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Bradford: aerofotografia e archeologia dei paesaggi
La figura di John Bradford è per più versi importante nella nascita della moderna archeologia, in particolare in quel settore che chiamiamo “archeologia dei paesaggi” e specificamente nel campo della archeologia aerea. Sulla sua vita disponiamo purtroppo di pochissime informazioni e il suo ruolo è stato per una serie di ragioni quasi del tutto occultato. Ripercorriamo alcuni momenti della sua attività per cercare di comprenderne le ragioni.
John Spencer Purvis Bradford nacque a Ealing, in Inghilterra, il 28 agosto 1918.
Frequentò a Londra la Scuola di Westminster dal 1932 al 1936 e grazie a una borsa di studio fu ammesso agli studi di storia all'Università di Oxford, dove frequentò il Christ Church College tra il 1936 e il 1939. Partecipò a vari scavi in Inghilterra con la Oxford University Archaeological Society e diresse alcune ricerche.
Con lo scoppio della guerra anche Bradford nel 1943 dovette arruolarsi e viste le sue competenze, dopo aver seguito un corso di fotointerpretazione, fu assegnato con il grado di tenente (poi capitano) al Royal Intelligence Corps.
l rapporto tra archeologia e servizi segreti è stato a lungo (e lo è tuttora) una costante.
Inizialmente fu inviato in Nord Africa e poi fu trasferito alla Base Alleata di San Severo, dove fu costituita una sezione della Allied Photographic Reconnaissance.
In questo territorio pianeggiante erano, infatti, presenti numerose piste di decollo e atterraggio, molte delle quali attrezzate già al tempo della Prima guerra mondiale. Con l’alleanza italo-tedesca, la Luftwaffe assunse la direzione delle operazioni nella guerra e anche la gestione degli aeroporti in Capitanata. Foggia tra maggio e settembre del 1943 fu oggetto di ripetuti bombardamenti da parte delle forze alleate, a causa dell’importanza strategica della stazione, della presenza di varie fabbriche adibite alla produzione di armi e perché costituiva la principale base aerea. Dopo l’armistizio, il 10 ottobre gli Alleati liberarono Foggia e presero il controllo degli aeroporti.
La squadra di fotointerpreti nella quale operava Bradford lavorava in stretta collaborazione con la RAF nel Mediterraneo, i cui piloti e fotografi durante le missioni effettuavano migliaia di foto che immediatamente venivano sviluppate, esaminate e interpretate dal personale specializzato. A San Severo furono allestiti veri e propri laboratori per sviluppare, stampare e analizzare le foto, utili per individuare obiettivi nemici da colpire e anche per verificare gli effetti dei bombardamenti.
Bradford e il suo amico Peter Williams-Hunt, ufficiale e pilota, rispettivamente con una laurea in storia e in etnologia, pur essendo impegnati in operazioni belliche erano e restavano dei ricercatori, con un forte interesse per l’archeologia. Il loro intuito li portò a ipotizzare che la pianura del Tavoliere nascondesse tracce archeologiche di insediamenti antichi. Cominciarono, pertanto, a osservare anche con occhio archeologico le foto orizzontali. Il loro sospetto si dimostrò più che fondato perché scoprirono un numero eccezionale di siti archeologici di varie epoche, dal Neolitico al Medioevo.
Riuscirono anche, nei mesi di aprile-giugno del 1945, a convincere i vertici della RAF, prima del rientro in Inghilterra delle truppe e degli aerei stazionati a Foggia, a eseguire dei voli d'addestramento per verificare la presenza dei siti. Inoltre, Peter Williams-Hunt era pilota e così in coppia i due ufficiali ottennero il permesso di utilizzare un aereo Fairchild per effettuare riprese oblique. La stagione (aprile, maggio, giugno) era ottimale per la formazione dei cropmark, cioè le tracce da vegetazione nelle colture in maturazione. La presenza di murature sepolte o di fosse, trincee, canali produce, infatti, una diversa crescita della vegetazione, ben rilevabile sulle foto grazie alle differenze di colore. Riuscirono poi, nel giugno del 1945, a entusiasmare un gruppo di fanti e a reclutarlo per eseguire alcuni saggi di scavo, giustificandoli come Progetto Educativo dell'Esercito.
Le fotografie aeree realizzate diventarono anche un supporto prezioso per impedire il bombardamento di città e monumenti storici.
