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Il dolore degli archeologi per la scomparsa di Peppino Roma
L’improvvisa scomparsa di Giuseppe Roma (Peppino per tutti gli amici e colleghi) lascia un segno profondo nella comunità degli archeologi, per i rapporti di amicizia e di affetto che lui ha saputo costruire nel corso degli anni.
Ricercatore attivo e appassionato, ha dedicato tutta la sua vita all’approfondimento di vari aspetti della Tarda Antichità e del Medioevo della Calabria, svolgendo ininterrottamente, fin dal 1993, la funzione di docente di Archeologia Cristiana e Medievale presso l’Università della Calabria, dove ha tenuto varie cariche, Senatore accademico, Direttore del Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti, Direttore del Centro Interdipartimentale di Diagnosi, Conservazione e Restauro.
Ha condotto importanti scavi e ha approfondito vari temi dell’archeologia della Calabria, in particolare i rapporti tra Longobardi e Bizantini nelle aree di confine e le forme dell’insediamento tra Antichità e Medioevo: tra gli ultimi interventi da lui diretti, basti citare quelli a Murgie di S. Caterina, Rocca Impariale o quelli condotti nell’area della chiesa di S. Pietro a Frascineto (CS).
Notevole è stato anche il suo impegno internazionale, con progetti e collaborazioni con varie università e centri di ricerca di molti paesi: dal gruppo di ricerca ArchMed CISA3 dell'Università della California a San Diego alla collaborazione con lo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme, dalle ricerche archeologiche a Cartagine a quelle della Missione Archeologica Italiana a Champlieu (Francia) a quelle, infine, condotte nella sua amata Albania.
Tra i tanti suoi interessi di ricerca (ricordo con affetto le sue periodiche telefonate nelle quali mi aggiornava sulla sua frenetica attività in Italia e all’estero), mi piace ricordare l’indagine, che considero assolutamente geniale, sui Bronzi di Riace. Giuseppe Roma ha avuto il merito di affrontare il tema del luogo di rinvenimento delle due celebri sculture greche in maniera decisamente nuova, pubblicando nel 2009 un importante articolo nella prestigiosa rivista Ostraka, diretta da Mario Torelli (I Bronzi di Riace. Alcune considerazioni) e poi nella rivista, da me diretta, L’archeologo subacqueo (I Bronzi di Riace. Un contesto trascurato): la sua proposta stabiliva un collegamento tra le due statue e il culto dei Santi Cosma e Damiano, protettori di Riace, dove ancora oggi si svolge una processione che da Riace Superiore si snoda fino allo ‘Scoglio dei santi Cosma e Damiano’, dove furono recuperate le statue a soli 6 metri di profondità, e getta nuova luce su aspetti mai chiariti prima, stabilendo una relazione di lunga durata e estremamente suggestiva tra le sculture di età greca, la loro rilettura come Dioscuri e poi come Santi Medici e, infine, il loro seppellimento per salvarle, in attesa di tempi migliori, ma più presentatisi, prima della fortuita scoperta del 1972. Una lettura che mette insieme archeologia, storia, storia del cristianesimo, etnoantropologia, tradizioni locali, geomorfologia: un approccio globale degno di un grande studioso. Ancora recentemente, nel corso di indagini subacquee lungo la costa, che nel corso dei secoli ha subito notevoli variazioni, mi aveva segnalato la scoperta di un possibile molo con tracce riferibili alle sculture.
Peppino è stato uno dei principali archeologi medievisti dell’Italia meridionale, capace di abbinare ricerca scientifica e didattica all’impegno nelle istituzioni e nella società. Ed era soprattutto un amico affettuoso e generoso. Ci resta, pertanto, non soltanto il ricordo del suo impegno scientifico, culturale, civile e politico, ma anche e soprattutto quello della sua straordinaria umanità e generosità.
In qualità di presidente della Consulta universitaria per le archeologie postclassiche e della SAMI-Società degli archeologi medievisti italiani, di cui Peppino era socio, voglio esprimere, a nome dell’intera comunità archeologica italiana, una sincera e affettuosa partecipazione al dolore della sua famiglia, dei suoi collaboratori, allievi e colleghi dell'Università della Calabria e di tutti gli archeologi che hanno apprezzato le doti scientifiche e umane e la lezione di impegno, passione, rigore etico.
Pubblicato in Quotidiano del Sud, 18.6.2018, pp. 1, 26
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