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Ricercatori, siate creativi. La mia relazione al Premio Montel 2013

PREMIO G.L. MONTEL (22.11.2013)

Giuliano Volpe

È questa la quarta edizione del Premio alla Ricerca ‘Gianluca Montel’; è anche l’ultima edizione del mio rettorato e mi auguro che non sia l’ultima in assoluto; spero vivamente, infatti, che questa iniziativa (insieme ad altre che credo siano state positive) possa proseguire anche in futuro.
Si tratta certamente di una delle iniziative alle quali sono più legato. La proposi subito, al momento del mio insediamento, non solo per rendere omaggio alla memoria di un nostro bravo ricercatore e di un caro e indimenticato amico (e sono molto felice che oggi siano con noi la moglie Daniela e piccola Alice che ha quasi la stessa età di questo premio intitolato al papà), ma anche e soprattutto per esprimere concretamente, sia pure con un piccolo gesto simbolico, attenzione, sostegno e riconoscimento per i nostri migliori giovani ricercatori.

Non è un caso che abbia voluto che questa edizione si tenesse qui, ad Agraria, nell’aula a lui intitolata, dove Gianluca era solito tenere le sue lezioni. Tutti ricordiamo Gianluca come un ricercatore molto impegnato nella ricerca e nelle attività istituzionali dell'Ateneo, ma è evidente che in questo luogo il suo esempio sia ancor più vivo.

Il Premio Montel si avvale dei fondi del 5 per mille, che in questo modo risultano finalizzati, anche per stimolare molti altri contribuenti a scegliere l’Università degli studi di Foggia al momento della dichiarazione dei redditi. Auspichiamo che cresca il numero dei nostri sostenitori, in modo si possano organizzare prossime edizioni del premio, insieme ad altre iniziative importanti nel campo della ricerca, delle biblioteche, dell’internazionalizzazione, dei servizi agli studenti, campi per i quali le nostre risorse sono ormai quasi del tutto azzerate a seguito dei continui tagli subiti dal nostro bilancio.
Sono molto lieto che la Presidente dell’ARTI Eva Millella abbia accettato il nostro invito a partecipare a questa iniziativa e a comunicarci alcune riflessioni sull’attuale situazione della ricerca in Puglia e al Sud e a presentarci alcuni dei progetti dell’ARTI e della regione Puglia, tra cui quello che presto vedrà l’istituzione di ben 170 posti di ricercatore a TD, 17 dei quali destinati alla nostra Università. Un risultato al quale, insieme agli altri rettori pugliesi, lavoro da due anni.
Oggi parliamo di ricerca e premiamo alcuni nostri bravi giovani ricercatori. È quindi la giornata ideale per sottolineare la portata dei risultati più che lusinghieri certificati dall’ANVUR nella recente VQR-Valutazione della Qualità della Ricerca, che ha visto l’Università di Foggia conquistare un positivo 12° posto in Italia tra le università di medie dimensioni e una posizione di assoluta rilevanza in Puglia (primi) e nelle regioni meridionali (secondi), con risultati di tutto rispetto in molte aree disciplinari, dalle scienze biologiche e mediche a quelle agrarie, giuridiche e umanistiche, con primati assoluti conquistati da specifici settori disciplinari come Biochimica e Medicina Legal, Letteratura cristiana antica e (mi scuso per l’ineleganza della citazione) archeologia, e il secondo o terzo posto per diritto internazionale, diritto tributario, zootecnia, tecnologie alimentari, meccanica agraria. Ma è l’intera Università di Foggia, con l’apporto di tutti, ad essere uscita a testa alta da questa valutazione. Questo ovviamente non rappresenta un risultato sul quale adagiarsi, ma uno stimolo a crescere ancora nella qualità della ricerca. È incoraggiante che la VQR abbia certificato un buon andamento del reclutamento, con i più giovani che risultano ancor più produttivi dei docenti più anziani.
Non intendo prestarmi al becero gioco delle classifiche, ma sottolineare come l’Università di Foggia, a soli 14 anni dalla sua autonomia, sia una realtà sempre più consolidata nella ricerca e nella didattica, oltre che nella sua terza missione di sostegno allo sviluppo locale, e proseguirà, ne sono certo, nel suo percorso di crescita.

