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Un ricordo personale di Giorgio Otranto

Una grande, grave, perdita. Per gli studi tardoantichistici e cristianistici, ma soprattutto per tutti noi. Per me! E' stato grazie a Giorgio Otranto, alla sua fiducia, al suo sostegno, che ho potuto fare il mio lavoro di archeologo nell'Università. Praticamente mi adottò, giovane dottorando, pur non essendo suo allievo diretto, pur non avendo mai sostenuto nemmeno il suo esame. Francesco Grelle gli parlò di me e gli chiese di darmi una mano e di mettermi alla prova. Mi chiamò e mi propose di frequentare il suo Istituto e mi disse: datti da fare! Giorgio era una persona attivissima che apprezzava chi si impegnava e se gli dimostravi che avevi voglia di lavorare ti sosteneva in ogni modo. Ottenne dalla Regione Puglia una borsa di studio per me. Ero già sposato, e molto precario. Ettore De Juliis era da poco diventato ordinario di archeologia nell'Istituto di studi classici e cristiani. Giorgio mi aiutò, insieme a Carlo Carletti, a mettere in piedi un Laboratorio di Archeologia a Santa Teresa dei Maschi (è ancora lì e funziona da oltre trent'anni), poi sostenne i miei progetti di scavo a Brindisi con Daniele Manacorda e poi a Herdonia con Joseph Mertens, e poi ancora a San Giusto. Fece una battaglia in Università e in facoltà per ottenere l'istituzione di un posto di ricercatore in archeologia classica, che io vinsi (con una commissione composta da Mario Torelli, Pino Pucci e De Juliis: ho ancora fresco il ricordo della festa che volle organizzare a San Michele per mangiare la zampina con un Mario Torelli estasiato). Mi presentò a Renzo Ceglie di Edipuglia per chiedergli di pubblicare nel 1990 il mio primo libro e di acquisirmi come collaboratore della casa editrice, cosa che faccio da allora. E quando si presentò l'opportunità di andare a Foggia per fondare la nuova Università fu lui a suggerirmi di farlo perché, mi diceva, avrei avuto opportunità di lavoro difficilmente possibili altrove. E anche allora ebbe ragione. Poi è stato felicissimo del mio rientro a Bari. A volte i nostri caratteri similmente esuberanti hanno provocato, anche a causa della mia giovanile tendenza a scalpitare, qualche "contrasto" (sempre positivo, perché aiuta a crescere), subito superato con una sua battuta e con un abbraccio. Perché ci volevamo bene. E voleva bene a tutta la nostra équipe. Teneva sempre molto ai giovani. Perché Giorgio oltre che un grande studioso era una persona meravigliosa, dotata di una profonda umanità. Rapido nel pensiero, ancor più rapido nell'azione: una delle tante lezioni che ho ricevuto da lui. Mi piace ricordarlo con una bella foto del 2005, in visita agli scavi di Faragola, con la sua inseparabile Mina. Una foto di un momento felice che ci aiuta in questo momento triste, ricordando le tante volte in cui, anche in circostanze serie, anche ufficiali, Giorgio non resisteva alla battuta, all'ironia, allo scherzo. Perché i grandi uomini non si prendono mai troppo sul serio. Grazie Giorgio.
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