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Archeologia … ci vuole “disciplina”!
L’archeologia universitaria è distinta in numerosi ambiti disciplinari... e l’unitarietà metodologica? Finalmente riconosciuta!
Questa volta “Vulpis in fundo” tratta un tema che potrebbe apparire settoriale, riservato solo al mondo accademico: la “declaratoria” delle discipline archeologiche insegnate nelle università. In realtà ha un interesse generale perché segnala alcuni aspetti dei cambiamenti dell’archeologia italiana. È necessaria innanzitutto una premessa: l’archeologia universitaria è tradizionalmente distinta in vari ambiti disciplinari, alcuni definiti su base cronologica, altri in riferimento a temi, ambiti territoriali, culture. Ognuno ha una sua sigla e una sua spiegazione (una declaratoria, appunto).
Tra fusioni e arroccamenti. Nel corso del tempo ci sono state modifiche e fusioni, non senza strenue difese identitarie di alcuni settori più piccoli. È necessario, inoltre, precisare che tali ripartizioni rappresentano una peculiarità tutta italiana, che ha consentito anche di conservare alcuni specialismi di antica tradizione. Un’ulteriore precisazione è indispensabile: è sulla base di tali settori che avviene il reclutamento universitario, per cui conservare un’articolazione interna serve anche per evitare possibili aberrazioni da parte delle singole università (nel nome del risparmio), per cui a un docente specializzato in preistoria possa essere affidato un insegnamento di archeologia medievale, e viceversa.
Nascita dei Gruppi scienti- fico-disciplinari. Negli anni scorsi il Ministero dell’Università e della Ricerca ha inteso razionalizzare la miriade di settori disciplinari all’interno di nuovi “Gruppi scientifico-disciplinari” (GSD), ora ufficialmente istituiti con un decreto (n. 639/2024 del 2 maggio 2024). Anche per gli archeologi è stato necessario ripensare i propri settori, non senza differenze di vedute, com’è ovvio e normale.
In tal senso ha svolto una funzione di coordinamento la “Federazione delle Consulte universitarie di archeologia”, presieduta da chi scrive, che raccoglie la stragrande maggioranza dei docenti universitari di archeologia. Il risultato è di grande importanza e innovatività perché è stata sottolineata la unitarietà metodologica di tutte le archeologie, con un deciso passo in avanti rispetto al passato, come dimostra la stessa trasformazione della sigla, dalla precedente ANT (che faceva riferimento solo all’Antichità) all’attuale ARCH.
La conoscenza è anche co- scienza. La declaratoria precisa che le discipline archeologiche «studiano le società del passato in area europea ed extraeuropea, in una prospettiva fortemente diacronica (dalla preistoria all’età contemporanea), mediante l’individuazione, l’analisi e l’interpretazione dei contesti e dei reperti del passato, ovvero di tutte le tracce delle attività e dei comportamenti umani, con particolare attenzione per territori, depositi stratificati, monumenti, monete, prodotti artistici, artigianali ed epigrafici, e più in generale per i manufatti e gli ecofatti, nonché per le testimonianze naturali ad essi correlabili. Esse sono finalizzate: alla formazione di una conoscenza e di una coscienza storico-archeologica; alla ricostruzione storica, storico-artistica, socio-antropologica, socio-economica, culturale e topografica degli aspetti costitutivi delle società del passato; all’analisi dei paesaggi stratificati (insediativi, rurali, produttivi, infrastrutturali e subacquei); alla riflessione sulla evoluzione nel tempo dei metodi e delle finalità delle discipline archeologiche; alla comunicazione e condivisione dei risultati delle ricerche; alla tutela, conservazione, valorizzazione e fruizione pubblica del patrimonio archeologico, con un impegno anche nell’attribuzione di senso e di valore a quest’ultimo nella società contemporanea.
Dalla Preistoria alla contemporaneità. L’insieme delle discipline, che hanno in comune alcuni capisaldi metodologici (stratigrafia, tipologia, tecnologia, iconografia, topografia), si articola in specifici ambiti geografici, culturali, cronologici e tematici (Preistoria e Protostoria; Archeologia egea; Civiltà dell’Italia preromana ed Etruscologia; Archeologia classica; Archeologia cristiana, tardoantica e medievale; Numismatica; Topografia antica; Metodologie della ricerca archeologica; Archeologia moderna e contemporanea; Archeometria).
Lo studio si esplica attraverso un approccio sistemico e contestuale, con un apporto multidisciplinare, tramite l’impiego di tecniche e procedure di ricerca integrate che comprendano i sistemi delle conoscenze dello scavo archeologico, delle indagini territoriali, dei monumenti, della classificazione e dello studio di manufatti ed ecofatti, delle discipline storiche, numismatiche, etno-antropologiche, storico-artistiche ed epigrafiche, nonché dei rapporti con le discipline linguistiche, letterarie e delle strette interazioni interdisciplinari con le tecnologie innovative, la diagnostica, le scienze chimico-fisiche, della vita e della Terra».
Archeologia del terzo millennio. È sufficiente sottolineare solo pochi elementi perché emergano le novità: l’intero passato e non più solo l’antichità; l’archeologia moderna e contemporanea; l’archeologia tardoantica; l’approccio sistemico e contestuale; gli ecofatti insieme ai manufatti; l’archeologia pubblica e il ruolo nella società contemporanea. E molto altro ancora. Insomma, un’archeologia pienamente entrata nel terzo Millennio.
(Foto Qualigraphik/ Commons)
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