Tali risultati positivi nella ricerca dovrebbero – speriamo - garantire anche maggiori risorse alla nostra Università. E sempre di più bisognerà considerare la qualità della ricerca come un elemento di valutazione imprescindibile nelle scelte dell’Ateneo. Per tale motivo non posso non esprimere il mio profondo rammarico – lo dico con la mia solita franchezza - per l’infausta e autolesionistica scelta recentemente fatta dall’Università nel bocciare il dottorato di ricerca in archeologia e storia dei paesaggi, considerato tra i migliori in Italia, capace di attrarre allievi da tutte le Università, afferente ad uno dei 4 SSD risultati primi in Italia nella VQR.
Nonostante la nostra difficile situazione finanziaria, che in questi anni, però, non ci ha impedito di tenere i conti sotto controllo, con un bilancio sano e in pareggio, abbiano adottato una politica di investimenti in particolare nel miglioramento strutturale: abbiamo da poco inaugurato il Polo Bio-Medico, che ospiterà numerosi modernissimi laboratori, il Polo Umanistico; tra qualche giorno inaugureremo una nuova residenza studentesca, dopo quella attivata lo scorso anno, mentre stiamo ristrutturando le due ex palestre ex GIL destinate al Dipartimento di Economia; a breve spero che si completi la procedura per l’acquisto della caserma Miale, dove potranno essere sistemati il rettorato, l’amministrazione e tutti i principali servizi agli studenti.

In questi ultimi cinque anni abbiamo investito complessivamente oltre 38 milioni nel potenziamento strutturale. 
ll Premio Montel è solo una delle iniziative a favore dei ricercatori, che continuano a vivere una stagione di incertezza, soprattutto per le prospettive e che, nonostante tutto, continuano a svolgere con impegno la loro attività di ricerca, la didattica e tante altre funzioni. Nel nostro organico, i ricercatori rappresentano il 52% del corpo docente con ben 186 unità: in questi ultimi anni il numero dei ricercatori è, infatti, passato da 134 del 2008 al 186 del 2013; abbiamo, cioè, continuato anche in questi ultimi anni a procedere all’assunzione di circa 50 nuovi ricercatori e a breve, come ho anticipato, potremo avvalerci di un finanziamento regionale per nuovi 17 posti. 
Mi limito solo a qualche esempio di attenzione personale ai ricercatori: tra i miei delegati ci sono stati vari ricercatori, anche con compiti di grande rilievo, come la delega alla ricerca e la presidenza della Commissione Scientifica di Ateneo, al trasferimento tecnologico, all’orientamento. Per la prima volta nella storia della nostra Università il compito di tenere la prolusione in occasione dell’inaugurazione dell’AA è stato affidato ad un ricercatore.
Ho sempre sollecitato i nostri ricercatori ad essere protagonisti. Ho anche detto loro che l’aver adottato un rigoroso Codice Etico nella nostra Università rappresenta una importante garanzia, certamente non l’unica, per affermare sempre di più una cultura della valorizzazione del merito. 
Tra gli obiettivi raggiunti, mi piace segnalare l’adesione alla Carta Europea dei Ricercatori e al Codice di Condotta per l'Assunzione dei Ricercatori (C&C) e il prestigioso riconoscimento da parte della Commissione Europea del logo "HR Excellence in Research", che affianca il logo dell’Università. 
Abbiamo istituito l’anagrafe della ricerca (con oltre 23.000 prodotti finora inseriti nella banca dati UGov) e mi auguro che possa presto partire la valutazione dei prodotti della ricerca in modo da poter non solo conoscere la totalità dei prodotti della nostra ricerca ma anche effettuare una distribuzione su base meritocratica delle sempre più scarse risorse. 
Mi piace, infine, segnalare la creazione di 7 sociètà di spin-off, che stanno crescendo e stanno conseguendo ottimi risultati.

Quest’anno il premio Montel prevede, sulla base di quanto deciso dalla CSA e dal SA, 12 premi del valore di 2.500,00 euro cadauno, distinti in due sezioni, una per i ricercatori universitari under 40, l’altra per assegnisti, dottori e dottorandi, specializzandi e specialisti, compresi i tecnici scientifici, under 35, afferenti ai sei Dipartimenti. Abbiano ricevuto 32 candidature (rispettivamente 4+7 Scienze Agrarie; 1+1 Mediche e chirurgiche; 2+1 Medicina clinica e sperimentale; 4+2 Economia, 4+3 Studi umanistici, 2+1 Giurisprudenza). La prima edizione ha visto 65 domande, la seconda 49 e la terza 53. Nel quadrienni quindi abbiamo ricevuto 199 candidature, di cui 76 di ricercatori, 47 di dottori di ricerca, 21 di assegnisti, 24 di dottorandi, 19 di Post-doc, 5 i tecnici scientifici, 7 di specializzandi di area medica. È preoccupante il calo registrato quest’anno, con un numero dimezzato rispetto alla prima edizione: è spiegabile sia con l’esclusione dalla partecipazione dei 35 vincitori delle edizioni precedenti, sia, soprattutto, con il blocco del turn over e la sostanziale mancanza di nuove immissioni, e con il progressivo invecchiamento dei ricercatori.

