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Chiusura di Archeologia a Unifg: la testimonianza di Franco Cambi

DALLA PARTE DELLA MEDUSA
Spero anche io che la Medusa di Arpi ispiri saggezza ai membri del Senato Accademico dell'Ateneo foggiano chiamati domani a votare sulla Laurea Magistrale di Archeologia.
Sappiamo bene che i corsi di laurea aperti qua e là sono troppi. Negli anni noi Docenti siamo stati costretti ad applicare leggi e riforme che non ci piacevano e la critica che ci vede eccessivamente proni di fronte alle invenzioni di questo o quel ministro o superfunzionario ministeriale contiene del vero. Ma non sempre siamo riusciti ad avere accesso ai sacra imperii o ad avere rappresentanti con una visione globale e non riduttivamente normativistica della questione. In questi pochi, ultimi anni, le frammentazioni degli organi collegiali hanno prodotto danni ingenti. La divisione in quattro consulte universitarie, organi che dovrebbero concorrere a orientare gli indirizzi della formazione universitaria, il granitico rifiuto alla costituzione di una consulta unica degli archeologi, sono il segno di una paralisi che, evidentemente, fa comodo a tanti. Sarebbe tuttavia impreciso fare risalire le criticità di governo del patrimonio culturale soltanto alla struttura della formazione universitaria. Accanto alla frammentazione nella alta formazione scontiamo, infatti, un forte ritardo culturale nei settori della tutela e della gestione. 
Nel caso foggiano si pongono le questioni si pongono su due ordini, uno generale e uno ambientale. Partiamo dal generale. La laurea magistrale in archeologia di Foggia non va chiusa perché è una delle migliori scuole di archeologia del nostro paese, per qualità della formazione e delle ricerche svolte. Se la Regione Puglia ha oggi, unica regione italiana, una Carta dei beni culturali, è perché l'elevato livello progettuale della archeologia foggiana ha permesso che si formassero linguaggi e piani di condivisione unitari fra mondi diversi (ricerca, formazione, istituzioni, tutela, governo del territorio, associazioni). Questo è solo uno dei tanti motivi per cui la chiusura di quella LM rappresenterebbe un grave danno. Questa chiusura seguirebbe, a ruota, la soppressione della Scuola di dottorato in Storia e Archeologia Globale dei Paesaggi, una scuola attiva, aperta, capace di dialogare con aree disciplinari le più diverse (agronomia, diritto, geografia, storia, urbanistica…), italiane e straniere. Il danno sarebbe gravissimo per tutta l'archeologia italiana, e non solo per la archeologia. 
Stiamo vivendo una fase brutta della storia accademica del nostro paese in cui diritto amministrativo e normativismo stanno soffocando tutto e diventano il principale parametro di valutazione. Un ricercatore può anche fare scoperte straordinarie ma sa che non verrà valutato per quelle bensì per il modo in cui ha rendicontato poche migliaia di euro di finanziamento. Alla stessa maniera, non si valuta la qualità della formazione trasmessa ma se i frequentanti sono dodici invece che quindici. Non si considera il fatto che uno studente abbia partecipato attivamente a molte ricerche sul campo o in laboratorio ma quanti crediti abbia maturato in attività non sempre certificate.  
La questione "ambientale" è in linea con il costume accademico italiano. In breve: un Rettore giovane e dinamico, archeologo, prende una giovanissima università e cerca di portarla su livelli elevati (tutta, non solo per i settori di sua competenza o adiacenti). Riesce ad ottenere eccellenti risultati, riconosciuti da tutti. Si potrebbe proseguire per quella strada, valorizzando l’esistente, accrescendo il notevole patrimonio già accumulato e, magari, procedendo alla soluzione delle criticità ancora esistenti. Chiudere la LM in Archeologia di Foggia, una delle migliori nel nostro paese, è un atto contrario agli interessi generali di quell’Ateneo e della comunità foggiana in generale. Con una aggravante. Foggia è una realtà complessa, piena di enormi potenzialità (perfettamente intuite da Giulio Volpe) ma con problemi socio-economici vecchi e nuovi, che possono trovare sbocchi e soluzioni se si mantiene alto il livello delle professionalità, dell'etica e delle consapevolezze culturali. Al contrario, questi problemi possono incancrenirsi se prevalgono corporativismi, faziosità e giochi di potere, con conseguente indebolimento delle identità culturali locali.

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