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Nel sito farò una seduta del Consiglio Superiore

Ancora una brutta figura davanti ai visitatori increduli e alla pubblica opinione internazionale. Ormai le assemblee sindacali organizzate senza preavviso, bloccando i cancelli, si ripetono ciclicamente. E producono danni irreparabili, quanto il crollo di un muretto o di un affresco: demoliscono in un attimo gli sforzi, il lavoro quotidiano, i restauri, i progetti.

Solo qualche anno fa stavamo quasi per rassegnarci all’idea di una Pompei diventata la Caporetto dei beni culturali italiani. Poi è cominciata una stagione nuova: il Grande Progetto Pompei è stato rimesso in carreggiata, con bandi di gara, cantieri a pieno ritmo, riaperture di domus, fino alla nuova sistemazione del cave canem di qualche giorno fa. E, ancora, la grande, bellissima, mostra al Museo di Napoli e nell’anfiteatro, esposizioni in giro per il mondo, un’altra mostra che aprirà i battenti fra qualche giorno a Milano per l’Expo, la ripresa degli studi, delle ricerche, e, si spera, anche della formazione superiore, con l’ambizioso progetto di una Scuola di archeologia.

Gli obiettivi ai quali si sta lavorando con una prospettiva pluriennale, finita questa fase convulsa e difficile, riguardano l’abbandono definitivo dalla gestione straordinaria, l’avvio sistematico della manutenzione ordinaria, una migliore comunicazione, servizi più efficienti, il decongestionamento dei luoghi più visitati con nuovi percorsi di visita nella città e nell’intero territorio vesuviano, l’integrazione tra parco archeologico, territorio e cittadini.

Il merito di questa inversione di rotta è di molti: dei ministri Massimo Bray prima e Dario Franceschini poi, dell’ottimo soprintendente Massimo Osanna, del generale Giovanni Nistri e della sua équipe, del personale della soprintendenza.

Infine, un’altra importante novità è rappresentata dall’assunzione di numerosi giovani archeologi e architetti, e anche giovani custodi, preparati, capaci di fornire ai visitatori informazioni corrette, di parlare le lingue straniere. Anche questo è un segno del grande cambiamento in atto: il superamento dello stereotipo del custode degli scavi.

Al contrario un certo modo di intendere il sindacalismo corporativo danneggia non solo la gloriosa storia del sindacato italiano, ma anche gli stessi lavoratori, Pompei e l’intero Paese. In questo modo si rischia di accrescere la netta, grave, separazione tra le soprintendenze, spesso percepite come ostili, chiuse, autoreferenziali, pronte solo a dire no, e la società italiana. E forse anche in questo modo si può spiegare il tentativo di introdurre misure chiaramente punitive (pericolose e sbagliate) come il silenzio-assenso o forme di controllo da parte dei prefetti previste dalla riforma della pubblica amministrazione.

Per proseguire sulla strada dell’apertura e del cambiamento serve coraggio. Non basta ripetere ossessivamente che non ci sono risorse e personale (il che è verissimo!): a Pompei le risorse e il personale ci sono, ma non basta.

Il caso di Pompei dimostra che serve anche un profondo cambiamento culturale, a partire dai comportamenti. È necessaria un’analisi coraggiosa e franca degli errori commessi, dei vizi e dei difetti. Eliminiamo definitivamente piccoli privilegi, rendite di posizione, corporativismi, logiche burocratiche, per riguadagnare la fiducia dei cittadini e un sostegno sociale.

Il Consiglio Superiore dei beni culturali ha sempre riservato un’attenzione particolare a Pompei. Il mio predecessore, Andrea Carandini, promosse un ampio progetto di conservazione e fruizione (Pompei archaeologia, Electa 2011) che è stato alla base del Grande Progetto. Nell’ultimo biennio ben due audizioni sono state dedicate alla città vesuviana e proporrò un’ulteriore audizione per la fine del 2015, a sostegno di quanti stanno lavorando per il futuro di Pompei. Una seduta straordinaria del Consiglio Superiore che sarebbe bello tenere proprio a Pompei.

 

Articolo pubblicato in La Repubblica, Napoli, 26.7.2015, p. VII.
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