativa per due monumenti famosi. L’attivo direttore del Parco dei Campi Flegrei, Fabio Pagano, supportato da due specialisti, Stefano Consiglio e Marco D’Isanto, ha deciso di sfruttare tali opportunità per due tra i venticinque siti e monumenti che compongono lo straordinario parco diffuso in questione: il cosiddetto Tempio di Serapide-Macellum di Pozzuoli e la Piscina mirabilis di Bacoli.

Si tratta di due monumenti straordinari. Il Macellum di Puteoli, una delle principali città portuali dell’Italia romana, era un grande e attivissimo mercato. Il rinvenimento di una statua di Serapide fece pensare a un tempio dedicato alla divinità egizia, tanto che la denominazione è rimasta nonostante si sia compresa la funzione commerciale dell’antica struttura (interessanti sono le tracce di corrosione visibili sulle colonne, prova del ricorrente forte bradisismo che interessa l’area dei Campi Flegrei). Quella di Bacoli è invece un’enorme cisterna di acqua potabile (12.600 metri cubi), funzionale alle esigenze della flotta della marina militare romana all’àncora nel vicino porto di Miseno. Il grande spazio è articolato in quattro file di dodici pilastri cruciformi e dà l’impressione di trovarsi in una chiesa: non a caso la cisterna è anche nota come “cattedrale dell’acqua”.

Coinvolgimento delle potenzialità sociali. Fino a qualche anno fa i due siti erano difficilmente visitabili. La Piscina mirabilis era accessibile grazie alla disponibilità di uno dei famosi “assuntori di custodia” (normalmente abitanti nei pressi di un monumento), Filomena Illiano, una signora che ha svolto amorevolmente questo ruolo per un cinquantennio. Pubblicato un bando e con un percorso di accompagnamento, sono state selezionate alcune piccole realtà della cosiddetta “imprenditoria di prossimità”, che hanno costituito delle ATS (Associazioni Temporanee di Scopo): a Pozzuoli la “Macellum”, formata dall’impresa culturale “La terra dei miti”, dall’Associazione culturale e sportiva Amartea, da Aporema onlus e dalla società di comunicazione GraficaMente; a Bacoli la “StraMirabilis”, composta dall’Associazione culturale Misenum, dalla Cooperativa Sociale Tre e dalla  Coop4Art, un consorzio di cooperative di cui fa parte “La Paranza” onlus del Rione Sanità di Napoli, pioniera della gestione dal basso con l’ormai famoso caso delle Catacombe di Napoli (vedi: AV n.???).

Avvio promettente di un sistema. Nonostante le difficoltà legate alla pandemia, la nuova gestione è partita con risultati molto promettenti: il numero dei visitatori cresce, mentre si organizzano iniziative di sostegno come visite guidate, laboratori, eventi culturali. E si comincia ad assumere personale, tra cui non possiamo non citare Immacolata Lucci, nipote della storica “custode” Filomena, che così prosegue in nuove forme la tradizione di famiglia.

 

GESTIONE INNOVATIVA
Visita in corso alla Piscina mirabilis di Bacoli (Na), un’enorme cisterna di acqua potabile per le esigenze della flotta romana nel vicino porto di Miseno. Per la sua gestione sono state selezionate alcune piccole realtà della cosiddetta “imprenditoria di prossimità”.
(Foto ATS “Stramirabilis”)

 Pubblicato in Archeologia Viva, XLI, 211, gennaio/febbraio 2022, p. 80.


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