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Il Colosseo, Merlo e il Consiglio Superiore BCP

Lettera aperta al direttore de La Repubblica Ezio Mauro 

Gentile Direttore,

nell’articolo pubblicato oggi su La Repubblica, a firma di Francesco Merlo, a proposito dei finanziamenti destinati al Colosseo, l’organo consultivo che ho l’onore di presiedere è stato descritto in maniera macchiettistica e anche offensiva, oltre che disinformata, come composto da  “otto presunti ’supersaggi’ e sette astuti funzionari”.  

Sento pertanto il dovere di fornire qualche precisazione a difesa delle competenze e dell’onorabilità di questo organismo  e dei suoi componenti.  Evidentemente Merlo ignora che tre dei "presunti supersaggi”  sono stati designati da Comuni (il prof. L. Molinari, esperto di architettura contemporanea, che tra l’altro ora firma una rubrica di architettura su L’Espresso), Province (prof.ssa F. Cappelletti, grande esperta di storia dell’arte moderna) e Regioni (chi scrive) designati già nel 2012 e confermati nel 2014, e che gli altri designati dal ministro sono tra i massimi esperti di biblioteche (prof. G. Solimine), economia della cultura (prof. S. Baia Curioni), management e musei con esperienze internazionali (arch. J. Thompson e dott. C. Ferrazzi), storia dell’arte (prof.ssa B. Buscaroli) e che i “sette astuti funzionari” sono in realtà i presidenti dei comitati tecnico scientifici che proprio il Ministro Franceschini è riuscito recentemente a ricostituire e sono in gran parte professori universitari designati dal CUN, tra i massimi esperti di storia dell’arte, restauro, biblioteche, archivi, musei (prof.ri G. Carbonara, P. Carucci, M. Di Macco, F. Donato, M. Guerrini, M.G. Messina), e che solo una è funzionaria dirigente del Mibact (dott.ssa M. Barbera, ex soprintendente archeologa di Roma). Sono personalità note e autorevoli, ma può leggere i loro curricula sulla pagina web del CS, che proprio io ho voluto istituire sul sito del Mibact per garantire massima trasparenza e circolazione delle informazioni (www.beniculturali.it/consigliosuperiore).

Mi permetto di chiederle: ma davvero il CS dovrebbe essere, come vorrebbe Merlo, una "assemblea di cani da guardia” come ai tempi della presidenza del prof. Settis (ricordo che il ministro allora si chiamava Bondi, che mi sembra qualcuno dei critici di professione ora rimpianga) e non un organismo consultivo di indirizzo e monitoraggio che accompagni una necessaria riforma dei beni culturali e favorisca un collegamento tra il MiBACT e la società italiana e internazionale? Il CS dovrebbe essere, cioè, per definizione all’opposizione, “a prescindere”? Questa mi sembra un’idea tipica di certi ambienti per cui è meglio produrre appelli, prevedere catastrofi ad ogni cambiamento, abbaiare (molto spesso alla luna!), invece di operare concretamente per produrre veri cambiamenti, tornare a innovare, a sperimentare, come l’Italia sapeva fare un tempo nel campo dei beni culturali. Ma farlo con gli strumenti metodologici e le categorie del nuovo millennio e non con quelle del Novecento (o anche dell’Ottocento), gloriose sì, ma ormai inadeguate. Invece i nostri laudatores temporis acti rimpiangono il passato, essendo sempre insoddisfatti del presente e temendo il futuro, trasformandosi così in vestali di una tradizione ormai asfittica, proprio perché ha perso la sua capacità innovativa. 

