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Autonomie regionali e la tutela del patrimonio culturale

«La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.

Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione»

Questa formulazione dell'articolo 9 della nostra Costituzione fu l'esito di un lungo, acceso, appassionato dibattito. Il frutto di un lungo lavoro di mediazione, con la scelta accurata delle singole parole, modificate nelle molte versioni successive, che vide particolarmente attive due grandi personalità come Concetto Marchesi, antichista e comunista, e Aldo Moro, giurista e democristiano.

Con l'apporto di molti altri straordinari personaggi impegnati nell'Assemblea Costituente e nelle sottocommissioni tematiche, in particolare quelle che si occupavano rispettivamente di cultura e scuola e di regionalizzazione.

Già allora, infatti, si sviluppò un dibattito sul rapporto tra Stato e Regioni nell'attribuzione delle competenze nel campo della tutela del paesaggio e dei beni culturali. Alla fine, su proposta di Emilio Lussu, fervente autonomista, si scelse di individuare come soggetto la "Repubblica" invece dello "Stato", presente nelle prime versioni di quell'articolo, prima con il numero 29, poi promosso tra i principi fondamentali al nono posto.

Lo stesso Lussu ebbe a dire, difendendo da autonomista il valore nazionale del patrimonio culturale, "non c'è qui dentro nessun autonomista il quale concepisca l'autonomia come sovranità assoluta". E non a caso in quella formulazione si utilizzò il termine "Nazione", alquanto raro nel testo costituzionale, per sottolineare l'aspetto unitario e indissolubile di tale patrimonio del nostro Paese.

Nelle numerose versioni precedenti dell'articolo era, infatti, sempre presente il riferimento ai "monumenti artistici, storici e naturali, a chiunque appartengano e in ogni parte del territorio nazionale" o al "patrimonio artistico e storico della Nazione". La visione unitaria, organica, nazionale era cioè da tutti condivisa.

Ci sono da tempo casi di competenza autonoma regionale-provinciale nel campo del patrimonio culturale: alcune positive, altre meno. Già nel maggio del 1946, ben prima dello stesso referendum su monarchia e repubblica, lo Statuto della Sicilia aveva previsto le competenze in materia di «turismo, vigilanza alberghiera e tutela del paesaggio, conservazione delle antichità e elle opere artistiche». E successivamente competenze analoghe sono state assegnate alla Valle d'Aosta e al Trentino.

Con la modifica costituzionale del 2001 si ritenne di affidare un maggiore ruolo alle Regioni in materia di valorizzazione del patrimonio culturale, conservando in capo allo Stato le competenze della tutela, non senza anche qualche confusione di ruoli.

Che le Regioni e gli Enti Locali debbano vedersi riconosciuto un ruolo maggiore nella tutela e valorizzazione del patrimonio culturale è, a parere di chi scrive, non solo giusto, ma necessario, anzi indispensabile.

Un patrimonio diffuso, pervasivo, distribuito in ogni angolo più sperduto del nostro Paese, non può essere tutelato e valorizzato se non con il coinvolgimento di più soggetti applicando l'art. 9 della Costituzione, appunto, che non a caso attribuiva tale compito alla Repubblica; l'art. 114 recita: "La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato", intesa come res pubblica, cioè l'intera comunità nazionale dei cittadini, anche attuando il principio di sussidiarietà sancito dall'art. 118, finora assai poco rispettato.

Ma, nel suo complesso, pur con vari cambiamenti, l'assetto previsto dai padri costituenti è rimasto a lungo inalterato. Con l'articolo 9 si raggiunse, cioè, un equilibrio perfetto tra diverse istanze e visioni. Un equilibrio che oggi rischiamo di vedere rotto definitivamente, con un effetto a catena dai risvolti imprevedibili.

Ciò che colpisce oggi è la grave mancanza di un dibattito approfondito su temi così importanti. Nulla di minimamente paragonabile al confronto che accompagnò la scrittura dell'art. 9 e che si è avuto anche in altri momenti della nostra storia.

E così, mentre da parte di alcuni si chiede al ministro Alberto Bonisoli di annullare le riforme del suo predecessore Dario Franceschini, con l'eliminazione delle soprintendenze uniche e il ritorno alle soprintendenze settoriali e addirittura la soppressione dell'autonomia dei musei per restituirli alle soprintendenze, non ci si rende conto della portata di una riforma come quella in corso, tale da modificare fortemente l'assetto della tutela e della valorizzazione nel nostro Paese.

