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La posta in gioco del Piano Paesaggistico

Era prevedibile. Appena giunto alla fase di approvazione definitiva e, quindi, di attuazione, il nuovo Piano Paesaggistico Territoriale Regionale della Puglia ha scatenato un putiferio di opposizioni, di distinguo, di cautele, di timori. Con una preoccupante trasversalità, tanto i partiti di centro-destra quanto ambienti del PD si affannano a chiedere rinvii o addirittura revoche. La motivazione dichiarata è la mancata condivisione. La motivazione reale, presumo, è il terrore per un Piano che disegna una Puglia diversa, innovativa, con progetti di sviluppo sostenibile e compatibile con le peculiarità del territorio; un Piano che blocca il bulimico consumo di territorio, che, in nome di un malinteso sviluppo, ha progressivamente cementificato, bruciato risorse, consentito la distruzione di beni comuni; un Piano che è fondato su una solida base conoscitiva e che si avvale di una Carta Regionale dei Beni Culturali nella quale sono censiti oltre diecimila siti di interesse culturale; un Piano che non si limita semplicemente con un approccio estetico a proteggere alcune énclaves di ‘bel paesaggio’, considerate come isole in un oceano di brutture e di cemento, ma che si occupa dell’intero territorio regionale, delle periferie, delle coste, delle aree interne; un Piano elaborato nel corso di molti anni e giunto per primo al traguardo dell’approvazione da parte del Ministero per i Beni Culturali, dopo un esame rigoroso durato oltre tre anni; un Piano che è ormai considerato un modello, che viene studiato e imitato da molte altre regioni italiane. Un vero primato pugliese.

Ancor più assurda appare la critica per la mancata condivisione. Quello della Puglia è un Piano largamente condiviso, frutto di una impostazione realmente democratica e partecipata. Non solo perché ci hanno lavorato decine di specialisti provenienti dalle quattro università della Puglia e di altre regioni italiane e un ampio gruppo di giovani ricercatori e di professionisti, coordinato da Alberto Magnaghi, uno dei più grandi urbanisti a livello internazionale, ma perché è stato presentato e discusso in numerose conferenze d’aria (non meno di 13) tenute nelle città principali e anche in piccoli centri della Puglia. L’Assessorato all’Assetto del Territorio, magistralmente coordinato dall’assessore Angela Barbanente, è stato per anni un vero laboratorio, frequentato da decine di persone, associazioni, rappresentanti degli Enti locali. Il Piano è stato oggetto anche di varie pubblicazioni, sia curate dalla stessa Regione, sia ospitate in prestigiose riviste specializzate, come il numero speciale dedicato dalla nota rivista ‘Urbanistica’ (LXIII, 147, luglio-settembre 2011). Ma pretendere che i consiglieri regionali studino una rivista specializzata è forse chiedere troppo.

Meno giustificabile è che non abbiano consultato nemmeno il sito della Regione Puglia specificamente dedicato al Piano (http://paesaggio.regione.puglia.it) nel quale sono stati di volta in volta pubblicati tutti i contributi e che dal 2010 consente di conoscere il PPTR nella sua interezza. Ci sono informazioni sulla struttura del Piano, sulla segreteria tecnica e i gruppi di lavoro, sull’Osservatorio al quale sarà affidato il compito del monitoraggio e aggiornamento permanente, sull’Atlante del Patrimonio, sugli obiettivi strategici generali e sui Progetti territoriali (La rete ecologica regionale; Il patto città-campagna; Lo scenario infrastrutturale; La valorizzazione della costa), i Progetti integrati (Corridoio ecologico del fiume Cervaro; Mappe di comunità ed ecomusei; Parco fluviale dell’Ofanto) oltre a tutte le informazioni sulle varie forme di partecipazione.

Possibile che ora si voglia colpire uno dei prodotti migliori della Puglia di questi anni? C’è da chiedersi anche dove fossero i consiglieri che ora lamentano scarso coinvolgimento quando si tenevano incontri, conferenze, laboratori. Dov’era il consigliere ed ex assessore del PD Fabiano Amati quando la Giunta, di cui faceva parte, approvava preliminarmente nel 2010 il Piano, prima di trasmetterlo al MiBAC per l’approvazione definitiva?

Insomma, mi sembra che ancora una volta emerga il quadro di una difesa di interessi di parte in opposizione alla difesa e alla valorizzazione degli straordinari paesaggi pugliesi, di una visione arcaica e superata del modello di sviluppo della Puglia, accompagnata anche da polemiche strumentali e da una sconfortante incapacità di studio dei problemi da parte di una sempre più ampia e trasversale classe politica. Mi auguro che le associazioni culturali e ambientali, i settori più avveduti e avanzati delle professioni e della società civile, facciano sentire la propria voce, per evitare che prevalgano gli interessi particolari nel bloccare o stravolgere il PPTR, ma semmai per contribuire a migliorare ulteriormente questo straordinario strumento democratico di pianificazione del futuro della Puglia.

 

Giuliano Volpe

Rettore dell’Università di Foggia; componente del Consiglio Superiore per i Beni culturali e paesaggistici

Articolo pubblicato su La Gazzetta del Mezzogiorno, 5.9.2013, p. 25
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