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Presentazione del volume ‘Patrimoni culturali e paesaggi di Puglia e d’Italia tra conservazione e innovazione’

Roma, MiBACT, Salone del Ministro, 16.4.2014
Presentazione del volume ‘Patrimoni culturali e paesaggi di Puglia e d’Italia tra conservazione e innovazione
Introduzione di Giuliano Volpe

Ringrazio innanzitutto il ministro on. Dario Franceschini per aver voluto ospitare la presentazione di questo libro al Ministero e per la sua partecipazione a questo dibattito, con lui ringrazio la struttura organizzativa del ministero, dal Segretariato Generale al Gabinetto e all’Ufficio Stampa; permettetemi di ringraziare pubblicamente il ministro anche per la fiducia che dimostra nei miei confronti e per il suo convinto sostegno a fare del CS un organismo attivo e vitale, di indirizzo, di proposta e di supporto tecnico-scientifico in una fase di grande importanza per il Ministero e per le politiche dei BC nel nostro paese. Anche questa iniziativa rientra in tale visione, perché siamo convinti che sia necessario sviluppare un ampio, approfondito, livero e coraggioso confronto per elaborare quei progetti di profondo cambiamento e di innovazione assolutamente necessari per fare di questo ministero e dei BCP un asse strategico nelle politiche nazionali ed europee. Anche per questo il CS ha proposto al ministro di organizzare alla fine di quest’anno un convegno che consenta un bilancio critico a 40 anni dall’istituzione del ministero e soprattutto che disegni il ministero del XXI secolo.

Quest’anno ricorrono due ‘anniversari’: 40 anni fa, nel 1974, Giovanni Spadolini fu il primo dei Ministri dei Beni Culturali; 50 anni fa, nel 1964, veniva istituita la famosa ‘commissione Franceschini’. Dopo mezzo secolo, mentre il mondo è cambiato e la nostra stessa idea di archeologia e di patrimonio culturale e paesaggistico ha conosciuto una vera rivoluzione, possiamo continuare ad operare con le stesse categorie culturali e con lo stessa struttura organizzativa?

Ringrazio gli amici e colleghi, Angela Barbanente, Michel Gras e Antonio Pinelli, che hanno accettato di presentare il volume e soprattutto di contribuire con la loro esperienza alla riflessione sui temi in esso affrontati; ringrazio gli autori, molti dei quali presenti, e tutti gli intervenuti.

Il volume raccoglie i contributi presentati in due giornate di studio tenute a Foggia nello scorso autunno. Partendo dal caso pugliese, in particolare il PPTR, ma anche l’intero complesso di interventi effettuati nell’ultimo decennio nel campo dei BC, che a mio parere rappresenta un modello utile da conoscere e forse da estendere ad altre realtà, il volume affronta temi che riguardano la conoscenza, la tutela, la comunicazione, la valorizzazione, la fruizione, grazie al contributo di esponenti delle varie componenti coinvolte nelle politiche dei BC: innanzitutto il MiBACT, ma anche l’università, l’associazionismo, il mondo delle professioni.

Fin dal titolo, abbiamo voluto insistere su due categorie: conservazione e innovazione.

Sono fortemente convinto che si debba mettere in campo una forte carica innovatrice. Il dovere irrinunciabile di conservare il nostro patrimonio andrebbe attuato con il coraggio del cambiamento. Negare la crisi, questa sì che è una posizione rischia di portare alla dissoluzione, prima o poi, del sistema della tutela.

Molte e diffuse sono però le resistenze. Numerosi e ben distribuiti sono i conservatori, sia moderati sia radicali, i nostalgici di un presunto passato felice, spesso fautori di feroci critiche, i sedicenti duri e puri, i produttori compulsivi di appelli, di articoli infarciti di ‘no’ verso qualsiasi cambiamento, autori di proposte non solo inattuali ma anche destinate al fallimento, perché incapaci di affrontare il nodo culturale e metodologico del ruolo del patrimonio culturale e paesaggistico nella società attuale. Sono, costoro, a mio parere, oggettivamente i migliori alleati di chi considera i beni culturali e il paesaggio una zavorra allo sviluppo (o meglio ad un idea vecchia di sviluppo), di chi ha una visione rozzamente economicistica del patrimonio culturale. Bisognerebbe superare un’idea esclusivamente difensivistica dei beni culturali, fondata solo sui vincoli, che per quanto estesi non potranno mai superare i limiti di énclaves, di riserve indiane separate dallo ‘sviluppo’. È un errore contrapporre, di fatto, patrimonio culturale e sviluppo, perché la sfida consiste nel saper proporre e costruire nuove forme di sviluppo, durevole e sostenibile, più coerenti con le peculiarità di ogni angolo del nostro Paese, grazie anche al patrimonio culturale, capaci anche di creare inedite opportunità di lavoro qualificato soprattutto per i tanti giovani dotati di alti livelli di formazione e professionalità.

L’Italia ha un glorioso e riconosciuto primato nel campo degli studi e della tutela del patrimonio culturale; un primato che stiamo progressivamente depauperando. La forza, la qualità e la ricchezza di tale tradizione non devono costituire, però, un impedimento nella capacità di guardare al futuro. Da anni, invece, siamo bloccati all’interno di un sistema stanco, esausto, incapace di esprimere quella vitalità che pure possiede ancora, insieme a straordinarie competenze e professionalità. L’unica maniera efficace per contrastare l’azione di grave delegittimazione in atto da anni nei confronti delle soprintendenze e del ministero consiste non nell’arroccamento, nella chiusura e della difesa anche dell’indifendibile, ma nel sapere esprimere una reale volontà di profondo cambiamento.

Cosa noi intendiamo per innovazione lo abbiamo indicato in queste pagine: dalla visione olistica e globale del patrimonio culturale e paesaggistico al superamento dell’attuale frammentazione disciplinare, accademica e autoreferenziale, con un approccio territorialista alla conoscenza, tutela e valorizzazione del patrimonio, dal superamento di una visione proprietaria dei BC alla creazione di un sistema pubblico, inclusivo, con una collaborazione sistematica tra MiBACT e MIUR e con gli altri enti pubblici, dal libero accesso e circolazione dei dati ad una comunicazione efficace, dal riconoscimento e valorizzazione delle professioni dei BC al coinvolgimento attivo della cittadinanza e dell’associazionismo, ad altro ancora.

Non consideriamo però le nostre proposte come un vangelo; non amiamo i fanatismi ideologici e identitari; vorremmo invece stimolare un confronto aperto, laico, non ideologico, capace di produrre proposte concrete. Siamo convinti che serva, infatti, una costruzione collettiva di un progetto che guardi al futuro e ai giovani, liberandoci definitivamente dalla sindrome da torcicollo che costringe molti a guardare, rimpiangendolo, solo al passato. È necessario rimettere in discussione certezze granitiche e strutture organizzative anchilosate, uscire dal quieto vivere burocratico e accademico e dalla logica della conservazione di posizioni di rendita, serve il coraggio della politica e la capacità propositiva dei tecnici. Lo slogan di questo libro è stato: costruiamo una ‘alleanza degli innovatori’.  Mi verrebbe da utilizzare uno slogan ormai famoso: se non ora, quando?

Grazie 


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