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Napoli merita un museo della città
Andrea Carandini ha recentemente avanzato sul Corriere della Sera alcune proposte al nuovo ministro della Cultura Alessandro Giuli. Tra queste una proposta che, in verità, Carandini illustra, inascoltato, da anni: quella dei musei di storia delle città. Lo ha fatto più volte per Roma e anche per l’intera Italia, in quest’ultimo caso proponendo come sede naturale il Quirinale.
Anche chi scrive, nell’ambito delle proposte elaborate ormai dieci anni fa, nel 2014, presiedendo una commissione mista tra Ministero della Cultura (allora “dei beni e delle attività culturali e del turismo”) e di Roma Capitale, per un piano strategico dell’area archeologica centrale di Roma. Un museo capace di raccontare l’intera vicenda della città eterna. Anche in quella occasione si precisava che non dovesse trattasi di «un museo che si aggiunge agli altri, numerosi, già presenti, non una galleria di oggetti, sia pur di pregio, ma un museo innovativo, tecnologico, ricco di idee più che di oggetti, capace di raccontare l’intera storia della città dalle origini fino ad oggi».
Un museo che «dovrebbe costituire il luogo nel quale tutta la conoscenza relativa alla storia della città potrebbe essere ricomposta in un racconto unitario e in una prospettiva di alta promozione culturale». Tra le sue caratteristiche si indicava la necessità di «rendere l’architettura lo strumento che permette di riconnettere tutta la conoscenza relativa alla storia della città, del suo territorio e dei loro paesaggi, senza considerare i monumenti come elementi antologici, isolati, o scissi dalle decorazioni, ma come elementi contestualizzanti integrati dall’arte; costituire una struttura unitaria, istituzionale, non frazionata tra diverse competenze e adatta a gestire la complessità del contesto urbano e della sua gestione e valorizzazione culturale; offrire un racconto unitario per la comprensione diacronica della città e del suo territorio». Parole che dieci anni dopo sento di confermare una a una. E di applicarle a un altro caso straordinario: Napoli.
Carandini, infatti, nel suo recente già citato intervento, indica Napoli come altro caso di grande città con una storia plurisecolare, propria di una grande capitale del Mezzogiorno, e si è detto pienamente d’accordo il direttore del parco archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel in una intervista al Corriere del Mezzogiorno.
Napoli merita, infatti, indubbiamente un museo della città così concepito. Non l’ennesima galleria di oggetti, ma un lungo capace di parlare a tutti, bambini e anziani, napoletani e stranieri e di far cogliere il senso profondo della storia di quella straordinaria città. Con una selezione accurata e rigorosa di pochi oggetti, opere e documenti e un uso intelligente delle tecnologie multimediali, contrario alla bulimia delle cose e, al contrario, ricco di idee, storie, racconti, capace di porre al centro le persone e i luoghi. Un museo dotato soprattutto di una visione contestuale, globale e diacronica.
Se non ora quando? Nel 2025 Napoli festeggerà 2.500 anni di storia. Una storia lunga e importante, dalla fondazione greca, attraverso tutte le fasi romana, bizantina, normanna, sveva, angioina, aragonese e borbonica, e poi quella post-unitaria giù giù fino ad oggi. Periodi che hanno lasciato tracce indelebili impresse nel suo patrimonio culturale materiale e immateriale, compresa la grande tradizione religiosa (san Gennaro ma non solo), musicale, teatrale, letteraria, cinematografica, storico-filosofica, giuridica, medica, e, perché no, sportiva.
Cosa ci sarebbe di meglio per festeggiare una tappa così importante se non un museo che racconti l’intero percorso della città e della sua comunità. Sarebbe disponibile anche una sede meravigliosa: l’ha indicata già Carandini, e cioè Palazzo Fuga, il Real Albergo dei Poveri, la cui destinazione museale pare da tutti accolta. C’è chi ha proposto di farne il museo di Pompei. A me pare una proposta debole, che rischia da un lato di duplicare in parte lo storico Museo Archeologico Nazionale, dall’altro di continuare a insistere su Pompei come grande (e quasi unico) attrattore invece di valorizzare Napoli e il territorio e la sua storia lunga e complessa, rivolgendosi innanzitutto ai cittadini e anche ai sempre più numerosi turisti che visitano la città, scoprendo parti fino a tempi recenti inaccessibili come il Rione Sanità, che proprio grazie alla valorizzazione del patrimonio culturale (si pensi alla Catacombe di San Gennaro) ha avviato un percorso di riscatto e di sviluppo.
Un museo della città dovrebbe essere concepito anche e soprattutto un luogo di partecipazione attiva, di coinvolgimento, di inclusione, nello spirito della Convenzione di faro, per costruire una vera “comunità di patrimonio napoletana”. Mi associo quindi al suggerimento avanzato da Carandini al ministro Giuli, che rivolgo anche al sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, che da sempre, già come docente, rettore, ministro, ha dimostrato di avere una sensibilità e un interesse alto per il patrimonio culturale. Invito anche il mondo culturale napoletano (e non solo) a cogliere questa occasione per una discussione libera e laica in modo da costruire un progetto condiviso di alto profilo.
Con Manfredi, allora ministro dell’università, e con Dario Franceschini, nel 2020 si stipulò un protocollo interministeriale, al quale avevo personalmente lavorato, e si pensò di sperimentare strutture integrate tra Università e istituti del Ministero della Cultura.
Ecco ora un’opportunità di sperimentazione: il Museo della Storia della Città di Napoli a Palazzo Fuga, sede anche di un ‘policlinico del patrimonio culturale’, di cui Carandini e chi scrive parlano da anni, in cui integrare ricerca, alta formazione, valorizzazione, comunicazione, gestione innovativa del patrimonio culturale.
Un museo insomma della città, nella città, per la città.
Pubblicato in https://www.huffingtonpost.it/blog/2024/11/08/news/napoli_merita_un_museo_della_citta-17674752/
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