È molto grave, inoltre, che tutto ciò accada mentre anche il Consiglio Superiore dei Beni Culturali e Paesaggistici e i vari Comitati tecnico-scientifici del Mibac, scaduti nel giugno dello scorso anno, non siano ancora stati ricostituiti e non possano quindi esprimere un loro parere su una materia decisiva per il futuro della tutela e valorizzazione del patrimonio culturale italiano.

Colpisce, ancora, che nessuna delle tre Regioni che chiedono l'autonomia si sia finora dotata di un moderno Piano Paesaggistico, ai sensi del Codice dei Beni Culturali e Paesaggistici, risalente al 2004 (le uniche regioni che se ne sono finora dotate sono nell'ordine, Puglia, Toscana, Friuli Venezia Giulia e Piemonte). E si sa che sulla tutela paesaggistica, sul consumo di suolo, sulla pianificazione territoriale si giocano partite importanti, con forti pressioni da parte dei grandi interessi economici.

Sarebbe, a mio parere, un errore produrre un conflitto e una contrapposizione, alquanto surreale, tra statalisti e regionalisti, tra centralisti e autonomisti, tra meridionali piagnoni-assistenzialisti e settentrionali concreti-efficientisti.

È in gioco qualcosa di più importante, che tocca l'essenza più profonda del nostro Paese. Se il paesaggio e i beni culturali sono stati posti tra i principi fondamentali della nostra carta d'Identità nazionale, qualcosa vorrà pur dire!

Anche la solidarietà è un bene da difendere: una patrimonio culturale sentito come un elemento unificante aiuta a favorire la solidarietà tra diversi.

Chi scrive è stato per ben tre volte designato dalle Regioni nel Consiglio Superiore BCP, che ha presieduto per quattro anni, e non è quindi sospettabile di insensibilità verso le istanze regionali ed è da tempo impegnato nella elaborazione di forme innovative, inclusive, partecipate di tutela e valorizzazione del patrimonio.

L'autonomia, se associata alla responsabilità, è un bene e produce risultati positivi, ma sappiamo anche che un'eccessiva vicinanza del potere politico può produrre – lo si è già sperimentato – forme di limitazione dell'autonoma valutazione tecnico-scientifica.

Se è l'assessore regionale a scegliere i soprintendenti e i direttori dei musei i rischi di ingerenza dei poteri locali si moltiplicano. Insomma, se l'autonomia non è contemperata da regole nazionali e da un sistema centrale, autorevole, di indirizzo, valutazione e controllo, produce caos, frammentazione, squilibri, a tutto vantaggio di alcuni interessi particolari rispetto agli interessi generali.

Il patrimonio culturale, nella sua straordinaria complessità e articolazione, è un forte elemento unitario, identitario (nel senso migliore di un termine assai inflazionato e spesso frainteso), dell'Italia nel mondo.

Non sono ancora noti i dettagli dell'accordo tra il Governo e le tre Regioni. Secondo indiscrezioni, le soprintendenze, i musei, compresi i grandi musei autonomi come Brera a Milano, le Gallerie dell'Accademia di Venezia, il Palazzo Ducale di Mantova, il complesso della Pilotta di Parma, le Gallerie Estensi di Modena, o monumenti celebri come il Cenacolo di Leonardo da Vinci, passerebbero alle Regioni. Non stiamo parlando di cose di poco conto.

Il mondo della politica, della cultura, della ricerca e dell'università ha qualcosa da dire? Sarà coinvolto in qualche modo? Possiamo affrontare queste tematiche con il necessario approfondimento, senza quel tifo da stadio e quella violenza verbale di Facebook o la stringatezza di un tweet che ormai invadono ogni campo?

O sono questioni che si decidono solo con economicistiche analisi di costi-benefici e nel chiuso della trattativa di un contratto di governo?


Pubblicato in https://www.huffingtonpost.it/giuliano-volpe/autonomie-regionali-e-la-tutela-del-patrimonio-culturale_a_23670423/?utm_hp_ref=it-politica
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