Grazie alle sue competenze Bradford collaborò anche con il Tenente Colonnello John Bryan Ward-Perkins, direttore del corpo specializzato The Monuments, Fine Arts and Archives (MFAA) in Italia, istituito dagli Alleati nel 1943 per proteggere il patrimonio culturale in particolare dal depredamento o dai danneggiamenti dei tedeschi (reso famoso dal film Monuments Men).
Alla fine della guerra Bradford tornò in Inghilterra deciso a proseguire le ricerche in Puglia. Intanto, nel 1947, era diventato assistente universitario al Museo Pitt Rivers di Oxford dove teneva anche corsi di archeologia aerea. II suo entusiasmo contagioso riuscì a convincere le maggiori personalità del mondo archeologico inglese di allora. Nacque così l'Apulia Committee sotto la presidenza di uno dei più grandi archeologi, sir Mortimer Wheeler e l'egida della prestigiosa Society of Antiquaries of London, di cui era diventato membro nel 1948. Inoltre, insieme a Ward-Perkins, divenuto Direttore dell’Accademia Britannica a Roma, Bradford, a guerra conclusa, contribuì alla creazione di collezioni di fotografie aeree nelle Accademie americana, britannica e svedese a Roma, nonché all'Università di Oxford.
Nel 1948 sposò Patience Felicity Andrews, specializzata in arte medievale e archeologia, che diventò la sua più stretta collaboratrice.
Nel 1949 e nel 1950 con l'ausilio e il permesso delle autorità italiane e con l'aiuto finanziario dell'Apulia Committee e di altre fondazioni italiane e inglesi e il sostegno della Accademica Britannica di Roma, Bradford assieme alla moglie Patience condusse due campagne di ricognizione e di scavo in alcuni dei siti selezionati dalle fotografie aeree nel territorio della Daunia.
La terza stagione di lavori in Puglia, prevista nel 1951, fu bruscamente interrotta e non venne più ripresa. Per molti questo rimane un mistero. Pare che alla fine degli scavi del 1950 Bradford abbia avuto vari problemi e John Ward-Perkins non nascose i suoi dubbi sulla possibilità di portare a termine il programma. Esistevano forse anche problemi di finanziamento, malgrado Bradford fosse infaticabile nel cercare sostenitori disposti a finanziare le sue ricerche. In realtà si manifestò una sostanziale divergenza di vedute sull’impostazione del lavoro di ricerca sul campo. Bradford, che apprezzava le teorie dello storico francese Marc Bloch, insisteva su un approccio “olistico” nello studio dei paesaggi ed era forse troppo in anticipo rispetto al suo tempo.
Nel 1957 vedeva la luce la sua opera principale, Ancient Landscapes, un libro ancora oggi fondamentale. In quel periodo, inoltre, la salute di Bradford cominciava a peggiorare. Erano forse i primi sintomi di quella malattia fatale e imperdonabile che dal 1960 fino alla sua morte lo tenne rinchiuso in ospedale, ponendo fine tragicamente alla sua carriera accademica. Il 12 agosto 1975 morì dimenticato da molti. È necessaria un’ulteriore precisazione: all’inizio si pensò che fosse alcolizzato. Così il suo profilo fu oscurato dalle storie ufficiali e anche per questo si sa pochissimo di Bradford. Si è poi scoperto che soffriva di una malattia neurologica congenita degenerativa che aveva molti sintomi in comune con l’alcolismo.
Ciò che rende ancora oggi interessante e affascinante la figura per più versi “segreta” di John Bradford (motivo per cui ho voluto raccontarne la vita anche ai lettori di Archeologia Viva) è che il suo lavoro segreto sul materiale fotografico realizzato per la guerra è stato alla base della ricerca scientifica, dell’archeologia, della conoscenza del patrimonio culturale.
Piste e campi, tracce effimere di un pezzo di storia “segreta”
Bradford operava nei servizi segreti. Segrete erano le foto realizzate a fini bellici. Ma è la ricerca archeologica stessa ad avere una matrice che potremmo definire basata sulla storia segreta (attenzione non sul mistero come spesso si dice) per la natura stessa delle sue fonti. L’archeologo si basa infatti su tracce, indizi, spie, frammenti di un universo di fonti andato irrimediabilmente perso: le individua, analizza e interpreta per proporre un racconto storico. Lo è a maggior ragione l’indagine archeologica aerea, che cerca di cogliere tracce a partire dalle minime differenze di colore rilevabili sulle foto.
