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Cinque giorni a Chengdu

Breve e intensa esperienza in Cina, a Chengdu, capitale della provincia del Sichuan, che ha per simbolo il Panda (anche se il suo slogan è ‘more than Pandas’). È una zona della Cina interna, che non avevo mai avuto modo di conoscere, e che riserva numerose sorprese. Una città moderna, di 8 milioni di abitanti, in una provincia grande una volta e mezza l’Italia con circa 100 milioni di persone. Sono qui con Daniele Manacorda e Susanna Ferrini, collega architetta dell’Università di Pescara da molti anni attiva anche in Cina, su invito del Chengdu Cultural Relics and Archaeology Reserch Institue e in particolare del suo direttore Wang Yi, direttore anche del Jinsha Site Museum e con molte altre cariche direttive nel campo del patrimonio culturale. Archeologo di alto profilo, persona di notevole intelligenza e di straordinarie capacità organizzative, è il vero protagonista della politica della ricerca, tutela e valorizzazione del patrimonio archeologico nella città e nell’intero territorio del Sichuan, in particolare da quando, a partire dal 2000, ha ottenuto il pieno sostegno degli organi dirigenti della Città, della Provincia, del Governo nazionale e del Partito e ha potuto dar vita a iniziative eccezionali, come l’allestimento di musei e parchi monumentali e innovativi, come il museo di Chengdu (in collaborazione con consulenti inglesi), il parco e il museo di Jinsha site (in collaborazione con consulenti francesi), il parco e il museo di Sanxindui, e infine il grande scavo nel cuore di Chengdu, Donghuamen site, per la cui sistemazione vorrebbe avvalersi della collaborazione italiana. È questo il motivo principale della nostra visita e del nostro primo contatto con il sito e la realtà dei musei e dei parchi locali e con l’efficiente équipe di Wang Yi, della quale fanno parte anche vari preparati giovani ricercatori, archeologi, architetti, restauratori, che hanno effettuato anche lunghi periodi di studio in Europa.

Alcune prime impressioni a caldo. In Cina si sta vivendo una stagione nella quale, dopo una fase in cui prevaleva la logica della rapida modernizzazione, con costruzioni di palazzi e grandi infrastrutture, è andato cresce l’interesse per il patrimonio culturale, per i musei, i parchi, i luoghi della cultura, non solo per fini turistici (che pure ci sono) ma anche per una maggiore consapevolezza del valore del loro passato e del loro patrimonio. Pertanto ci sono possibilità e mezzi da noi inimmaginabili e soprattutto un entusiasmo e una voglia di fare che comunica una energia elettrizzante, ormai impensabile nel nostro Paese, stanco e ripiegato su se stesso, nel quale prevale ancora una visione anacronistica di valorizzazione del patrimonio, nonostante i recenti progressi (e ora speriamo che non si rischi un ritorno al passato e una vera e propria restaurazione): basti visitare uno dei tanti musei e parchi qui realizzati nell’ultimo ventennio per rendersi conto della siderale distanza rispetto ai nostri (a parte l’indubbia qualità delle nostre collezioni) in quanto a servizi, organizzazione, efficienza, cura del contesto paesaggistico nei quali sono collocati, qualità delle guide, ecc. Avremmo molto da imparare! Ma certamente anche da insegnare. Godiamo, infatti, di grande considerazione e abbiamo registrato un sincero interesse a sviluppare collaborazioni con l’Italia nel campo del patrimonio culturale.