Quanto alla critica rivolta al progetto dell’arena del Colosseo, ovviamente rispetto le posizioni diverse dalla mia e da quella di molti altri favorevoli. Critiche da rispettare se in grado di entrare nel merito dei fatti tecnici, molto meno quando si basano solo sui giudizi estetici o sul benaltrismo, tipicamente italiano. Da un giornalista del livello di Merlo e da un giornale come La Repubblica mi aspetterei almeno una conoscenza diretta dei fatti e una maggiore laicità nelle posizioni: Merlo ha già deciso che la realizzazione sarà kitsch e che la destinazione sarà ispirata al modello di Las Vegas, esprimendo così una grande sfiducia nei confronti della soprintendenza (quelle stesse soprintendenze sempre difese in vari appelli) cui spetta e spetterà ogni decisione relativa ai possibili usi compatibili e rispettosi del monumento. La Medea di Seneca recentemente messa in scena nel Colosseo (purtroppo riservata solo a pochi per mancanza di spazi) è uno spettacolo kitsch di Las Vegas o una forma per far vivere in un altro modo un monumento? Merlo parla poi di cemento, che nessuno pensa di utilizzare; anzi si studieranno formule non solo reversibili ma anche possibilmente meno invasive della parte di arena già realizzata (contro la quale nessuno ha mai protestato: come mai? un quinto va bene, tutta è una catastrofe?). Infine, la realizzazione dell’arena non solo renderà più comprensibile il monumento, ma proteggerà anche gli ambienti sotterranei (erano sotterranei e torneranno ad esserlo, visto che solo gli scavi archeologici hanno prodotto la situazione che noi vediamo oggi), risolvendo anche i gravi problemi idraulici e l’esposizione alle intemperie, che hanno provocato già grandi danni alle murature.

Si dice, in perfetto stile benaltristico, che sarebbe stato meglio destinate i fondi per il Colosseo ad altri monumenti (come la Domus Aurea, per la quale peraltro sono già previsti altri finanziamenti, su altri capitoli, che a breve saranno resi noti). Ma come non riconoscere che il Colosseo è qualcosa di speciale che richiede un’attenzione speciale? Merlo sa che grazie ai proventi del Colosseo è possibile curare tutti i monumenti archeologici di Roma e di Ostia e anche di destinare risorse, con un meccanismo di solidarietà, a quelli di tutta l’Italia, comprese biblioteche e archivi?

Se il collega Settis ha dichiarato la sua contrarietà, voci altrettanto autorevoli hanno dichiarato la loro piena adesione, tra cui un altro mio autorevole predecessore, prof. Andrea Carandini, e l’ex soprintendente di Roma, prof. Adriano La Regina (il famoso ’signor no’). E il progetto è stato approvato anche dalla commissione paritetica Mibact-Comune di Roma, da me presieduta e composta da altri 8 grandi esperti (o anche loro sono da considerare “otto presunti ’supersaggi’ asserviti?).

Per la prima volta, dopo lunghe stagioni di tagli, si torna a investire, con questi 80 milioni della legge Art Bonus, con i 490 milioni del Pon Cultura, con i 100 milioni all’anno per tre anni stanziati con la legge di stabilità dello scorso anno. Pompei, considerata pochi anni fa la Caporetto dei beni culturali, ha conosciuto un’autentica svolta: ma di questo si parla molto meno che di un’assemblea sindacale. 

Tutto bene? Nient’affatto, serve molto di più, c’è tanto lavoro da fare per recuperare anni di disinteresse e di tagli, di blocco del turn over, di delegittimazione sociale. Ma come non voler riconoscere che si è impressa una svolta! 

Mi dispiace molto, gentile Direttore, che un giornale che considero progressista (e di cui sono affezionato lettore dal suo primo numero) abbia deciso di assumere nel campo dei beni culturali posizioni passatiste e oggettivamente conservatrici, ben lontane dallo spirito pluralista e laico che ha lo ha sempre ispirato, espressione di una élite culturale che ha contribuito ad affermare una visione proprietaria del patrimonio culturale, a promuovere una politica difensivistica fatta solo di no e di vincoli, la cui inefficacia è sotto gli occhi di tutti, a produrre quella separazione tra il patrimonio culturale e cittadini che costituisce il vero problema da affrontare. Non con le polemiche sterili ma con un innovativo e coraggioso progetto culturale che guardi al domani.

Spero che voglia prestare una qualche attenzione a questa mia lettera e eventualmente ospitare, se lo riterrà, una voce diversa. 

Con stima 

Giuliano Volpe 


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