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Quando Lippolis rese celebri di Ori di Taranto
Era stato appena incoronato in TV da Gramellini per il successo nelle scienze dell’antichità conquistato a livello internazionale dalla sua Università e dal Dipartimento da lui diretto (davanti a università come Cambridge 2°, Oxford 3° e Harvard 5°), quando è stato improvvisamente colpito da un infarto. La notizia si è rapidamente diffusa lasciando nello sgomento la comunità scientifica nazionale e internazionale. Enzo Lippolis era, infatti, una personalità di primo piano sia come studioso sia come personalità istituzionale.
Originario di Massafra, si era laureato all’Università di Perugia con maestri del livello di Mario Torelli e Filippo Coarelli, della cui scuola è stato uno degli esponenti più autorevoli, ed era entrato giovanissimo nel Ministero dei Beni Culturali. Memorabili furono gli anni in cui Enzo fu attivo in Daunia, nel Centro operativo della Soprintendenza archeologica della Puglia a Foggia, insieme a un’altra grande archeologa, Marina Mazzei. Furono anni di grande impegno, i cui importanti risultati sono stati raccolti in un libro ancora oggi insuperato, La Daunia antica (Electa, Milano 1984), nel quale Enzo scrisse saggi fondamentali sull’età ellenistica e romana, introducendo elementi di straordinaria novità rispetto agli studi precedenti. Allo stesso anno si data un’altra iniziativa che vide Enzo protagonista, la mostra sugli Ori di Taranto (Mondadori, Milano 1984), che ebbe uno notevole successo internazionale e diede grande notorietà al Museo di Taranto, che tra il 1989 e il 1995 fu proprio lui a dirigere. Importanti sono stati da allora i suoi studi su Taranto, in particolare sulle necropoli ellenistiche, oggetto anche della sua tesi di dottorato in archeologia della Magna Grecia all’Università di Napoli Federico II. L’interesse per l’archeologia della Puglia non è mai venuto meno, pur essendosi Enzo occupato di molti altri territori e di altre tematiche, in particolare in Grecia, e soprattutto ad Atene e a Creta, in quanto allievo della Scuola Archeologica Italiana di Atene, stretto collaboratore dell’allora direttore Antonino Di Vita e ora anche docente ; in Emilia Romana, dove si era trasferito per motivi familiari e come funzionario della Soprintendenza Archeologica, diventando tra il 1995 e il 2000 direttore del parco archeologico di Marzabotto; infine, a Roma, dove nel 2000 fu chiamato come professore alla Sapienza, assumendo negli ultimi anni oltre alla direzione del Dipartimento di Scienze dell’Antichità la presidenza del Collegio dei direttori di Dipartimento. In riferimento alla Puglia, tra i tanti meriti di Enzo c’è stata la sua notevole capacità sia di porre la regione in relazione con il contesto della Magna Grecia prima e dell’Italia romana poi e, più in generale, con l’intero Mediterraneo, sia di innovare profondamente le interpretazioni tradizionali. Enzo, forte di una vasta cultura e di una notevole conoscenza del mondo antico (oltre 200 le sue pubblicazioni su vari temi, dalla topografia delle città alle architetture, dai luoghi di culto alle sculture, dalle ceramiche alle oreficerie; numerosi gli scavi condotti oltre che in varie località pugliesi, in Italia e in Grecia a Gortina), era dotato di un notevole spirito critico che gli ha consentito sempre di rimettere in discussione cronologie e ricostruzioni storiche tradizionali. Lo ha fatto, ad esempio, rivedendo profondamente l’interpretazione della fase successiva alle guerre di Annibale, prima ritenuta di grave crisi per la Puglia romana, in particolare grazie allo studio delle necropoli delle aristocrazie locali, o nella lettura della topografia di Taranto: emblematico in tal senso il suo volume Tra Taranto e Roma (Scorpione, Taranto 1997), che in qualche modo riassume anche il suo percorso personale.
Tra le sue tante iniziative archeologiche condotte in varie località pugliesi, dal Gargano al Salento, ritengo opportuno segnalare in particolare il progetto su Saturo, a quale teneva particolarmente. In questo sito, con una stratigrafia dal XVIII secolo a.C. al Medioevo, ha condotto scavi sistematici dal 2007 in poi. A Saturo, le cui vicende sono strettamente legate a alla vicina Taranto, stava indagando vari edifici di culto, un tempio di Atena, il cd. ‘santuario della sorgente’ e una serie di sacelli (oikoi) da lui interpretati come luoghi per pasti rituali collettivi (hestiatoria).
Tra i tanti interessi scientifici di Enzo, quello sui culti occupava un posto centrale, nella convinzione che nel mondo antico “pratiche e comportamenti rituali – sono sue parole – sembrano aver riguardato tutti gli aspetti della vita, collettiva e privata, come elementi integrati alle diverse manifestazioni dell’esistere”. Studiare le manifestazioni del sacro e l’ideologia della morte era per lui indispensabile per capire le società antiche e le loro organizzazioni sociali, economiche e culturali.
Enzo Lippolis è stato uno dei principali archeologi della Grecia e della Magna Grecia, capace di abbinare ricerca scientifica e didattica di alto profilo all’impegno nelle istituzioni. Per questo nel 2005 gli era stato assegnato il premio alla carriera dell’Accademia dei Lincei e pochi giorni fa il Dipartimento che dirigeva aveva ricevuto quello straordinario riconoscimento. Un risultato che non ha potuto festeggiare e che lascia in eredità al nostro Paese, insieme a una lezione di impegno, passione, rigore etico di uno studioso partito dalla Puglia (e con la Puglia sempre nel cuore) capace di scalare i vertici internazionali nella ricerca antichistica.
Articolo apparso, con alcun tagli, in La Repubblica Bari, 6.3.2018, p. 11
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