Dopo qualche problema registrato nella prima edizione, con una valutazione interna alla nostra Università, a partire dal secondo anno abbiamo adottare un sistema di rigorosa valutazione da parte di docenti anonimi esterni alla nostra Università, afferenti a tre università italiane del nord, del centro e del sud d’Italia: nel corso dei tre anni hanno operato ben 73 valutatori esterni. Ringrazio i colleghi Rettori che hanno indicato i nomi dei colleghi che hanno svolto il ruolo di valutatori. Oggi mi sembra giusto rendere note le università di afferenza dei docenti che hanno valutato i progetti in questi anni: Cagliari, Chieti-Pescara, Messina, Napoli Federico II, Padova, Palermo, Pisa, Sassari, Udine. Ringrazio in particolare l’Area Ricerca e in particolare il suo responsabile dott. Giovanni Lovallo che ha seguito con grande rigore e professionalità anche questa delicata operazione.

Congratulandomi con i vincitori, vorrei precisare che anche che tra i non premiati ci sono molti altri validissimi ricercatori; li invito a proseguire nei loro studi e a presentare la propria candidatura anche nella prossima edizione (alcuni dei vincitori di questa edizione avevano già partecipato a edizioni precedenti). Mi preme anche sottolineare che le procedure di valutazione, nonostante i problemi che sempre la definizione di criteri e parametri affidabili pone, sono state rigorose; i giochi non sono truccati o condizionati da altri fattori.

Chiudo questo mio breve intervento, rivolgendo ancora una volta un vero e proprio appello ai giovani ricercatori a impegnarsi a fondo nello studio e nella ricerca, sfruttando al massimo gli anni più fecondi per la produzione scientifica, pur nella consapevolezza dei tanti altri impegni legati alle attività didattiche e organizzative. E un invito a tutti noi a favorire in ogni modo la crescita dei nostri giovani ricercatori, lasciando loro lo spazio necessario per sperimentare.
Cari ricercatori, la motivazione nel fare ricerca non può insegnarvela nessuno. Dovete cercarla e coltivarla dentro di voi. Noi possiamo stimolarla, certamente non dobbiamo mortificarla, ma la motivazione è una energia che dovete avere in voi stessi.

Il mio invito principale, a voi e a noi stessi, è ancora una volta rivolto alla creatività. Non frenate il desiderio forte di esplorare nuove strade. La creatività non si insegna, può essere solo riconosciuta e incoraggiata. Solo la creatività garantisce vera innovazione. Per innovare bisogna, infatti, essere sollecitati da una irrefrenabile curiosità, bisogna saper vedere con occhi nuovi cose che altri non vedono; non guardate solo attraverso le stesse lenti utilizzate dai maestri, sappiate mettere in discussione conoscenze acquisite, bisogna saper porre domande nuove. 
Il merito va affermato, va riconosciuto e valorizzato. Mi preme, però, chiarire una cosa fondamentale. Il ‘merito’ (di cui spesso si parla a vanvera) non coincide, come spesso si ritiene, solo con il talento, che è una dote innata, e in quanto tale donata ad alcuni e, purtroppo, non ad altri. Il talento è solo una parte, quasi minima. Il ‘merito’ coincide principalmente con l’impegno, con il lavoro, con la fatica, con lo studio, con la determinazione, con la forza di volontà. Se riduciamo il merito al talento ne diamo una interpretazione limitata. Ci vuole metodo, sistematicità, caparbietà, impegno. Di geni sregolati ce ne sono uno ogni secolo. I migliori ricercatori sono dotati per il 10% massimo di genialità e per il 90% di capacità di lavoro, di sacrificio, di dedizione, di fatica e sudore.

La creatività è sinonimo di dissidenza. La creatività rifugge da strutture troppo rigide, si oppone al conservatorismo, rifiuta il tradizionalismo, ripudia il conformismo, la mancanza di coraggio, l’eccesiva accondiscendenza, il tecnicismo, il tecnologismo, il descrittivismo. 
È per me motivo di preoccupazione e anche di tristezza riscontrare, a volte anche nella nostra comunità, atteggiamenti ‘pseudo baronali’, ritorsioni verso ricercatori non ubbidienti e asserviti, fino ad impedire l’accesso a laboratori, ad attrezzature, a fondi di ricerca. E mi fanno pena coloro che accrescere il proprio narcisismo e per nascondere le proprie incertezze amano circondarsi di schiere di allievi ossequiosi, accondiscendenti e plaudenti. In questi anni da rettore ho tentato di oppormi a queste degenerazioni, le ho condannate, non temendo anche ricorsi al TAR o tentativi di screditarmi su giornaletti locali.