La Cina (che avevo visitato oltre 15 anni fa) è in continuo cambiamento, con un dinamismo impressionante e una velocità nelle decisioni e nelle realizzazioni davvero impensabili nel nostro Paese. A volte anche con una velocità che loro stessi considerano pericolosa per i rischi di errori che inevitabilmente comporta. Restano, però, varie contraddizioni, come la difficoltà nell’uso delle carte di credito (abbiamo avuto seri problemi con Mastercard per alcuni acquisti e anche per il prelievo di liquidi), o il blocco di Google o di Wapp (o anche dei comuni social network come Facebook, Twitter, ecc.), che ha provocato non pochi problemi di comunicazione. Per alcuni giorni l’isolamento è anche salutare, sul lungo periodo rappresenta un problema (che certo è risolvibile con altri strumenti): qui usano diffusamente WeChat, orami per tutto, per le chat, per la condivisione di foto, commenti, opinioni, e anche per il pagamento: dappertutto tutti pagano con questo sistema, quasi senza più uso di liquidi.

Altre impressioni minime (ma non tanto) di vita quotidiana. Colpisce la pulizia della città, soprattutto se messa a confronto con il degrado diffuso delle nostre. Fa tenerezza vedere spazzini/e con scopetta e paletta che si aggirano dappertutto per raccogliere una foglia, un pezzetto di carta, una sigaretta. E che dire della cura del verde, dei fiori, degli alberi: impressiona vedere squadre di operai/ie al lavoro sotto i cavalcavia per sostituire/aggiungere fiori, rasare il prato, curare le piante rampicanti che si sviluppano fino a coprire completamente i piloni, e produce una certa invidia, pensando a quegli spazi di degrado urbano comuni purtroppo nelle nostre belle città.

La cucina (lo sapevo bene ma anche questa volta ne ho avuto maggiore conferma) è un elemento culturale centrale in questa società e rappresenta anche un rito. La qualità e la varietà del cibo è davvero straordinaria. La cucina del Sichuan, una delle migliori dell’intera Cina (ovviamente noi parliamo di cucina cinese, che non esiste in quanto unica, ma bisognerebbe parlare delle infinite varietà regionali e locali sono un altro elemento di analoga con il nostro Paese) si caratterizza per essere particolarmente piccante. Il momento del pasto è sacro e rappresenta un’occasione unica anche per socializzare, chiacchierare, conoscersi meglio, stringere relazioni: anche in questo la Cina si conferma una grande e antica civiltà. Caschi il mondo, alle 12 si pranza, e alle 18:30 circa si cena. Al ristorante, al tavolo rotondo con il passavivande rotante che gira di continuo, si provano sapori vari, diversi, intensi, delicati. Il significato dei piatti comuni centrali dai quali si attinge di continuo, usando le bacchette che ti costringono in qualche modo a mangiare più lentamente, con piccoli pezzi, che ti consentono di distinguere i vari sapori. Nelle cene più ufficiali, poi, c’è il rito dei vari brindisi ripetuti (con bicchierini di grappe di riso o vari cereali assolutamente eccellenti): spesso un commensale si alza da tavola e va da un altro per salutarlo e brindare con lui come segno di benvenuto, di amicizia, di rispetto: è un rito bellissimo (anche se alla fine della cena il tasso alcolico per il numero dei bicchierini bevuti può essere parecchio elevato!).

La cortesia, la gentilezza, la disponibilità dei colleghi che abbiamo incontrato sono commoventi e fanno il paio con l’efficienza, l’organizzazione ineccepibile, la cura nei dettagli. Siamo stati curati e coccolati dal primo all’ultimo minuto, accompagnati nelle visite ai musei e ai siti, con un’attenzione che non è affatto formale (anche se le gerarchie sono ben chiare e definite), anzi sempre in un clima molto amichevole e assolutamente informale. L’Istituto e i musei hanno équipe numerose ed efficientissime: lo abbiamo potuto verificare, ad esempio, quando hanno deciso da un giorno all’altro di rendere pubbliche le nostre relazioni (prima previste solo per un pubblico di specialisti e esperti del settore) e dopo meno di 24 ore dalla decisione, attraverso i loro canali di comunicazione, il grande Auditorium del museo di Chengdu era pieno di centinaia di persone (soprattutto giovani) che si sono prenotate, mentre lo streaming delle conferenze ha raggiunto non meno di 10.000 contatti.

 


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