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La Scuola Archeologica Italiana di Atene

Ho tenuto in questi giorni alcune lezioni alla SAIA-Scuola Archeologica Italiana di Atene, su invito del suo attivissimo Direttore, Emanuele Greco, uno dei più noti e prestigiosi archeologi italiani, molto apprezzato per le iniziative di alto profilo che la Scuola conduce da anni, come la fondamentale edizione in più volumi della Topografia di Atene. Ho trovato allievi molto interessati e impegnati: in questi momento una decina di giovani archeologi, tra specializzandi e perfezionandi della stessa Scuola e dottorandi di ricerca di vari corsi di dottorato di Università italiane che trascorrono un periodo di studio alla Scuola. Giovani studiosi che seguono cicli di lezioni seminariali con vari docenti e lavorarono alla propria ricerca, visitano siti archeologici e musei, partecipano a campagne di scavo, trascorrono molte ore nella Biblioteca, fermandosi a studiare fino a tardi la sera, sabato e domenica compresi: una biblioteca specializzata, quella della SAIA, che ora soffre, come tutte le attività della Scuola, per mancanza dei fondi necessari per gli aggiornamenti. La SAIA, contrariamente a quanto accade per le Scuole di altri paesi come USA, Francia, Germania, Inghilterra, ecc., che hanno sedi in numerosi paesi del Mediterraneo, Italia compresa, è l’unica Scuola archeologica italiana all’estero. Ha da poco festeggiato i suoi 100 anni, ma vive vita stentata, con fondi che ormai non coprono nemmeno i costi del personale e del minimo funzionamento. La sede (biblioteca, laboratori, uffici e residenze), posta strategicamente nei presi dell’Acropoli, necessiterebbe di lavori di ristrutturazione e di adeguamento tecnologico, la Biblioteca dell’indispensabile aggiornamento, le attività di scavo, di ricerca, di formazione e di edizione di fondi adeguati. Scherzando con gli allievi, dicevo che più che ateniese la Scuola sembra spartana, considerato lo stile assolutamente ‘sobrio’ e rigoroso che ne caratterizza la vita. Ma non è certo il lusso o gli agi che servirebbero (gli archeologi sono abituati da sempre ad un regime di vita ‘da cantiere di scavo’) quanto le risorse per lo studio e le ricerche sul campo. Altre scuole straniere nella stessa Atene non vivono una condizione minimante paragonabile a quella italiana: i loro paesi, pur in un momento di crisi, non hanno mai ridotto i fondi, semmai li hanno aumentati. È uno scandalo tutto italiano condannare a vita grama e anche al rischio di chiusura definitiva una istituzione tanto prestigiosa e apprezzata nel mondo. Uno scandalo che riguarda ormai tutte le istituzioni culturali e scientifiche, ma che è ancor più grave nel caso della nostra unica struttura di ricerca e di alta formazione archeologica all’estero. Mi auguro che anche in questo caso le politiche governative nel campo della cultura e delle ricerca conoscano presto una decisa inversione di rotta.
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