Nel nostro mestiere di docenti dobbiamo insegnare ad apprendere, a collaborare, a essere autonomi. Ma dobbiamo insegnare anche, il dubbio, l’errore, la capacità di rimettersi in gioco. Ho avuto la fortuna di avere bravi maestri che mi hanno insegnato anche questo. Un bravo maestro non trasforma un laboratorio in un lager; un bravo allievo sa ribellarsi ai paradigmi predefiniti, sa cercare nuove piste. Un bravo maestro non costringe i giovani a fare solo quello che ha già fatto lui, concepisce il lavoro di equipe, indispensabile per la realizzazione di grandi progetti, non come una caserma che premi i mediocri purché ossequiosi e rispettosi dell’ordine costituito e delle gerarchie, ma un contesto che valorizzi il merito. 
Invito inoltre i giovani ricercatori a non richiudersi nel loro pur necessario specialismo, ma ad avere curiosità per il confronto fra le discipline, fra i saperi, fra i linguaggi, per la sperimentazione di innovativi ambiti multi- inter- e transdisciplinari, capaci affrontare in forma globale e unitaria la complessità. L’interdisciplinarità non è una mera sommatoria di specialismi, ma è reale collaborazione e integrazione, che ognuno deve saper costruire innanzitutto nel proprio cervello.
Nell’attuale situazione degli studi si vanno affermando specialismi esasperati, che spesso finiscono per considerarsi non già come parte di un insieme più complesso, ma essi stessi come un intero. Gli specialismi sono assolutamente necessari per il progresso delle conoscenze, ma – ricordatelo - risultano meno utili se portano all’isolamento e all’autoreferenzialità. Bisogna sapere contrastare tale atteggiamento, privilegiando la globalità degli approcci, degli strumenti analitici, delle fonti, dei dati per tentare di giungere alla comprensione di oggetti e di fenomeni complessi. 
Un bravo ricercatore è sì uno specialista, ma è anche una persona colta, curiosa, aperta. Altrimenti al massimo sarà un bravo tecnico.

In conclusione mi permetto di rivolgere alcuni consigli ai giovani ricercatori, sperando di non apparire troppa paterno: 1) siate umili – avete ancora tanto da imparare -, ma al tempo stesso siate anche ambiziosi - se non siete convinti di poter fare cose importanti non ci proverete nemmeno; 2) siate corretti e sappiate lavorare con gli altri; l’egoismo e l’invidia sul lungo periodo non pagano; 3) specializzatevi in un settore specialistico, sforzatevi di raggiungere la massima eccellenza in quell’ambito, ma siate curiosi, siate aperti, informatevi e allargate le vostre conoscenze anche ad ambiti apparentemente lontani dal vostro, vedrete che vi tornerà utile; 4) siate critici, non date nulla per scontato o per acquisito, siate critici nei confronti di voi stessi e anche dei vostri maestri (il che non significa affatto essere presuntuosi, scorretti o ingrati); 5) divertitevi nel fare la vostra ricerca: se non vi divertite, se la vostra ricerca non vi appassiona, se avete un atteggiamento impiegatizio, se contate i minuti per andare finalmente via da un laboratorio o da una biblioteca o non al contrario i minuti che vi separano dal ritornarvi, la ricerca non fa per voi, lasciate perdere, cercate un altro impiego più tranquillo, perché rovinereste la vostra vita e anche la qualità della ricerca. 
Mi avvio alla conclusione del mio mandato di rettore. Fra qualche giorno tornerò ad essere solo un docente e un ricercatore, con i miei collaboratori e i miei studenti che ho parecchio trascurato in questi anni: è la cosa più bella che possa capitare a chi ama lo studio. Ringrazio anche voi giovani ricercatori per aver accolto la sfida difficilissima e entusiasmante di costruire una università di qualità qui a Foggia, una università scelta consapevolmente e non come un ripiego per chi non ha altre possibilità, una università dinamica, viva, innovativa.

Come ho più volte detto, tengo in modo particolare a questa iniziativa che ho voluto anche quale concreto contributo alla crescita di quel senso di appartenenza e quello spirito di collaborazione senza i quali una comunità scientifica non può crescere e raggiungere i suoi obiettivi. Siate orgogliosi del Premio Montel e fate in modo di rendere onore ad un vostro collega bravissimo che purtroppo ci ha lasciati troppo presto.
Considerate questo Premio una testimonianza, quasi solo simbolica, della volontà della nostra Università ad investire sui giovani e sulla ricerca, un invito a voi ricercatori a sentirvi protagonisti nella ricerca e nella vita universitaria, ad essere portatori di una visione chiara, propositiva, innovativa, creativa, a voler sviluppare una sana competizione nella cooperazione, a mettere in campo tutte le energie, le competenze e l’entusiasmo di cui siete dotati per contribuire a rendere migliore l’ Università degli studi di Foggia ed anche il nostro paese.


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