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Ora liberiamo la parola bellezza dalla retorica
Continua a imperversare la retorica della Bellezza. Un tempo c’era quasi solo la nota rivista “Bell’Italia”, poi è arrivata l’inflazione. Sono fioriti festival, mostre, convegni e anche stati generali. Anche in televisione le trasmissioni (anche di buon livello) sul patrimonio culturale fanno un uso smodato della parola Bellezza (in gara con gli aggettivi, ormai quasi esclusivi del linguaggio televisivo, e non solo: “iconico”, “incredibile” e “pazzesco”). La politica non poteva restarne indenne e ha cominciato da alcuni anni ad appropriarsi delle parole che sembrano mettere d’accordo tutti, per cui si sprecano gli “Assessorati alla Bellezza”, a volte anche in regioni e città che hanno non pochi problemi di degrado, incuria, assenza di decoro e addirittura di igiene pubblica. Si sa, le ‘belle’ parole sono fatte apposta per cambiare tutto “per nulla mutare” e così le biblioteche civiche hanno vita stentata, i musei faticano a restare aperti senza personale qualificato, i siti archeologici sono spesso in abbandono, chiese e palazzi sono a volte inaccessibili, chiudono le librerie, cinema e teatri fanno salti mortali per resistere, ma fioccano gli Assessori alla Bellezza. Solo nella nostra Regione (che si è anche dotata di una legge sulla Bellezza) se ne contano non pochi, da Apricena ad Andria e a Gallipoli. E pare, a dar credito a certi annunci, la Bellezza farà la sua comparsa anche nella prossima giunta comunale di Bari.
Di solito al bell’aspetto non corrispondono anche progetti culturali, strategie, idee, e si continua a confondere la cultura solo con eventi e spettacoli, banali (e costose) mostre blockbuster, pseudo conferenze (ben pagate) e presentazioni di libri di personaggi televisivi noti, trasformando un assessore in una sorta di “animatore di villaggio vacanze”.
Si obietterà: perché mai questa polemica con la Bellezza? Preferisci il Brutto? Semplicemente trovo quantomeno ingenuo, se non pernicioso l’uso retorico di certe categorie: come, per esempio, l’“Identità”. Non mancano, infatti, anche gli “Assessorati all’Identità”: a quanto pare questi ultimi normalmente sono di destra, mentre la Bellezza è di sinistra, direbbe Giorgio Gaber. Dà da pensare, allora, che un personaggio non classificabile come Vittorio Sgarbi sia riuscito ad essere Assessore ai Beni culturali e all’Identità siciliana in Sicilia e assessore alla Bellezza a Viterbo.
Cosa intendiamo per Bellezza? Possiamo darne una definizione univoca, condivisa e costante? In nome della Bellezza in passato si sono fatte scelte anche devastanti dal punto di vista della tutela e della conservazione del patrimonio culturale, come quando, anche in Puglia, si eliminava il Barocco dalle chiese per ripristinare una presunta purezza medievale. Per tanto tempo alle opere di Caravaggio si è attribuita scarsa attenzione, salvo poi diventare fenomeni pop. La percezione del bello, la valutazione estetica, il gusto sono variabilissimi, non solo cambiano da persona a persona e da cultura a cultura, ma anche e soprattutto evolvono con il tempo.
Anche Goebbels, il potente ministro della propaganda nazista, amava il Bello, in nome del quale ha autorizzato saccheggi, stragi e campi di sterminio!
L’inflazione della parola “Bellezza” andrebbe in realtà spiegata, perché evidentemente nasconde qualcosa che va molto oltre il suo abuso. In un momento storico caratterizzato da crisi economica, sociale, demografica, ecologica, ambientale e anche dalla guerra, la parola “Bellezza” diventa un paravento per trasfigurare in maniera semplicistica e rassicurante la realtà.
Così la celebre frase “la Bellezza salverà il mondo”, tratta dall'Idiota di Fëdor Dostoevskij, si è trasformata, non senza fraintendimenti del senso proprio di quella espressione nel contesto dell’opera, in pura banalizzazione: una frase da baci Perugina, ripetuta come un mantra in ogni occasione, tanto da trasformare, chi la pronuncia a vanvera, in un perfetto testimonial del titolo di quello straordinario capolavoro della letteratura russa.
Ora liberiamo la parola bellezza dalla retorica, in La Repubblica Bari, sabato 3 agosto 2024, p. 9.
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