Ma quanto durano le tracce? Proprio quei paesaggi di guerra offrono un esempio interessante: dopo solo settant’anni che tracce hanno lasciato piste, hangar, ricoveri, strutture per il comando? Oggi restano quasi solo le grelle, robusti pannelli d'acciaio perforati e componibili, variamente reimpiegate e ancora oggi parte del locale paesaggio urbano e rurale, rara traccia di quelle imponenti opere effimere.
Nello straordinario archivio di foto aeree messo insieme da Bradford, e ancora oggi solo in parte sfruttato, sono presenti documenti straordinari su questo articolato sistema di aeroporti.
Purtroppo, le campagne del Tavoliere negli ultimi decenni hanno subito profonde trasformazioni, soprattutto a partire dalla diffusa meccanizzazione dei lavori agricoli. Molte tracce dei villaggi trincerati neolitici, delle ville romane, delle strade della centuriazione e dei siti medievali sono oggi quasi scomparse. Il confronto tra le foto di Bradford e quelle realizzate negli anni passati è impietoso.
Oggi possediamo strumenti impensabili ai tempi di Bradford per lo studio dei paesaggi stratificati e per effettuare analisi globali e contestuali, con l’uso integrato di fonti, dalla ricognizione sistematica, all’uso dei vari strumenti geofsici: indagini geoelettriche, georadar, geomagnetiche, un insieme di tecniche e tecnologie sempre più sofisticate. Oltre alle foto aeree disponiamo delle immagini satellitari e in particolare del Lidar, che consente di leggere le anomalie anche in zone quasi prive di visibilità come i boschi o i territori incolti. Tecnologie che però non escludono mai il lavoro più propriamente archeologico: l’indagine autoptica, lo scavo, lo studio diretto di monumenti, strati, reperti.
La “maledizione” del progetto Apulia?
Possiamo parlare di una misteriosa maledizione dell’archeologia aerea? La vicenda Bradford è, infatti, segnata una serie di tragici incidenti. Peter Willams-Hunt, suo amico e collega di ricerche morì nel 1953 in un tragico incidente in Malesia ad appena 35 anni.
Agli inizi degli anni Sessanta, dopo il ricovero di Bradford in ospedale, l'Apulia
Committee propose alla moglie Patience di riprendere gli studi in alcuni siti medievali della Puglia, interrotti dieci anni prima. Patience accettò con entusiasmo. Amava la Puglia e ricordava con piacere i tempi trascorsi con il marito. L'età medievale l'appassionava, in particolare nutriva una grande ammirazione per Federico II. Nell'estate del 1963 Patience ritornò in Puglia e con l'aiuto di manodopera locale avviò uno scavo in località Casone nei pressi di San Severo. La Fondazione Lerici aveva messo a disposizione un magnetometro, ancora in via sperimentale, e un tecnico per verificare la presenza di strutture sepolte: fu scoperto così un forno medievale. Una sera, finito il lavoro giornaliero, Patience ritornò sullo scavo e fu colta da malore improvviso; la giornata era stata calda e già nel 1949 Patience aveva sofferto di una leggera forma di ictus. Perse l'equilibrio e cadde battendo la schiena su un grosso sasso semi-sepolto. Nelle vicinanze non c'era nessuno. L'operaio che l'aiutava era già rincasato e così passò del tempo prima che l'allarme venisse dato e fosse ricoverata all'ospedale di San Severo. A Roma John Ward-Perkins e la moglie ricevettero una telefonata nel mezzo della notte e si precipitarono a Foggia dove organizzarono il suo rientro in Inghilterra. Anche la carriera archeologica di Patience terminò tragicamente. Rimasta paralizzata e non ebbe la forza di riprendere il lavoro che era stata la sua ragione di vita. Visse a Oxford fino alla morte nel 1985 curata prima dal padre novantenne e poi da un'amica fedele.
Per saperne di più: F. Franchin Radcliffe (a cura di), Paesaggi sepolti in Daunia. John Bradford e la ricerc
Bradford: aerofotografia e archeologia dei paesaggi, in Archeologia Viva, XLII, n. 222, novembre-docembre 2023, pp. 70-7
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