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Uscire dal 'vincolo cieco'
Non passa giorno senza che legga su un giornale o su un sito web un appello o una denuncia per l'attuale situazione del patrimonio culturale. Ora, effettivamente la situazione del nostro patrimonio è preoccupante. Ma la risposta a questa situazione difficile può limitarsi alle denunce e agli appelli? O, invece, non sarebbe necessario dimostrare la capacità di elaborare nuove strategie, avere il coraggio dell'innovazione e del camboamento. Numerosi e ben distribuiti sono i conservatori, sia moderati sia radicali, anche e soprattutto all’interno della stessa categoria degli 'addetti ai lavori'. Attivissimi sono anche i radicali conservatori nostalgici di un presunto passato felice, spesso fautori di feroci critiche alla situazione attuale, i sedicenti duri e puri, i produttori compulsivi di appelli, di articoli infarciti di ‘no’ verso qualsiasi cambiamento, autori di proposte non solo inattuali ma anche destinate al fallimento, perché incapaci di affrontare il nodo culturale e metodologico del ruolo del patrimonio culturale e paesaggistico nella società attuale. Sono, costoro, a mio parere, oggettivamente i migliori alleati di chi considera l’archeologia e la cultura una zavorra allo sviluppo (o meglio ad un idea vecchia e superata di sviluppo; si pensi agli articoli recenti di G. Valentini su Repubblica) o dei ‘petrolieri dei beni culturali’, di chi ha una visione rozzamente economicistica del patrimonio culturale.
Bisognerebbe superare una idea esclusivamente difensivistica dei beni culturali, fondata solo sui vincoli, che per quanto estesi non potranno mai superare i limiti di enclaves, di riserve indiane separate dallo ‘sviluppo’. Proprio gli archeologi, che hanno un'impostazione metodologica fondata sul contesto, sulla stratigrafia e sul territorio, possono contibuire ad affernare un approccio olistico e territoriliasta, più di altri, legati ad una visione ancora settoriale e gerarchica del patrimonio culturale e ad un'idea ancora sostanzialmente 'estetica' dello stesso paesaggio.
È un errore contrapporre di fatto patrimonio culturale e sviluppo, perché la sfida consiste nel saper costruire nuove forme di sviluppo durevole e sostenibile grazie anche al patrimonio culturale. Bisognerebbe uscire dalla trappola del 'vincolo cieco'
Tendenzialmente mi considererei un innovatore radicale, ma nel contesto attuale mi accontenterei di una ‘alleanza degli innovatori’, anche se moderati.
Il dovere irrinunciabile di conservare il nostro patrimonio andrebbe attuato la capacità dell’innovazione e il coraggio del cambiamento. Negare la crisi, questa sì che è una posizione che porterà inevitabilmente alla dissoluzione, prima o poi, del sistema. Troppo spesso si ha l’impressione di intravvedere nell’atteggiamento di conservazione da parte di tanti colleghi l’immagine del soldato messo a guardia di un bidone di benzina: un bidone, però, non solo ormai vuoto, ma anche corroso dalla ruggine che lo sta divorando dall’interno. Un soldato impegnato in battaglie contro presunti nemici esterni, non si rende conto che in realtà il tarlo sta operando all’interno del sistema della tutela.
L’Italia ha un glorioso e riconosciuto primato nel campo degli studi e della tutela del patrimonio culturale; un primato che stiamo progressivamente depauperando. La forza, la qualità e la ricchezza di tale tradizione non devono costituire, però, un impedimento nella capacità di guardare al futuro. Da anni, invece, siamo bloccati all’interno di un sistema stanco, esausto, incapace di esprimere quella vitalità che pure possiede ancora, insieme a straordinarie competenze e professionalità. Posizioni contrapposte si ostacolano vicendevolmente, ancorate a certezze inossidabili, che non consentono di vedere la ruggine che sta corrodendo dall’interno il sistema.
La domanda è: sapremo uscire dal Novecento e costruire un progetto per i beni culturali e paesaggistici per il XXI secolo?
Io penso che sia necessario, indispensabile, liberarci dalla sindrome del torcicollo, e saper guardare al futuro, elaborare proposte innovative, non rassegnarci ad una logica di mera difesa.
Ecco la sfida che vorrei affrontare con la mia presidenza del Consiglio Superiore per i Beni Culturali e Paesaggistici del MiBACT.
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