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Gente del Sud

Ecco un libro che consiglio in maniera convintissima. Gente del Sud di Raffaello Mastrolonardo.

Lo faccio da semplice lettore, senza alcuna pretesa da improvvisato critico letterario. Lo faccio perché penso che sia davvero un bel libro: scritto benissimo, con personaggi credibili e ben descritti, con dialoghi perfetti anche nell’uso del dialetto pugliese-murgiano, con una straordinaria e non comune capacità di contestualizzazione storica, politica, socio-economica e culturale, che non fa solo da sfondo alle vicende familiari narrate ma è parte integrante del racconto. È un romanzo storico nel senso migliore, nel quale microstoria di una famiglia e di un paese del Sud e macrostoria di grandi eventi, guerre, regimi, crisi economiche, profonde trasformazioni sociali si fondono perfettamente.

È la storia della famiglia Parlante della città murgiana di Balsignano (dal nome inventato, un po’ come la Vigata di Camilleri, eppure così reale – come la Porto Empedocle città natale del grande Camilleri – di cui non rivelerò la possibile identità, non solo perché la mia è solo un’ipotesi, ma soprattutto perché non ha molto senso). Balsignano è protagonista del romanzo, nella descrizione delle piazze e delle strade, delle case, dei palazzi dei ricchi e delle misere catapecchie dei braccianti, del Circolo signori come della sede della lega dei braccianti, del Comune e delle Chiese, oltre che delle pietrose e desolate campagne della Murgia.

È una miscela molto ben riuscita tra realtà e finzione narrativa quella proposta da Mastrolonardo, con il nome della famiglia (Parlante) e di alcuni protagonisti modificati e altri reali, fatti veri, anche se a volte trasferiti da altre località, e altri opportunamente e saggiamente romanzati, frutto di uno studio attento dei documenti dell’archivio familiare e anche dei ricordi. Oltre un secolo di vita della famiglia e di questa comunità pugliese, e, per il loro tramite, dell’Italia, e in particolare del Mezzogiorno, tra la fine dell’Ottocento e buona parte del Novecento: la Grande Guerra,il fascismo e la Seconda Guerra mondiale, la nascita della Repubblica e la ricostruzione, la modernizzazione, la scomparsa di un mondo, fino agli anni Settanta, quando si conclude la vicenda del protagonista Cipriano e delle sue creature, l’azienda, le case, le masserie, la famiglia, in un modo ormai affatto diverso.

Protagonisti indiscussi sono il capostipite, Bastiano, Papanonno, e Cipriano, suo nipote, nato nello stesso giorno in cui moriva suo padre, che aveva voluto studiare ed era diventato medico, contro la volontà di Papanonno che lo avrebbe voluto contadino come lui: due personalità fortissime, entrambi padri-padroni, dai sani principi, determinati, cocciuti, grandi lavoratori, entrambi accompagnati da mogli altrettanto energiche, Checchina e Gelica. Cipriano (identificabile con nonno Michele dell’autore) costituisce il perno intorno al quale si sviluppa buona parte della narrazione: contadino intelligentissimo, con il solo cruccio di non aver studiato da ragazzo, eroe della Grande Guerra, militare degli Arditi, poi imprenditore capace e lungimirante, sempre attento anche al benessere dei suoi contadini e operai, duro eppure assai umano, un vero ‘galantuomo’. I personaggi che popolano le pagine del libro sono però molto più numerosi e tutti molto ben caratterizzati. Come Palma, mamma di Cipriano, o Adalgisa, la ragazza madre adottata dalla famiglia Parlante di cui si occupa per settant’anni, factotum e presenza costante per tre generazioni. O come Angiolino, figlio di Adalgisa, fedele amico fraterno di Cipriano, con lui in guerra e poi suo inseparabile massaro. E, ancora, Costanzo, fratello grande di Cipriano, militare un po’ fanfarone, massone, seguace di D’Annunzio nell’avventura di Fiume, e poi fascista della prima ora. E don Ciccio, altro fratello di Cispriano, sacerdote, poeta vernacolare e scrittore di memorie, conquistato e poi deluso dal fascismo, sempre in lite con Costanzo. Zio Aniello, sfortunato figlio di Papanonno, personaggio apparentemente scialbo e un po’ fuori di testa, addolorato dalla perdita della moglie prima e del figlio Bastiano piccolo poi, che finisce per mostrare straordinarie e inaspettate qualità umane e anche imprenditoriali, dopo aver adottato Cipriano come figlio. Alessandro Granz, ebreo, soldato austriaco nelle trincee opposte a quelle italiane, poi legato in affari e in amicizia con Cipriano, che protesse lui e la sua famiglia durante le persecuzioni razziali. E i figli gemelli (diversi) di Cipriano, Nello, intelligente e studioso, appassionato di cultura classica, e Romualdo, scapestrato sciupafemmine e ripudiato dal padre a seguito di una drammatica e triste vicenda, e soprattutto Regina, la figlia tanto amata e coccolata, dalle alterne vicende amorose, appassionata di musica, arte, letteratura. E tanti altri ancora, fino a, infine, Raffaello, ultimo erede della famiglia, figlio di Regina e dell’unico vero amore da lei vissuto.  

Ci sono pagine di storia dei Parlante, della Puglia e dell’Italia nelle quali è davvero difficile distinguere la realtà dalla finzione, come, ad esempio, la visita del presidente Luigi Einaudi all’azienda agricola e commerciale di Cipriano, specializzata nella produzione e commercializzazione delle famose lenticchie di Altamura (la visita effettivamente riguardò l’azienda Redenta di Michele Stasolla).

Mi sono ritrovato spesso a sorridere e ancor più spesso con le lacrime agli occhi leggendo alcuni passaggi. Cosa ci può essere di più bello leggendo un libro, che essere completamente preso dalle vicende e dai personaggi e sentirsi trasportato nelle puzzolenti trincee della prima guerra mondiale, nelle campagne desolate della murgia, nella piazza principale di Balsignano, a tavola la domenica con l’intera famiglia Parlante? Gioire con i protagonisti per i momenti belli e soffrire per quelli tristi, in una continua altalena di fatti, di situazioni e di emozioni, perché “la vita prende e la vita dà”, come con filosofia tutta contadina i protagonisti dell’epopea dei Parlante amano ripetere, per consolarsi di un dolore o per festeggiare un successo.

È stato uno di quei libri che non vedevo l’ora di tornare a leggere, dal quale non riuscivo a staccarmi anche a notte fonda ma che al tempo stesso temevo che finisse troppo presto, privandomi del piacere di continuare a leggerlo quando si gira, purtroppo, dopo alcune belle fotografie d’epoca, la settecentosettantaduesima pagina!


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